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Gran tour del Sassolungo in mtb

Il Gruppo del Sassolungo è uno dei gruppi montuosi che più amo: isolato da quelli vicini, è maledettamente scenografico e “fotogenico” e, pur avendo caratteristiche ben definite, ha un aspetto totalmente diverso se visto dalla bassa Val di Fassa, dal Sella, dalla Val Gardena o dall’Alpe di Siusi. Con intorno la Val Duron e i verdi pascoli dell’Alpe di Siusi, penso sia il sogno di molti bikers avventurarsi ai suoi piedi, ma mica tutti ne hanno per fare la Hero, magari il percorso lungo…

Ma, se si hanno fiato e gambe (o una E-MTB e la si sa condurre sul ripido) la circumnavigazione è possibile ed è di gran soddisfazione. Noi abbiamo testato 3 versioni diverse e sempre in senso antiorario. Volendo si può invertire il giro e (forse) incasinarsi ulteriormente la vita. Pronti a pedalare con noi?

La versione di Massimo

Qualche anno fa il mio compagno, alla ricerca di nuove emozioni, si è messo a studiare un itinerario per girare attorno al Sassolungo. In parte è già “tracciato”, visto che ci passa la Hero, si tratta di chiudere i pezzi mancanti. Ad un certo punto gli dico:

Ma scusa, perché per forza in senso orario? La salita lato Val Duron la conosci bene, prova a salire dall’altra parte!

Inverte il giro, lo prova e rientra entusiasta. C’è da dire che, pur non essendo un fenomeno, va (molto più di me) e si può permettere di fare salite rognosette. Vi riporto una descrizione sintetica dell’itinerario. Ovviamente ometto l’avvicinamento Pozza-Canazei (che figura però nei dati dell’itinerario sotto riportati) per concentrarmi sul tour vero e proprio.

Itinerario

Riporto in estrema sintesi il percorso seguito (la descrizione dei vari tratti è descritta nelle altre opzioni o in escursioni descritte in precedenza).

  • Da Campitello, seguendo il lungo Avisio in sponda sinistra si arriva a Canazei, ci si porta all’inizio del sentiero segnavia 655
  • Si risale la forestale fino a portarsi sulla state si raggiunge il Lupo Bianco
  • Su forestale (stesso segnavia) si raggiunge il Rifugio Valentini
  • Si segue un sentiero che porta sulla sterrata che passa a monte della Città dei Sassi (percorso Hero medio), fino al Rifugio Comici
  • In discesa (segnavia 526, deviare poi sul 528) ci si dirige verso Monte Pana, tenendosi sulla forestale dove il 528 si stacca da essa, ci si innesta su forestale segnavia 30
  • Si raggiunge Saltria, Tirler Alm e da qui Passo Duron
  • Si scende lungo la val Duron, si devia per Pian e si raggiunge Campitello

Dati percorso

  • Distanza: 54km 800m (compreso tratto da/per Pozza)
  • Lunghezza effettiva anello: 40km circa (Campitello – Campitello)
  • Dislivello: 1890m (D+/D-)

La versione di Barbara

Col moroso impegnato a fare il giro di cui sopra, anche a me viene una voglia matta di provare. Ma io non ho mai fatto la salita al Sella (e so che è tosta), però c’è una funivia che capita a fagiolo. Lato Gardena sono già pratica, mi manca l’ultimo pezzo di salita al Duron… E quindi… Ok ci provo.

Vado in bici fino a Campitello per prendere una delle prime corse per il Col Rodella e sfruttare la giornata. Non salivo qui da un bel pezzo, non lo ricordavo così bello il panorama, e con la luce del mattino, e poca gente in giro, è ancora più bello. Il Sella, la Marmolada… emozionante!

Inforco la bici e scendo verso il Salei e poi a Passo Sella. Dal piazzale di partenza della cabinovia per il rifugio Demetz so che dovrei seguire il sentiero 657 per raggiungere baita Michl, ma so anche che devo trovare il modo di passare a destra della baita pena finire su un sentiero fangoso, che è anche il “bagno pubblico” del bestiame. E niente, anche stavolta non becco la deviazione giusta e vado ad impantanarmi, sotto lo sguardo divertito del malgaro. Da qui seguo in discesa il percorso individuato per l’anello Selva – Passo Sella, deviando poi sull’adiacente bike park (percorso famiglia, molto carino). Raggiungo così Plan de Gralba.

Sbuco sulla statale e scendo in paese fino a Selva. In piazza Nives imbocco la strada che porta a La Sëlva, da qui raggiungo Saltria passando da Monte Pana, su percorso ampiamente collaudato: segnavia 308, Ciaslat, strada asfaltata per monte Pana, sterrato segnavia 30 che, dapprima in salita e poi con una lunga discesa, “aggira” il Sassolungo passando per boschi e ampi pascoli. Lungo queste strade mi imbatto per la prima volta nei segni lasciati da Vaia nel Gardenese: dalla valle principale sembra tutto a posto, invece il vento terribile di quella notte si è incanalato nelle valli che scendono dall’Alpe di Siusi e dal Sassolungo, radendo al suolo ampie porzioni di bosco.

A Saltria svolto a sinistra, su strada asfaltata (segnavia 6), per raggiungere Tirler Alm. L’asfalto finisce, si ignorano le deviazioni per incunearsi nel vallone che punta verso la cresta che fa da spartiacque con la Duron. Boschi e pascoli, tratti ripidi alternati ad altri più soft, tutto su ottimo fondo: si fatica ma fin qui nessun problema.

Il discorso cambia quando ad un bivio si svolta a sinistra. Qui si fa sul serio: il versante è ripido e lo si supera con rampe toste, tornanti, su fondo sterrato o con tratti rinforzati da autobloccanti, mentre la vista si apre ulteriormente su Sassopiatto e Odle. Nei pressi di una chiesetta ( se ho ben capito qui un tempo sorgeva l’albergo del Touring) si tira un attimo il fiato, prima di imboccare la rampa sulla sinistra: il passo è lì, ben visibile, manca poco… Peccato che la ruota slitti a pochi metri dal passo.

Eccomi qui, anche se è stata dura. La vista ripaga dalla fatica, soprattutto nell’ultimo tratto prima di Passo Duron, dove invece la vista risulta un po’ chiusa dal pendio erboso. Nel complesso, però, su questo lato la salita è più abbordabile rispetto al lato Val Duron: più continua ma con rampe un po’ meno ripide, soprattutto con un fondo decisamente più regolare.

Da qui inizia una lunga discesa, mentre la vista si apre sulla valle sottostante e verso Molignon e Marmolada. Trascurando la deviazione verso l’Alpe di Tires (ci ho provato una volta ed ho alzato bandiera bianca) si segue la mulattiera sconnessa, con molti sassi di grosse dimensioni. Il fondo diventa poi più regolare, ma a tratti si incontra parecchia ghiaia. La strada si snoda fra pascoli e ruscelli, fino ad una discesa molto ripida, con fondo in cemento (fino a qualche anno fa questo tratto era maledettamente sconnesso). Si scende in picchiata fino a Malga Ducoldaora, dove pascolano mucche e cavalli. E poi ancora giù, cercando di non incasinarsi nei tratti più ghiaiosi, fino alla spettacolare piana della val Duron.

Lasciar correre la bici, qui, è puro godimento, ed è più di una semplice ricompensa per la fatica fatta. È tutto bello in questa valle: il verde dei pascoli che fa contrasto con la scura roccia vulcanica formatasi durante eruzioni sottomarine, i torrenti, le marmotte sentinelle, i pelosissimi highlanders (razza bovina molto resistente alle intemperie). Schivando gli escursionisti, che qui si fanno più numerosi, si arriva in un piccolo angolo di paradiso : qui sorge la baita Lino Brach, un tempo un modesto casottino in legno e ora (i lavori erano cominciati 2 o 3 anni fa) ampliato e migliorato, ma il prato e le caratteristiche sculture in legno sono sempre lì, a sorvegliare la valle lato Marmolada e Denti di Terrarossa, a ricordare il vecchio gestore, morto lo scorso inverno.

Pausa pranzo e poi ancora giù fino al vicino Micheluzzi, da qui in picchiata fino alla baita Fraines (attenzione ai pedoni e alle navette!) per poi svoltare, poco sotto, verso sinistra. La bella forestale in falsopiano porta a Pian, caratteristico borgo ladino, da cui, su strada asfaltata, si torna a Campitello.

Dati percorso

  • Distanza: 35km 130m (Campitello-Campitello)
  • Dislivello positivo: 948m
  • Dislivello negativo: 1853m

Versione estesa in e-mtb

Questa estate lo abbiamo fatto anche noi.

Un po’ per necessità (ho rotto il cambio della bici scendendo dal Rifugio Firenze), un po’ per stare tutti insieme, un po’ per sentirci anche noi un po’ come Paez (Leonardo)… abbiamo noleggiato le E-MTB. E ci siamo tolti una gran bella soddisfazione!

Ma andiamo con ordine.

Ci rechiamo presso un noleggio bici in centro a Selva di Val Gardena. Il negoziante ci chiede dove vogliamo andare. “Passo Duron e rientro dal Sella” “… È tosta, voi siete abituati ad andare in bici, giusto?” Beh, si. Siamo vestiti di tutto punto, il figlio sfoggia la maglia Hero 2021, perché nel pacco gara del padre è erroneamente finita una M (ma quanto cavolo sono strette ste magliette?). Noi adulti, bene o male, andiamo. Vediamo come se la cava il dodicenne, che sul medio facile già mi semina, ma a gestire il cambio è un po’ un disastro.

Descrizione dell’itinerario

Preso possesso dei mezzi, del caricabatterie di emergenza (metti che decidiamo di allungare il giro…) e ricevute le istruzioni base, ci avviamo verso Piazza Nives, dove svoltiamo verso la Selva. Invece di proseguire verso i Ciaslat e Monte Pana, in cima alla salita asfaltata, svoltiamo a sinistra: in pratica, percorriamo al contrario l’ultimo tratto della Hero. Cercando di sfruttare il meno possibile la batteria, saliamo nel bosco, intercettiamo il segnavia 22, che seguiamo in salita, prendiamo una deviazione sulla destra, tagliando la pista Saslonc. Seguiamo per un tratto il segnavia n°23, passiamo il torrente e intercettiamo una forestale inizialmente contrassegnata dal n°528, passando a monte… di Monte Pana, immettendoci poi sulla forestale contrassegnata dal segnavia n°30. La giornata è spettacolare, cielo blu e poche nuvole, pascoli verdi e vette con ancora molta neve per essere metà giugno. Il bosco, pur se ripulito, mostra le ferite di Vaia, chissà quanti anni ci vorranno per rigenerare ciò che è andato perso.

Da Saltria in poi seguiamo esattamente il tragitto che ho seguito un paio di anni fa. Beh, con l’aiutino è decisamente tutta un’altra cosa. C’è persino il tempo per guardarsi intorno, anche sulle rampe più cattive! Cercando di non esagerare con la spinta extra, faccio quasi fatica a star dietro agli altri due, che salgono spediti.

Una volta svalicato, iniziano le raccomandazioni al giovane, che è un po’ spaventato dal fondo non proprio fenomenale delle prime discese. Scendiamo con prudenza, nonostante una piccola caduta Ettore se la cava egregiamente. Scendiamo veloci fino alla rinnovata Baita Lino Brach, dove ci fermiamo per pranzare, anche se non è ancora mezzogiorno. L’attesa è allietata da due giovani che suonano chitarra e flauto, un repertorio variegato che comprende anche “Libertango” di Astor Piazzolla, che io adoro.

Risaliamo in bici, passiamo il Micheluzzi, Baita Fraines… E ci troviamo la strada per Pian chiusa. L’ordinanza parla di lavori stradali che si protrarranno per tutta l’estate. Ecco perché la Hero questa estate è passata più sotto!!! Mentalmente impreco perché so cosa ci aspetta, e quel “cosa” non ho molta voglia di farlo in bici, e di farlo fare al figlio. Ma ci tocca, quindi…

“Ettore, scendi piano. Rallenta. Cavolo vuoi andare più piano che c’è una brutta discesa?!?!”

Arrivati alla “brutta discesa”, ci fermiamo entrambi (mentre Massimo prosegue). “Occazzo”. Ecco, appunto. La rampa che porta al ponticello sul torrente, poco prima di sbucare in paese, è tremenda. Stando ai tracciati Strava di chi ha fatto la Hero lunga siamo fra il 36% e il 40%. Per quello che ricordo, ha sempre avuto un ottimo fondo, ma il ghiaietto può renderla scivolosa, al punto che erano state legate delle corde al parapetto per agevolare i pedoni. La strada è stata migliorata grazie ad una gettata di cemento. La pendenza però è la stessa, e a fine discesa c’è una curva secca a sinistra e poi il passaggio sul ponte (un “drittone ” qui si paga caro). Io ed Ettore la facciamo a piedi, mentre Massimo, che ci ha preso gusto, sale per fare il bis.

Arrivati a Campitello, ci portiamo in sinistra Avisio e risaliamo la valle fino a Canazei, proseguiamo fino a sbucare sulla statale. Svoltiamo a sinistra e scendiamo fino alla rotonda, svoltiamo verso Passo Sella e, al primo tornante, svoltiamo a sinistra.

Ci portiamo lungo il torrente che scende dal Lupo Bianco, alla ricerca della forestale contrassegnata col n°655. Risaliamo così lungo la “pista di rientro”, caratterizzata da ottimo fondo, pendenze non impossibili ( è comunque una pista da sci…) con alcuni strappi più impegnativi. La Val de Antermont è stretta, ma davanti a noi fa capolino il Piz Ciavazes.

La strada passa sull’altro versante della valle, con una ripida rampa raggiungiamo la statale. La percorriamo fino al Lupo Bianco, anche se volendo potremmo tagliare su sterrato, scendiamo sul piazzale sulla sinistra alla ricerca del segnavia 655. La forestale sale con rampe che si fanno più cattive mentre il panorama attorno a noi diventa sempre più maestoso, con le pareti del Gruppo del Sella che sembrano quasi avvolgerci. L’indicatore della batteria scende, nonostante le opportune attenzioni e il livello di spinta non elevato (scoprirò all’arrivo che la mia bici ha una batteria meno performante rispetto alle altre due), quindi salgo con calma, mentre il figlio prende il largo. Mando suo padre all’inseguimento, impresa che si rivela più difficile del previsto. Il ragazzo ne ha, santo cielo, e sta onorando la maglia!

Raggiungiamo così un prato costellato di fiori di armentara, un balcone naturale affacciato sulla val di Fassa, vista Marmolada e Ciampac, il Sella dietro e a sinistra: uno spettacolo! È un gioiellino nascosto… in bella vista: è lì sopra, ma non ci passi per caso, devi scegliere di passare di qui, di salire al Sella in bici o a piedi, ed è una cosa che raramente si fa.

Proseguiamo ancora, puntando verso il Rifugio Valentini. Abbiamo ancora circa 250m di dislivello da superare. L’ultimo tratto è ripido e sconnesso, riusciamo ad arrivare poco sotto al rifugio, poi io ed Ettore dobbiamo mettere giù il piedino. Il Sassolungo si staglia davanti a noi, maestoso. Svalicando lo sguardo si apre verso le vette della Val Gardena.

Scendiamo a passo Sella, stavolta riusciamo ad evitare il sentiero che porta a Baita Michl, portandoci, superando un torrentello e un po’di neve, sulla pista da sci. Scendiamo e ci riportiamo sul percorso n°657, che percorre forestali a servizio delle piste da sci, alcuni tratti sono ben tenuti, altri (soprattutto quelli più ripidi) sono caratterizzati dalla presenza di molti sassi. Non mancano nemmeno i tratti su pista, in picchiata sul prato facendo lo slalom fra residue chiazze di neve. Raggiungiamo Plan de Gralba e la statale, a Plan deviamo sulla ciclabile e raggiungiamo la piazza.

Il tempo di fare merenda e ci rechiamo in negozio per restituire le bici. Piccolo bilancio :

  • Non abbiamo usato i caricabatterie
  • Io ho restituito la bici con una tacca di batteria (l’ultimo tratto di salita del Sella l’ho fatto col terrore di dover spingere l’arnese in salita)
  • I due maschietti, che avevano un mezzo più performante, l’hanno restituito con due tacche.

Il negoziante “ah beh, allora avete pedalato!”. Si, abbiamo pedalato. Un po’ di fatica l’abbiamo fatta, e ci siamo divertiti un sacco.

Dati tracciato

  • Lunghezza: 45km 800m
  • Dislivello positivo: 1754m
  • Dislivello negativo: 1754m
  • Tempo in movimento: 4h20′
  • Tempo comllessivo: 6h35′
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Anello Col Raiser – Seceda

Una splendida giornata di sole, da non sprecare in nessun modo. Ne salta fuori un regalo di promozione per il mio giovane padawan: una escursione al Seceda, da cui si può ammirare uno splendido panorama a 360° su Dolomiti, Adamello, montagne austriache. Merita, anche per chi cammina poco (e prende la scorciatoia).

Mappa dell’area, sono evidenziati i principali punti di passaggio

Il giorno della pubblicazione dei tabelloni avevamo in programma la sperimentazione della E-MTB, ma il senior di casa stava poco bene, quindi decidiamo al volo di riconvertire la splendida giornata in chiave escursionistica. Il giovane però sembra riluttante a mettersi in moto…

E niente, prima vuol vedere la pagella.

Solo dopo aver scorso soddisfatto i voti sul computer e aver constatato “di pirsona, pirsonalmente” di essere stato promosso in seconda media, ci prepariamo ed usciamo. Destinazione: Seceda.

Ci dirigiamo a piedi verso Santa Cristina, percorrendo Streda de la Tieja e poi seguendo i cartelli per la stazione di valle della cabinovia Col Raiser.

L’itinerario

Le navicelle dell’impianto percorrono lente la valle a monte di Santa Cristina, sede del comprensorio sciistico Col Raiser-Seceda. La valle, con esposizione Sud, all’altezza di Pian de La Tieja, è piuttosto stretta, ma risalendo sopra pascoli e baite, si apre a ventaglio: verde e bellissima dai prati di Seceda a Col Raiser, più ad Est diventa un pochino più selvaggia arrivando al corso del torrente principale e alla zona del rifugio Firenze. Dietro, a far da cornice, le Odle, mentre guardando verso Est si erge imponente lo Stevia, con ancora parecchia neve nei canaloni che scendono a valle.

La conformazione dei versanti, che rende particolarmente “fotogeniche” queste vette, ha una origine prettamente geologica: gli strati di base, un tempo fondali marini su cui sono nati gli atolli corallini che hanno originato le dolomiti, sono inclinati verso sud e l’erosione ha fatto il resto: pascoli ondulati verso Gardena, che sul Seceda sembrano portare direttamente verso il cielo, ripide pareti tendenti a sgretolarsi verso Nord, dove c’è la Val di Funes. Il banco di dolomia dello Stevia, che si erge massiccio a chiudere la quinta verso oriente, è in sostanza una specie di altopiano i cui bordi settentrionali e occidentali si sgretolando, rendendolo accessibile agli escursionisti. E poi ci sono i “denti” delle Odle, che, pur dando il meglio lato Funes, anche verso Gardena svettano verso il cielo blu, in un certo senso materializzano i colori della bandiera ladina.

Sbarchiamo a Col Raiser, in un posto che è contemporaneamente stazione cabinovia, negozio per turisti, punto di ristoro con terrazza panoramica e hotel. È punto nevralgico per la pratica degli sport invernali, ma anche per le escursioni. Nel nostro caso, si tratta di un percorso ad anello da percorrere in senso orario, che ci porta al Seceda e da qui a camminare ai piedi della Fermeda fino a Malga Pieralongia, già meta di una escursione alcuni anni orsono, per poi far rientro a Col Raiser.

Ci avviamo lungo una forestale che, mantenendosi in quota, si dirige verso Nord. Ignoriamo le deviazioni per il Rifugio Firenze (segnavia n°2) e per Malga Pieralongia (4a), il nostro itinerario di salita prevede un primo tratto sul sentiero n°2, per poi svoltare a destra, poco prima del Rifugio Fermeda, sul n°1A, il passaggio per Baita Daniel. Successivamente, dovremo svoltare ancora a destra sul n°6, seguendo le indicazioni per Baita Sofie e Seceda.

La pacchia del sentiero in piano non dura molto, in fondo i punti citati sono lungo piste da sci, e ben sappiamo come sono le sterrate di servizio: ripide e con tratti pavimentati per non far slittare le ruote della jeep. Avranno pur effetto tonificante sui glutei, ma spaccano un pochino le gambe. Questo è l’unico difetto, perché il paesaggio è idilliaco: è un susseguirsi di pascoli, baite, laghetti, minuscole chiesette, sotto un cielo blu e terso. Il tutto, con una splendida vista che spazia dal Sella all’alpe di Siusi e, in mezzo, Il Sassolungo, il Catinaccio, il Molignon e i Denti di Terrarossa.

Dato che siamo partiti tardi, ci stiamo avvicinando all’ora di pranzo. Il tabellone a Col Raiser diceva che il Rifugio Seceda è chiuso, ma poco sotto c’è il Sofie. Lì ci fermiamo, un po’ accaldati. Il posto sembra un po’ fighetto ma ci sediamo (quello c’è, e la vista è incantevole). L’arrivo del menù si rivela però un tuffo al cuore e un attentato al portafoglio, si viaggia sulla soglia dei 20€ per un primo o per la polenta. E anche il tagliere di speck non scherza.

Dopo un attimo di smarrimento, ci consultiamo e decidiamo di prendere il tagliere doppio, con affettati formaggio e patate. Ecco, ci arriva una cosa apparentemente “innocua” se divisa in due e che invece porta quel pozzo senza fondo di mio figlio ad alzare bandiera bianca. Anche perché il tagliere ha un bell’aspetto, ma solo in un secondo momento mi accorgo delle patate nella terrina a parte. Due a testa, quelle rosse trentine, lessate, su cui mettere il burro. Tutto buonissimo, direi, per un prezzo onesto.

Ripartiamo e percorriamo l’ultimo tratto di sentiero che ci porta alla stazione di monte dell’impianto che da Ortisei porta al Seceda. Da qui, 10 minuti su uno sterrato un po’ sconnesso e si arriva al belvedere. Ecco, a costo di farla strisciando, anche chi non cammina e sale in funivia deve arrivare fino qui. Il paesaggio dalla cima è qualcosa di impagabile. Il nastro in acciaio corten posizionato attorno ad una piazzola riporta stilizzato il profilo delle montagne e il nome delle vette: Ferméda, Sass Rigais e poi, tutto attorno, Stevia, Sella, Sassolungo, Sciliar e, più lontano, il Gruppo dell’Adamello, il Brennero, le Alpi Austriache… Sotto di noi, verso nord, ci appare la verdissima val di Funes. Il tutto praticamente senza una nuvola.

Si, cioè, quasi… Sopra alle Pale di San Martino, che si scorgono in lontananza, si sono date appuntamento le poche nuvole presenti.

A disturbare la quiete della vetta, il fastidioso ronzio di un drone, che riusciamo ad individuare con parecchia fatica…e che ci accompagna anche per un tratto della discesa. Pure qui la privacy va a farsi benedire…

Scendiamo dalla vetta per imboccare, all’altezza del Rifugio Seceda, il sentiero n°1, che scende dolcemente sul parato, puntando verso Est, per poi farsi un po’ più ripido. Qui sono stati posati elementi in cemento per preservare il fondo, ma, notoriamente, l’acqua se non ha un passaggio se lo crea, quindi ai lati del sentiero si è scavata dei solchi, che in alcuni punti hanno causato lo spostamento e la rottura degli elementi di pavimentazione. Dopo il bivio per Baita Toier, il sentiero cambia denominazione (segnavia n°2) e scende ancora, passando ai piedi delle guglie delle Odle, aggira uno sperone erboso per giungere a Baita Pieralongia, ai piedi della Fermeda di Sotto. Questo posto Ettore se lo ricorda bene: quando siamo stati qui la prima volta tirava un vento allucinante, inoltre, preso dai morsi della fame, ha assaggiato lo speck per la prima volta, ed è scoppiato l’amore…

Imbocchiamo lo sterrato 4A, che, attraversando pascoli verdi, ci porta verso sud, ad intercettare la strada percorsa la mattina. Da qui, mantenendoci in quota, torniamo a Col Raiser.

Ammiriamo ancora qualche minuto il panorama, prima di riprendere la cabinovia per tornare a valle.

Dati escursione

  • Distanza: 8km 700m (partenza e arrivo a Col Raiser)
  • Dislivello: 410m
  • Tempo in movimento: 2h 45′

Puoi trovare il tracciato sul mio profilo Strava

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Da Selva al Rifugio Firenze

Il rifugio Firenze (Utìa de Ncisles in Ladino) è ubicato ai piedi delle Odle, lato Val Gardena. È facilmente raggiungibile a piedi da Selva o da Santa Cristina ed è, insieme alla stazione di monte della cabinovia Col Raiser, un importante snodo per le escursioni nel Parco Puez-Odle. È un’ottima meta anche per escursioni in mtb. Questa estate l’ho raggiunto in entrambi i modi, di seguito riporto la descrizione dei tragitti seguiti e delle possibili varianti.

A piedi via Daunei – Juac

In realtà la decisione di andare al Rifugio Firenze è stata un ripiego, in un periodo caratterizzato da condizioni meteo poco stabili: l’opzione A era la salita al rifugio Stevia, ma la mattina, al risveglio, troppe nuvole gironzolavano attorno alla vetta e ci attanagliava il dubbio che le previsioni meteo avessero toppato sull’orario di arrivo della pioggia. Dopo un rapido consulto con Ettore (quasi dodicenne compagno di avventure, nonché mio figlio), cartina alla mano ci orientiamo su qualcosa di più tranquillo, con meno dislivello e (presumibilmente) in buona parte nel bosco. Ci prepariamo e usciamo.

Descrizione

Ci avviamo lungo la ripida strada asfaltata che porta all’abitato di Daunëi, località situata circa 150 più in alto rispetto al centro di Selva, in posizione soleggiata, tranquilla e decisamente panoramica. Si prosegue oltre le ultime case, verso il parcheggio a pagamento (qualche tornante può essere evitato prendendo un sentiero opportunamente segnalato) e ancora oltre, fino all’ingresso nel Parco Puez-Odle.

Da qui si imbocca la mulattiera contrassegnata con il n°3, che, alternando tratti tranquilli ad altri più ripidi, attraversa un bosco di conifere, lungo il quale sono state posizionate alcune sculture in legno rappresentanti strumenti di lavoro (…una enorme motosega) e animali tipici della zona, come camosci e cutrettole. Sculture analoghe sono presenti lungo altri sentieri all’ingresso del parco.

Si giunge così al rifugio Juac, situato a 1909m slm su una balconata naturale affacciata sulla valle, con vista Sassolungo. Nei pressi del rifugio è installata una enorme meridiana, che proietta l’ombra sul prato, con le ore materializzate da massi bianchi. Si segue la traccia sulla destra del rifugio, su un prato che sembra una spugna e su cui, nonostante ciò, il gestore ha avuto l’ardire di posizionare una porta da calcio. Si percorre una passerella in legno che scavalca una risorgiva, si prosegue poi prevalentemente in discesa fino ad incrociare la forestale contrassegnata dal n°1, in corrispondenza di un laghetto.

Si prosegue oltre, verso nord, seguendo i segnavia 1 e 3. La mulattiera, che presenta un fondo abbastanza regolare, passa ai piedi dello Stevia puntando verso le Odle, mentre sulla destra si vedono gli impianti a servizio del comprensorio sciistico di Col Raiser-Seceda.

La sagoma del rifugio spunta sulla nostra destra: lo raggiungiamo grazie ad un’ultima rampa su fondo piuttosto ghiaioso e, con un paio di tornanti, ci troviamo davanti alla struttura.

Ci fermiamo per un breve spuntino, con un occhio al cielo perché la situazione non ci convince più di tanto… E per fortuna che, essendo a inizio stagione, ci siamo portati i viveri perché la volpe (io) si è dimenticata soldi, bancomat, documenti… Solo i 2€ trovati in una tasca dello zaino mi consentono di prendere un caffè.

Non ci fidiamo e ci apprestiamo a rientrare alla base, mentre al rifugio arrivano alcuni bikers… col “trucco”. Già, perché in periodo di #herodolomites… son tutti Paez con la mtb elettrica! L’unico ad avventurarsi lì con la muscolare lo incontriamo proprio sulla rampa sotto al rifugio. Torniamo a casa lungo lo stesso itinerario seguito all’andata.

Dati escursione

  • Distanza complessiva: 10km 760m
  • Dislivello positivo: 554m
  • Tempo impiegato: 3h55′
  • Tempo in movimento: 2h52′

Link a percorso su Strava

In mtb da Santa Cristina (con imprevisto)

Premetto che sulla mappa in mio possesso (se non erro acquistata presso “Dolomiti Adventure”) il Rifugio Firenze non è inserito in alcun itinerario, ad eccezione di uno classificato come difficile (discesa dal Seceda, raggiungibile da Ortisei con gli impianti di risalita). Sul sito valgardena.it è invece descritto l’itinerario ad anello n° 298 “Regensburger Hütte Runde”, ovvero “Tour del Rifugio Firenze”, anch’esso classificato difficile, ma all’atto della pianificazione del tour non lo sapevo… Peccato perché questo itinerario avrebbe fatto al caso mio: prevede di prendere quota dirigendosi verso la Vallunga per imboccare, poco dopo “la Ciajota”, la mulattiera identificata col n°26, che passa sotto le rovine del castello di Wolkenstein e si innesta sul percorso fatto a piedi all’altezza dell’ingresso nel parco, evitando la ripida strada asfaltata che porta a Daunëi.

Volendo evitare la strada asfaltata spaccagambe, ho scelto consapevolmente di incasinarmi l’esistenza dirigendomi verso Santa Cristina ed affrontando la forestale che raggiunge il Rifugio risalendo la valle dalla stazione di partenza della cabinovia Col Raiser. In pratica, l’idea era quella di ripercorrere al contrario un tratto dell’itinerario indicato sulla mia mappa, su una strada che segue la pista da sci.

Meglio perire qui, con onore, che in paese su una lunga salita al 14%.

Descrizione

Da Selva mi sono quindi diretta verso Santa Cristina imboccando Streda Plan da Tieja e poi svoltando seguendo i cartelli per la stazione di valle della cabinovia.

La strada asfaltata che serve impianto ed annessi parcheggi è decisamente ripida. Prosegue poi su fondo buono, alternando bruschi strappi (talvolta asfaltati o con i “binari” per le ruote cementati) a tratti più pedalabili. Insomma, fino qui per una persona un minimo allenata è fattibilissima. Peccato che non sia il mio caso…

Si giunge poi ad un bivio, a sinistra una mulattiera molto sconnessa con indicazioni per il rifugio, a destra due strisce cementate che si inerpicano ripide sul versante: ecco, la mulattiera segnalata porta al sentierino per escursionisti, mi rassegno quindi a spingere la bici lungo la ripida salita, facendo attenzione ai mezzi di servizio dei rifugi.

Superato il “gradino”, ricomincia un’ottima forestale che transita vicino a Malga Sangon, con il panorama che si apre sempre più sulle vette aguzze delle Odle. Un ultimo strappo e ci si innesta sul sentiero percorso a piedi, all’altezza del laghetto, che con la bella giornata si trasforma in uno specchio magico.

Proseguendo, devo dire che facendola a piedi mi era sembrata più difficile, anche se, pedalando, sento un rumore strano, quasi come se la ruota fosse frenata, ma in realtà sembra tutto a posto. È solo l’ultima rampa, stretta e ghiaiosissima, a creare problemi e metto giù il piedino, prima di percorrere l’ultimo tratto e di sbucare davanti al rifugio, piuttosto a tocchi ma soddisfatta.

Stavolta i soldi li ho portati e mi sparo una fetta di strudel. Faccio qualche foto e mi accingo a tornare all’ovile.

Faccio una cinquantina di metri e sento un fracasso infernale. Diamine, va bene che ci sono sassi, però… Però non sono i sassi, è il cambio: cedimento strutturale del forcellino, mentre a me cede strutturalmente, in senso metaforico, qualcosa d’altro e dentro di me si accumula una sequela di improperi che la metà basta.

Niente, mi sa che la componente ciclistica delle mie vacanze è andata a quel paese… È pur vero che volevo cambiare la bici, ma dopo le ferie. Piuttosto attapirata scendo a valle “per gravità”, fermandomi periodicamente per spingere o sistemare il deragliatore che picchia sui raggi. Il rientro lo faccio passando per Juac, se devo sburlare un po’ preferisco farlo senza auto che mi passano accanto.

E la mia compagna di avventure finisce così nello sgabuzzino.

Dati escursione

  • Distanza complessiva: 11km 610m
  • Dislivello positivo: 590m

Link a percorso su Strava

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Il trenino della Val Gardena

Per puro “caso” (si, insomma, stavo smanettando con un mio video girato in Val Gardena), youtube ha inserito fra i video consigliati questa chicca.

Si tratta di un video degli anni ’50, con protagonista assoluta la ferrovia della Val Gardena, della quale avevo parlato qui.

E’ interessante anche la storia di questo video, raccontata nella didascalia e nei commenti dall’utente che ha caricato il video.

Buona visione!!!

 

 

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Anello Selva – Passo Sella. Video

Ecco qui il video del percorso ad anello che consente di raggiungere Passo Sella e Città dei Sassi da Selva di val Gardena.

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Orange is the new black

No, la serie TV non c’entra nulla, ovviamente.

C’entra la hero kids. Lo scorso anno più di quattrocento bambini fra i 4 e i 12 anni si sono “sfidati”, con addosso la maglietta nera della manifestazione, sui due tracciati preparati per loro.

Quest anno invece i bambini erano circa 500, i percorsi sono diventati tre e… La maglietta è diventata arancio, con un muso di orsacchiotto stilizzato sul petto (ci ho messo un po’ a capirlo…)

Beh, un bello spettacolo, nulla da dire, soprattutto perché stavolta c’era un tempo splendido. E i bimbi si sono impegnati un sacco!!!

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Maratona 2016

Quando si parla di Maratona… si intende una cosa sola, la Maratona dles Dolomites, appuntamento fisso della prima domenica di luglio: 3 percorsi, il più semplice è il “solo” Sellaronda (55km, 1780m dislivello), per il più tosto (138km, 4230m dislivello) dopo al Sellaronda c’è ancora il Campolongo, il Giau, il Falzarego/Valparola e il tremendo Mur dl Giat a pochi chilometri dall’arrivo.

E’ una manifestazione ambitissima, con accesso a sorteggio perché le richieste di iscrizione sono 3-4 volte il massimo numero di partecipanti, e “green”, con un regolamento molto rigido per quanto riguarda il rispetto dell’ambiente; il tutto in un contesto ambientale da brividi. E val la pena anche solo alzarsi presto per poter vedere in TV il lungo serpentone di bici inerpicarsi sulle salite ai piedi del Sella e del Sassolungo. Il sogno segreto di ogni appassionato: riuscire ad andarci almeno una volta.

Ogni anno viene scelto un tema, che quest’anno è “il viaggio”.

Il viaggio come scoperta
Il viaggio come dialogo
Il viaggio come contaminazione
Il viaggio come guarigione

Il tema scelto per la trentesima edizione della Maratona dles Dolomites – Enel è il VIAGGIO.
Del resto siamo partiti tanto tempo fa e non ci siamo mai fermati.

Da sempre il viaggio è al centro dell’uomo. Si pensava, a cavallo del secolo scorso, che tecnologia e scienza potessero risolvere i problemi del mondo, dalle carestie alle malattie (di fatto la penicillina è stata una grande invenzione). Ma la Belle Époque, con il suo edonismo e l’eccesso di energia avrebbe invece scatenato la Urkatrastrophe, la catastrofe originaria. Una guerra lunga trent’anni, con in mezzo una tregua delle armi, una malcelata voglia di pace. La meta di quel viaggio, fatto di speranza e tecnologia portò invece l’umanità in tutt’altra direzione.

Pensiamo al viaggio di William Anderson nella sua Apollo 8. Oltre allo scoprire nuovi orizzonti, milioni di persone presero coscienza del nostro ecosistema. L’unico pianeta blu e bianco, in mezzo a tutta quella meraviglia luccicante, era la nostra MadrepadreTerra. ‘La visione più bella della mia vita’ la chiamerà il comandante della navicella. Era la Vigilia di Natale del 1968. E quella foto, ‘Earthrise’, il sorgere della Terra, diventerà una delle immagini più evocative di sempre.

Il viaggio più famoso, è risaputo, è quello di Ulisse. La tenacia, l’astuzia, la temerarietà nel varcare la sfera del conoscibile, l’eroismo sono gli elementi che lo accompagnano nel suo vagare infinito. Nel peregrinare Odisseo scopre ricchezza e povertà, matura e nello stesso tempo si spoglia di tutto. Perché quando il viaggio ‘avviene’, trasforma, rende altri, trainando chi viaggia verso l’altrove. E’ come se la vera meta non fosse vedere un luogo, ma imparare a vedere tutto, anche se stessi. Ulisse è la figura del viaggiatore antico, coraggioso. Attraverso il viaggio cerca la libertà e il desiderio di conoscenza per tornare da dove era partito. Eccolo, il Nostoi, il ritorno in noi. Il ritorno a casa. Il più grande desiderio è quello del ritorno, da Penelope, sua moglie, e dal figlio. Non è questa l’innata voglia ancestrale in noi?

Il viaggio è scoperta di nuovi luoghi, ambienti. Ma è anche dialogo, arricchimento, contaminazione. Il viaggio più importante però è quello dentro di noi. Siamo fatti di relazione. Noi siamo relazione con l’altro. Il viaggio a volte è guarigione e cura le ferite della vita. Il viaggio rende leggeri, libera dai pesi, scioglie i vincoli e riduce all’essenziale. Può distrarre gli incantesimi, come scrive Rimbaud, e rincuorare: ‘Ho dovuto viaggiare, distrarre gli incantesimi che si affollavano nel mio cervello. Sul mare, che amavo come se sarebbe stato lui a lavarmi da una sporcizia, vedevo levarsi la croce consolatrice’.

Quel che davvero conta è un viaggio verso il bello, invisibile per un uomo distratto. La bellezza si trova se dentro di noi siamo bellezza. Lo stesso cercare è già un trovare.
Un augurio di cuore a tutti noi, e che il nostro tempo nel viaggio sia un tempo di perdono, cose semplici e vere. Come i passi silenziosi in montagna, le speranze, i sogni che non finiscono mai. Buon viaggio.

Michil Costa

L’appuntamento è il 03/07, partenza gruppo “A” ore 6,30.

Tutte le info sul sito ufficiale

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Sellaronda, fra Hero e comuni mortali

Sulle strade e sui sentieri attorno al Gruppo del Sella è in arrivo un weekend dedicato alle due ruote. Grasse e non.

Sperando nella clemenza del meteo…

18-06: Sellaronda mtb Hero

heroDue percorsi, da 60km e 86km, per 3200m e 4500m di dislivello, in un contesto ambientale da urlo. E per chi sceglie il lungo, il gran finale a Passo Duron (auguri…).

Ma non solo: le manifestazioni cominciano il 16 giugno, inoltre il 17 c’è la Hero kids, per bambini dai 4 ai 12 anni.

hero1

Copyright by Freddy Planinschek – http://www.sellarondahero.com

hero-corto

Percorso corto

hero-lungo

Percorso lungo

19-06: Sellaronda bike day

Una giornata senza auto.

La libertà di pedalare sui 4 passi attorno al Sella, godendosi il panorama, chiacchierando, intrecciando nuove amicizie su due ruote.

Dalle ore 8.30 alle 15.30 le strade attorno al Sella rimarranno chiuse al traffico motorizzato.

Allora cosa aspettate? La montagna chiama: mettetevi in sella ed iniziate a pedalare!

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Quelli che… Sellaronda (anche col freddo)

Metti una domenica di metà settembre, l’ultimo giorno prima dell’inizio delle scuole…

Metti il meteo non proprio ideale (anche se per fortuna la pioggia è arrivata più tardi), con 9° in quota alle 13.00…

Non saranno stati i 22000 di fine giugno ma al Sellaronda bike day del 13/9 c’erano comunque circa 5500 persone. Con biciclette di tutti i tipi (handbike comprese), con fisici di tutti i tipi (pance anche capienti comprese).

Ecco qualche scatto “rubacchiato” a Passo Sella, liberato dal rumore delle auto in transito, ad uso delle due ruote (e delle due gambe).

Aspettando l’edizione 2016, che si terrà il 19/06.

www.sellarondabikeday.com – Sellaronda su facebook

La ormai leggendaria Maratona dles Dolomites invece si terrà il 3/7/2016. Info ricavata dalla pagina facebook, il Sito ufficiale è ancora in fase “work in progress”.

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Sellaronda bike day 2015, atto secondo

Metti una giornata nelle dolomiti, con una bicicletta e la strada completamente libera… Sellaronda bike day è questo, ovvero la possibilità di fare il giro del gruppo dell Sella, quello che di solito si fa in inverno con gli sci a piedi…con la bici, su strada.

L’edizione “autunnale” si terrà il

13/09/2015

Per informazioni:

Sellaronda Bike Day

str. Dursan, 80/C
I-39047 S. Cristina

Tel: +39 0471 777 777
Fax: +39 0471 792 235

info@sellarondabikeday.com

www.sellarondabikeday.com

La giornata sarà preceduta da ECOdolomites, ovvero una gara di “efficienza energetica” per veicoli elettrici, che si sfideranno sui quattro passi sabato 12/09, con partenza da Selva di Val Gardena.

Info su www.ecodolomites.com

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