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Gran tour del Sassolungo in mtb

Il Gruppo del Sassolungo è uno dei gruppi montuosi che più amo: isolato da quelli vicini, è maledettamente scenografico e “fotogenico” e, pur avendo caratteristiche ben definite, ha un aspetto totalmente diverso se visto dalla bassa Val di Fassa, dal Sella, dalla Val Gardena o dall’Alpe di Siusi. Con intorno la Val Duron e i verdi pascoli dell’Alpe di Siusi, penso sia il sogno di molti bikers avventurarsi ai suoi piedi, ma mica tutti ne hanno per fare la Hero, magari il percorso lungo…

Ma, se si hanno fiato e gambe (o una E-MTB e la si sa condurre sul ripido) la circumnavigazione è possibile ed è di gran soddisfazione. Noi abbiamo testato 3 versioni diverse e sempre in senso antiorario. Volendo si può invertire il giro e (forse) incasinarsi ulteriormente la vita. Pronti a pedalare con noi?

La versione di Massimo

Qualche anno fa il mio compagno, alla ricerca di nuove emozioni, si è messo a studiare un itinerario per girare attorno al Sassolungo. In parte è già “tracciato”, visto che ci passa la Hero, si tratta di chiudere i pezzi mancanti. Ad un certo punto gli dico:

Ma scusa, perché per forza in senso orario? La salita lato Val Duron la conosci bene, prova a salire dall’altra parte!

Inverte il giro, lo prova e rientra entusiasta. C’è da dire che, pur non essendo un fenomeno, va (molto più di me) e si può permettere di fare salite rognosette. Vi riporto una descrizione sintetica dell’itinerario. Ovviamente ometto l’avvicinamento Pozza-Canazei (che figura però nei dati dell’itinerario sotto riportati) per concentrarmi sul tour vero e proprio.

Itinerario

Riporto in estrema sintesi il percorso seguito (la descrizione dei vari tratti è descritta nelle altre opzioni o in escursioni descritte in precedenza).

  • Da Campitello, seguendo il lungo Avisio in sponda sinistra si arriva a Canazei, ci si porta all’inizio del sentiero segnavia 655
  • Si risale la forestale fino a portarsi sulla state si raggiunge il Lupo Bianco
  • Su forestale (stesso segnavia) si raggiunge il Rifugio Valentini
  • Si segue un sentiero che porta sulla sterrata che passa a monte della Città dei Sassi (percorso Hero medio), fino al Rifugio Comici
  • In discesa (segnavia 526, deviare poi sul 528) ci si dirige verso Monte Pana, tenendosi sulla forestale dove il 528 si stacca da essa, ci si innesta su forestale segnavia 30
  • Si raggiunge Saltria, Tirler Alm e da qui Passo Duron
  • Si scende lungo la val Duron, si devia per Pian e si raggiunge Campitello

Dati percorso

  • Distanza: 54km 800m (compreso tratto da/per Pozza)
  • Lunghezza effettiva anello: 40km circa (Campitello – Campitello)
  • Dislivello: 1890m (D+/D-)

La versione di Barbara

Col moroso impegnato a fare il giro di cui sopra, anche a me viene una voglia matta di provare. Ma io non ho mai fatto la salita al Sella (e so che è tosta), però c’è una funivia che capita a fagiolo. Lato Gardena sono già pratica, mi manca l’ultimo pezzo di salita al Duron… E quindi… Ok ci provo.

Vado in bici fino a Campitello per prendere una delle prime corse per il Col Rodella e sfruttare la giornata. Non salivo qui da un bel pezzo, non lo ricordavo così bello il panorama, e con la luce del mattino, e poca gente in giro, è ancora più bello. Il Sella, la Marmolada… emozionante!

Inforco la bici e scendo verso il Salei e poi a Passo Sella. Dal piazzale di partenza della cabinovia per il rifugio Demetz so che dovrei seguire il sentiero 657 per raggiungere baita Michl, ma so anche che devo trovare il modo di passare a destra della baita pena finire su un sentiero fangoso, che è anche il “bagno pubblico” del bestiame. E niente, anche stavolta non becco la deviazione giusta e vado ad impantanarmi, sotto lo sguardo divertito del malgaro. Da qui seguo in discesa il percorso individuato per l’anello Selva – Passo Sella, deviando poi sull’adiacente bike park (percorso famiglia, molto carino). Raggiungo così Plan de Gralba.

Sbuco sulla statale e scendo in paese fino a Selva. In piazza Nives imbocco la strada che porta a La Sëlva, da qui raggiungo Saltria passando da Monte Pana, su percorso ampiamente collaudato: segnavia 308, Ciaslat, strada asfaltata per monte Pana, sterrato segnavia 30 che, dapprima in salita e poi con una lunga discesa, “aggira” il Sassolungo passando per boschi e ampi pascoli. Lungo queste strade mi imbatto per la prima volta nei segni lasciati da Vaia nel Gardenese: dalla valle principale sembra tutto a posto, invece il vento terribile di quella notte si è incanalato nelle valli che scendono dall’Alpe di Siusi e dal Sassolungo, radendo al suolo ampie porzioni di bosco.

A Saltria svolto a sinistra, su strada asfaltata (segnavia 6), per raggiungere Tirler Alm. L’asfalto finisce, si ignorano le deviazioni per incunearsi nel vallone che punta verso la cresta che fa da spartiacque con la Duron. Boschi e pascoli, tratti ripidi alternati ad altri più soft, tutto su ottimo fondo: si fatica ma fin qui nessun problema.

Il discorso cambia quando ad un bivio si svolta a sinistra. Qui si fa sul serio: il versante è ripido e lo si supera con rampe toste, tornanti, su fondo sterrato o con tratti rinforzati da autobloccanti, mentre la vista si apre ulteriormente su Sassopiatto e Odle. Nei pressi di una chiesetta ( se ho ben capito qui un tempo sorgeva l’albergo del Touring) si tira un attimo il fiato, prima di imboccare la rampa sulla sinistra: il passo è lì, ben visibile, manca poco… Peccato che la ruota slitti a pochi metri dal passo.

Eccomi qui, anche se è stata dura. La vista ripaga dalla fatica, soprattutto nell’ultimo tratto prima di Passo Duron, dove invece la vista risulta un po’ chiusa dal pendio erboso. Nel complesso, però, su questo lato la salita è più abbordabile rispetto al lato Val Duron: più continua ma con rampe un po’ meno ripide, soprattutto con un fondo decisamente più regolare.

Da qui inizia una lunga discesa, mentre la vista si apre sulla valle sottostante e verso Molignon e Marmolada. Trascurando la deviazione verso l’Alpe di Tires (ci ho provato una volta ed ho alzato bandiera bianca) si segue la mulattiera sconnessa, con molti sassi di grosse dimensioni. Il fondo diventa poi più regolare, ma a tratti si incontra parecchia ghiaia. La strada si snoda fra pascoli e ruscelli, fino ad una discesa molto ripida, con fondo in cemento (fino a qualche anno fa questo tratto era maledettamente sconnesso). Si scende in picchiata fino a Malga Ducoldaora, dove pascolano mucche e cavalli. E poi ancora giù, cercando di non incasinarsi nei tratti più ghiaiosi, fino alla spettacolare piana della val Duron.

Lasciar correre la bici, qui, è puro godimento, ed è più di una semplice ricompensa per la fatica fatta. È tutto bello in questa valle: il verde dei pascoli che fa contrasto con la scura roccia vulcanica formatasi durante eruzioni sottomarine, i torrenti, le marmotte sentinelle, i pelosissimi highlanders (razza bovina molto resistente alle intemperie). Schivando gli escursionisti, che qui si fanno più numerosi, si arriva in un piccolo angolo di paradiso : qui sorge la baita Lino Brach, un tempo un modesto casottino in legno e ora (i lavori erano cominciati 2 o 3 anni fa) ampliato e migliorato, ma il prato e le caratteristiche sculture in legno sono sempre lì, a sorvegliare la valle lato Marmolada e Denti di Terrarossa, a ricordare il vecchio gestore, morto lo scorso inverno.

Pausa pranzo e poi ancora giù fino al vicino Micheluzzi, da qui in picchiata fino alla baita Fraines (attenzione ai pedoni e alle navette!) per poi svoltare, poco sotto, verso sinistra. La bella forestale in falsopiano porta a Pian, caratteristico borgo ladino, da cui, su strada asfaltata, si torna a Campitello.

Dati percorso

  • Distanza: 35km 130m (Campitello-Campitello)
  • Dislivello positivo: 948m
  • Dislivello negativo: 1853m

Versione estesa in e-mtb

Questa estate lo abbiamo fatto anche noi.

Un po’ per necessità (ho rotto il cambio della bici scendendo dal Rifugio Firenze), un po’ per stare tutti insieme, un po’ per sentirci anche noi un po’ come Paez (Leonardo)… abbiamo noleggiato le E-MTB. E ci siamo tolti una gran bella soddisfazione!

Ma andiamo con ordine.

Ci rechiamo presso un noleggio bici in centro a Selva di Val Gardena. Il negoziante ci chiede dove vogliamo andare. “Passo Duron e rientro dal Sella” “… È tosta, voi siete abituati ad andare in bici, giusto?” Beh, si. Siamo vestiti di tutto punto, il figlio sfoggia la maglia Hero 2021, perché nel pacco gara del padre è erroneamente finita una M (ma quanto cavolo sono strette ste magliette?). Noi adulti, bene o male, andiamo. Vediamo come se la cava il dodicenne, che sul medio facile già mi semina, ma a gestire il cambio è un po’ un disastro.

Descrizione dell’itinerario

Preso possesso dei mezzi, del caricabatterie di emergenza (metti che decidiamo di allungare il giro…) e ricevute le istruzioni base, ci avviamo verso Piazza Nives, dove svoltiamo verso la Selva. Invece di proseguire verso i Ciaslat e Monte Pana, in cima alla salita asfaltata, svoltiamo a sinistra: in pratica, percorriamo al contrario l’ultimo tratto della Hero. Cercando di sfruttare il meno possibile la batteria, saliamo nel bosco, intercettiamo il segnavia 22, che seguiamo in salita, prendiamo una deviazione sulla destra, tagliando la pista Saslonc. Seguiamo per un tratto il segnavia n°23, passiamo il torrente e intercettiamo una forestale inizialmente contrassegnata dal n°528, passando a monte… di Monte Pana, immettendoci poi sulla forestale contrassegnata dal segnavia n°30. La giornata è spettacolare, cielo blu e poche nuvole, pascoli verdi e vette con ancora molta neve per essere metà giugno. Il bosco, pur se ripulito, mostra le ferite di Vaia, chissà quanti anni ci vorranno per rigenerare ciò che è andato perso.

Da Saltria in poi seguiamo esattamente il tragitto che ho seguito un paio di anni fa. Beh, con l’aiutino è decisamente tutta un’altra cosa. C’è persino il tempo per guardarsi intorno, anche sulle rampe più cattive! Cercando di non esagerare con la spinta extra, faccio quasi fatica a star dietro agli altri due, che salgono spediti.

Una volta svalicato, iniziano le raccomandazioni al giovane, che è un po’ spaventato dal fondo non proprio fenomenale delle prime discese. Scendiamo con prudenza, nonostante una piccola caduta Ettore se la cava egregiamente. Scendiamo veloci fino alla rinnovata Baita Lino Brach, dove ci fermiamo per pranzare, anche se non è ancora mezzogiorno. L’attesa è allietata da due giovani che suonano chitarra e flauto, un repertorio variegato che comprende anche “Libertango” di Astor Piazzolla, che io adoro.

Risaliamo in bici, passiamo il Micheluzzi, Baita Fraines… E ci troviamo la strada per Pian chiusa. L’ordinanza parla di lavori stradali che si protrarranno per tutta l’estate. Ecco perché la Hero questa estate è passata più sotto!!! Mentalmente impreco perché so cosa ci aspetta, e quel “cosa” non ho molta voglia di farlo in bici, e di farlo fare al figlio. Ma ci tocca, quindi…

“Ettore, scendi piano. Rallenta. Cavolo vuoi andare più piano che c’è una brutta discesa?!?!”

Arrivati alla “brutta discesa”, ci fermiamo entrambi (mentre Massimo prosegue). “Occazzo”. Ecco, appunto. La rampa che porta al ponticello sul torrente, poco prima di sbucare in paese, è tremenda. Stando ai tracciati Strava di chi ha fatto la Hero lunga siamo fra il 36% e il 40%. Per quello che ricordo, ha sempre avuto un ottimo fondo, ma il ghiaietto può renderla scivolosa, al punto che erano state legate delle corde al parapetto per agevolare i pedoni. La strada è stata migliorata grazie ad una gettata di cemento. La pendenza però è la stessa, e a fine discesa c’è una curva secca a sinistra e poi il passaggio sul ponte (un “drittone ” qui si paga caro). Io ed Ettore la facciamo a piedi, mentre Massimo, che ci ha preso gusto, sale per fare il bis.

Arrivati a Campitello, ci portiamo in sinistra Avisio e risaliamo la valle fino a Canazei, proseguiamo fino a sbucare sulla statale. Svoltiamo a sinistra e scendiamo fino alla rotonda, svoltiamo verso Passo Sella e, al primo tornante, svoltiamo a sinistra.

Ci portiamo lungo il torrente che scende dal Lupo Bianco, alla ricerca della forestale contrassegnata col n°655. Risaliamo così lungo la “pista di rientro”, caratterizzata da ottimo fondo, pendenze non impossibili ( è comunque una pista da sci…) con alcuni strappi più impegnativi. La Val de Antermont è stretta, ma davanti a noi fa capolino il Piz Ciavazes.

La strada passa sull’altro versante della valle, con una ripida rampa raggiungiamo la statale. La percorriamo fino al Lupo Bianco, anche se volendo potremmo tagliare su sterrato, scendiamo sul piazzale sulla sinistra alla ricerca del segnavia 655. La forestale sale con rampe che si fanno più cattive mentre il panorama attorno a noi diventa sempre più maestoso, con le pareti del Gruppo del Sella che sembrano quasi avvolgerci. L’indicatore della batteria scende, nonostante le opportune attenzioni e il livello di spinta non elevato (scoprirò all’arrivo che la mia bici ha una batteria meno performante rispetto alle altre due), quindi salgo con calma, mentre il figlio prende il largo. Mando suo padre all’inseguimento, impresa che si rivela più difficile del previsto. Il ragazzo ne ha, santo cielo, e sta onorando la maglia!

Raggiungiamo così un prato costellato di fiori di armentara, un balcone naturale affacciato sulla val di Fassa, vista Marmolada e Ciampac, il Sella dietro e a sinistra: uno spettacolo! È un gioiellino nascosto… in bella vista: è lì sopra, ma non ci passi per caso, devi scegliere di passare di qui, di salire al Sella in bici o a piedi, ed è una cosa che raramente si fa.

Proseguiamo ancora, puntando verso il Rifugio Valentini. Abbiamo ancora circa 250m di dislivello da superare. L’ultimo tratto è ripido e sconnesso, riusciamo ad arrivare poco sotto al rifugio, poi io ed Ettore dobbiamo mettere giù il piedino. Il Sassolungo si staglia davanti a noi, maestoso. Svalicando lo sguardo si apre verso le vette della Val Gardena.

Scendiamo a passo Sella, stavolta riusciamo ad evitare il sentiero che porta a Baita Michl, portandoci, superando un torrentello e un po’di neve, sulla pista da sci. Scendiamo e ci riportiamo sul percorso n°657, che percorre forestali a servizio delle piste da sci, alcuni tratti sono ben tenuti, altri (soprattutto quelli più ripidi) sono caratterizzati dalla presenza di molti sassi. Non mancano nemmeno i tratti su pista, in picchiata sul prato facendo lo slalom fra residue chiazze di neve. Raggiungiamo Plan de Gralba e la statale, a Plan deviamo sulla ciclabile e raggiungiamo la piazza.

Il tempo di fare merenda e ci rechiamo in negozio per restituire le bici. Piccolo bilancio :

  • Non abbiamo usato i caricabatterie
  • Io ho restituito la bici con una tacca di batteria (l’ultimo tratto di salita del Sella l’ho fatto col terrore di dover spingere l’arnese in salita)
  • I due maschietti, che avevano un mezzo più performante, l’hanno restituito con due tacche.

Il negoziante “ah beh, allora avete pedalato!”. Si, abbiamo pedalato. Un po’ di fatica l’abbiamo fatta, e ci siamo divertiti un sacco.

Dati tracciato

  • Lunghezza: 45km 800m
  • Dislivello positivo: 1754m
  • Dislivello negativo: 1754m
  • Tempo in movimento: 4h20′
  • Tempo comllessivo: 6h35′
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Son tutti Paez con la MTB elettrica!

L’aspetto paradossale dell’enorme diffusione delle MTB a pedalata assistita è che quei “pochi” rimasti a pestare sui pedali, anche se mezze calzette al limite della velocità di stallo come la sottoscritta, sono visti come alieni o supereroi, soprattutto se ti incrociano le famigliole: sguardi ammirati, qualche complimento… mentre in realtà tu stai stramaledicendo il pessimo stato di allenamento!

O forse ti danno solo del pirla? Già… Perché faticare tanto? Perché rifuggire dai sentieri ormai prelazionati dalla pedalata assistita per cercare altro? Giuro: un paio di anni fa sui percorsi “standard” (ero in Val di Fassa) trovavo solo le elettriche, mentre la massima concentrazione di muscolari l’ho beccata sulla via del Rifugio Alpe di Tires… cioè, prima devi farti passo Duron (e il nome dice tutto) e poi infognarti su una cosa dove anche gente forte posa il piedino…

Andare in giro in mtb sarà anche faticoso… Ma è bellissimo! Vuoi mettere la soddisfazione? Ma perché non provarle entrambe? Diciamo che E-MTB e MTB sono due cose in un certo senso complementari e a… “geometria variabile”. È pur vero che le assistite danno la possibilità di andare in montagna anche a chi collassa su un cavalcavia oppure non ha più il fisico (o non ce l’ha ancora), ma a chi in bici ci va, aprono un mondo nuovo, ampliano orizzonte e raggio d’azione. Oltretutto si può anche decidere l’entità dell’aiutino… Mica è un motorino!

In tempo di “estremismi” e di individualismo sfrenato la diffusione delle E-MTB non è però indolore: già prima non è che i rapporti fra bikers ed escursionisti fossero sempre idilliaci. Diciamolo: per molti escursionisti, i ciclisti sui sentieri erano degli invasori, rei di invadere lo spazio vitale dei pedoni e di causare pericolo. Adesso è peggio, perché c’è pure la componente “loro non fanno fatica” 🙄.

Giusto qualche giorno fa mi sono imbattuta in una conversazione a dir poco surreale, e che mi ha fatto parecchio incazzare: le bici sui sentieri sono pericolose, è una invasione, sarebbero da vietare. A parte che se ti lamenti per la presenza di biciclette lungo itinerari a tal scopo segnalati dall’APT vuol dire che sei poco informato sul posto dove sei, ma estendere un eventuale comportamento scorretto di un singolo all’intera categoria è una cosa di una stupidità galattica. Un po’ come se io dicessi che tutti i proprietari di cani sono cretini perché in montagna ne ho incontrati alcuni non in grado di gestire la bestiola, o che affidavano arnesi da 50kg a bimbe che ne pesavano 30. O che tutti gli escursionisti sono incoscienti perché c’è chi gira senza una mappa e manco sa dove si trova, vuole portare bambini di 4 anni a fare il giro dell’Antermoja, o porta la prole sull’altopiano delle Pale con scarponi senza calzini, perché quella mattina facevano i capricci e non li volevano indossare (vita vissuta… ) .

Un po’ di tolleranza, santo cielo! C’è troppa gente che pensa che l’unico modo GIUSTO per andare in giro sia il suo e che gli altri abbiano torto a prescindere, quando basterebbe che TUTTI rispettassimo poche semplici regole, con il rispetto degli altri come prima cosa, invece di sfogare le proprie frustrazioni sui social. Sarà pur vero che son tutti Paez con la mtb elettrica, ma i principianti li si trova su percorsi più facili e generalmente con carreggiata abbastanza larga, quindi dove c’è posto per tutti. Chi si avventura su itinerari più tosti di solito la bici la sa portare, che si tratti di bici con o senza aiutino poco cambia, e questo senza arrivare agli estremi Juri Ragnoli, che lo scorso anno ha fatto il giro della Marmolada via Passo Ombretta, fra lo stupore di chi lo ha incrociato sul percorso, e (forse) le imprecazioni di chi se lo è visto sfrecciare accanto in discesa!!!

In attesa che arrivasse Paez (quello vero, che si allenava con ripetute sul Dantercepies), nei giorni scorsi in Val Gardena i bikers erano tutti “assistiti”, tanti Paez di tutti i giorni che ti sfrecciavano accanto superando baldanzosi brevi strappi. I drogati della muscolare sono arrivati ad affollare i sentieri soltanto tre giorni prima della #Herodolomites, per poi tornarsene quasi tutti a casa.

Noi siamo rimasti, in mezzo a escursioni e uscite in mtb stavolta (spoiler) abbiamo noleggiato le E-MTB per fare, una volta tanto, un giro tutti insieme. E che giro! Ma di questo parleremo in una prossima puntata… 😁

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Da Selva al Rifugio Firenze

Il rifugio Firenze (Utìa de Ncisles in Ladino) è ubicato ai piedi delle Odle, lato Val Gardena. È facilmente raggiungibile a piedi da Selva o da Santa Cristina ed è, insieme alla stazione di monte della cabinovia Col Raiser, un importante snodo per le escursioni nel Parco Puez-Odle. È un’ottima meta anche per escursioni in mtb. Questa estate l’ho raggiunto in entrambi i modi, di seguito riporto la descrizione dei tragitti seguiti e delle possibili varianti.

A piedi via Daunei – Juac

In realtà la decisione di andare al Rifugio Firenze è stata un ripiego, in un periodo caratterizzato da condizioni meteo poco stabili: l’opzione A era la salita al rifugio Stevia, ma la mattina, al risveglio, troppe nuvole gironzolavano attorno alla vetta e ci attanagliava il dubbio che le previsioni meteo avessero toppato sull’orario di arrivo della pioggia. Dopo un rapido consulto con Ettore (quasi dodicenne compagno di avventure, nonché mio figlio), cartina alla mano ci orientiamo su qualcosa di più tranquillo, con meno dislivello e (presumibilmente) in buona parte nel bosco. Ci prepariamo e usciamo.

Descrizione

Ci avviamo lungo la ripida strada asfaltata che porta all’abitato di Daunëi, località situata circa 150 più in alto rispetto al centro di Selva, in posizione soleggiata, tranquilla e decisamente panoramica. Si prosegue oltre le ultime case, verso il parcheggio a pagamento (qualche tornante può essere evitato prendendo un sentiero opportunamente segnalato) e ancora oltre, fino all’ingresso nel Parco Puez-Odle.

Da qui si imbocca la mulattiera contrassegnata con il n°3, che, alternando tratti tranquilli ad altri più ripidi, attraversa un bosco di conifere, lungo il quale sono state posizionate alcune sculture in legno rappresentanti strumenti di lavoro (…una enorme motosega) e animali tipici della zona, come camosci e cutrettole. Sculture analoghe sono presenti lungo altri sentieri all’ingresso del parco.

Si giunge così al rifugio Juac, situato a 1909m slm su una balconata naturale affacciata sulla valle, con vista Sassolungo. Nei pressi del rifugio è installata una enorme meridiana, che proietta l’ombra sul prato, con le ore materializzate da massi bianchi. Si segue la traccia sulla destra del rifugio, su un prato che sembra una spugna e su cui, nonostante ciò, il gestore ha avuto l’ardire di posizionare una porta da calcio. Si percorre una passerella in legno che scavalca una risorgiva, si prosegue poi prevalentemente in discesa fino ad incrociare la forestale contrassegnata dal n°1, in corrispondenza di un laghetto.

Si prosegue oltre, verso nord, seguendo i segnavia 1 e 3. La mulattiera, che presenta un fondo abbastanza regolare, passa ai piedi dello Stevia puntando verso le Odle, mentre sulla destra si vedono gli impianti a servizio del comprensorio sciistico di Col Raiser-Seceda.

La sagoma del rifugio spunta sulla nostra destra: lo raggiungiamo grazie ad un’ultima rampa su fondo piuttosto ghiaioso e, con un paio di tornanti, ci troviamo davanti alla struttura.

Ci fermiamo per un breve spuntino, con un occhio al cielo perché la situazione non ci convince più di tanto… E per fortuna che, essendo a inizio stagione, ci siamo portati i viveri perché la volpe (io) si è dimenticata soldi, bancomat, documenti… Solo i 2€ trovati in una tasca dello zaino mi consentono di prendere un caffè.

Non ci fidiamo e ci apprestiamo a rientrare alla base, mentre al rifugio arrivano alcuni bikers… col “trucco”. Già, perché in periodo di #herodolomites… son tutti Paez con la mtb elettrica! L’unico ad avventurarsi lì con la muscolare lo incontriamo proprio sulla rampa sotto al rifugio. Torniamo a casa lungo lo stesso itinerario seguito all’andata.

Dati escursione

  • Distanza complessiva: 10km 760m
  • Dislivello positivo: 554m
  • Tempo impiegato: 3h55′
  • Tempo in movimento: 2h52′

Link a percorso su Strava

In mtb da Santa Cristina (con imprevisto)

Premetto che sulla mappa in mio possesso (se non erro acquistata presso “Dolomiti Adventure”) il Rifugio Firenze non è inserito in alcun itinerario, ad eccezione di uno classificato come difficile (discesa dal Seceda, raggiungibile da Ortisei con gli impianti di risalita). Sul sito valgardena.it è invece descritto l’itinerario ad anello n° 298 “Regensburger Hütte Runde”, ovvero “Tour del Rifugio Firenze”, anch’esso classificato difficile, ma all’atto della pianificazione del tour non lo sapevo… Peccato perché questo itinerario avrebbe fatto al caso mio: prevede di prendere quota dirigendosi verso la Vallunga per imboccare, poco dopo “la Ciajota”, la mulattiera identificata col n°26, che passa sotto le rovine del castello di Wolkenstein e si innesta sul percorso fatto a piedi all’altezza dell’ingresso nel parco, evitando la ripida strada asfaltata che porta a Daunëi.

Volendo evitare la strada asfaltata spaccagambe, ho scelto consapevolmente di incasinarmi l’esistenza dirigendomi verso Santa Cristina ed affrontando la forestale che raggiunge il Rifugio risalendo la valle dalla stazione di partenza della cabinovia Col Raiser. In pratica, l’idea era quella di ripercorrere al contrario un tratto dell’itinerario indicato sulla mia mappa, su una strada che segue la pista da sci.

Meglio perire qui, con onore, che in paese su una lunga salita al 14%.

Descrizione

Da Selva mi sono quindi diretta verso Santa Cristina imboccando Streda Plan da Tieja e poi svoltando seguendo i cartelli per la stazione di valle della cabinovia.

La strada asfaltata che serve impianto ed annessi parcheggi è decisamente ripida. Prosegue poi su fondo buono, alternando bruschi strappi (talvolta asfaltati o con i “binari” per le ruote cementati) a tratti più pedalabili. Insomma, fino qui per una persona un minimo allenata è fattibilissima. Peccato che non sia il mio caso…

Si giunge poi ad un bivio, a sinistra una mulattiera molto sconnessa con indicazioni per il rifugio, a destra due strisce cementate che si inerpicano ripide sul versante: ecco, la mulattiera segnalata porta al sentierino per escursionisti, mi rassegno quindi a spingere la bici lungo la ripida salita, facendo attenzione ai mezzi di servizio dei rifugi.

Superato il “gradino”, ricomincia un’ottima forestale che transita vicino a Malga Sangon, con il panorama che si apre sempre più sulle vette aguzze delle Odle. Un ultimo strappo e ci si innesta sul sentiero percorso a piedi, all’altezza del laghetto, che con la bella giornata si trasforma in uno specchio magico.

Proseguendo, devo dire che facendola a piedi mi era sembrata più difficile, anche se, pedalando, sento un rumore strano, quasi come se la ruota fosse frenata, ma in realtà sembra tutto a posto. È solo l’ultima rampa, stretta e ghiaiosissima, a creare problemi e metto giù il piedino, prima di percorrere l’ultimo tratto e di sbucare davanti al rifugio, piuttosto a tocchi ma soddisfatta.

Stavolta i soldi li ho portati e mi sparo una fetta di strudel. Faccio qualche foto e mi accingo a tornare all’ovile.

Faccio una cinquantina di metri e sento un fracasso infernale. Diamine, va bene che ci sono sassi, però… Però non sono i sassi, è il cambio: cedimento strutturale del forcellino, mentre a me cede strutturalmente, in senso metaforico, qualcosa d’altro e dentro di me si accumula una sequela di improperi che la metà basta.

Niente, mi sa che la componente ciclistica delle mie vacanze è andata a quel paese… È pur vero che volevo cambiare la bici, ma dopo le ferie. Piuttosto attapirata scendo a valle “per gravità”, fermandomi periodicamente per spingere o sistemare il deragliatore che picchia sui raggi. Il rientro lo faccio passando per Juac, se devo sburlare un po’ preferisco farlo senza auto che mi passano accanto.

E la mia compagna di avventure finisce così nello sgabuzzino.

Dati escursione

  • Distanza complessiva: 11km 610m
  • Dislivello positivo: 590m

Link a percorso su Strava

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Buoni propositi per il 2020

Chi pedala a Capodanno, pedala tutto l’anno!!!

Ah, non era così?

Peccato!!!

Panigale

Beh, a parte le battute (stupide), in questi mesi sono stata “latitante”, ho praticamente interrotto la mia attività di scribacchina da quattro soldi e pochi followers, e non solo su questo sito, che è un po’ giochino è un po’ valvola di sfogo. Anche le mie altre “collaborazioni” si sono ridotte drasticamente. Soprattutto, pure l’attività fisica è stata interrotta, a causa dei miei moltiplicati impegni e del mutare delle condizioni al contorno (tipo che nella palestra vicino casa hanno tolto il corso di spinning nei giorni e orari che per me erano comodi).

Vabbè, come primo proposito del 2020 ci metto “ricominciare ad andare in palestra “, anche se vorrei mettere “cambiare lavoro”, opzione decisamente più complicata da attuare.

Buoni propositi 😀

In attesa di predisporre il piano di battaglia per la ripresa dell’attività fisica, ho rispolverato la bici per l’unico giro che potevo fare il 1 gennaio

  • Uscendo di casa dopo le 14.30
  • Evitando sterrato (i cacciatori il 1 gennaio stanno a tavola a mangiare o vanno a procacciarsi il cibo? A scanso di equivoci, meglio non correre rischi)

Il giro ad anello è quello che collega Grumello, Pizzighettone e Crotta d’Adda via argine. Una cosa molto soft, che è anche occasione per provare Strava, installato per scaricare un percorso di Juri Ragnoli per conto del mio moroso. Noi infatti da qualche anno utilizziamo la piattaforma del nostro GPS xplova, Strava non lo avevamo mai utilizzato.

Pizzighettone

Pizzighettone

E così, dopo essermi bardata per bene (strano, ho trovato tutto 🙂 ), sono salita in sella e via, a togliere la ruggine dalle articolazioni. Salvo poi accorgermi di aver scordato il caschetto… vabbè, non c’è in giro un’anima, per stavolta faccio senza.

Fa freddo, ma non troppo: il sole ha scaldato l’aria a sufficienza, nonostante la gelata notturna, e si pedala bene. Pochissime auto in giro, qualche famigliola a spasso col cane al guinzaglio lungo la ciclabile. Certo che quando vedo il figlio adolescente ribaltarsi sulla carreggiata dopo aver inciampato nel cordolo mi vien da pensare che i genitori più che al cane dovevano padare a lui…

Pizzighettone – le rapide e la centrale

E via per il centro storico di Pizzighettone, dove alcune comitive stanno visitando le mura, il lungo Adda e Porta Soccorso, col sole a riflettersi nel fiume e colori da tramonto incipiente. Già, in questa stagione l’effetto “sole di mezzanotte” falsa la percezione dei tempi, si fatica a stimare le ore di luce disponibili, i colori dorati danno l’impressione di un tramonto con tempi dilatati.

Passando accanto alla centrale risulta evidente che la piena natalizia (!!!) non è ancora stata completamente smaltita. Da qui si attraversa la provinciale e poi lungo la strada d’argine, incrociando qualche ciclista e pochi pedoni, con le lunghe ombre che attraversano la strada.

Fra Pizzighettone e Crotta

A Crotta si passa da via Cavallatico, un balcone sul fiume, poi si piega verso Acquanegra e quindi verso Grumello, attraversando nuovamente la provinciale e poi il passaggio a livello.

Verso Crotta

La torbiera di Crotta

Pescatore… all’ombra dell’ultimo sole

Crotta e il fiume

Le temperature ormai si stanno abbassando, come il sole all’orizzonte. La ciminiera dell’ex fornace da qui si manifesta in tutta la sua… inclinazione, mentre il paesello placido sonnecchia lungo la scarpata del fiume scomparso.

Grumello

La Fornace Fossa

A casa mi aspetta un the caldo.

Imparerò mai a centrare l’inquadratura?

L’ombra della sera 🙂

P. S.

Anche se si tratta di un esperimento, non condivido il link del percorso stava perché ho sbagliato a spegnere registrazione. Ma mi chiedo: vabbè che in pianura ogni salita sembra chissà cosa, ma chi ha chiamato “spaccagambe” la salita di Roggione ha una bella fantasia…

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Hero kids 2019

Venerdì 14 giugno, nel pomeriggio, uno stuolo di bambini fra i 4 e i 12 anni si è riversato per le strade di Selva, per scoprire il piccolo eroe che ognuno si porta dentro e che chiede solo di essere svelato. Anche questo anno i percorsi previsti sono stati tre

  • 4-5 anni: percorso 800m
  • 6-8 anni: percorso 2,3km
  • 9-12 anni: percorso 3km

I più grandicelli hanno l’opportunità di cimentarsi con la discesa finale della Hero “dei grandi” prima di portarsi all’arrivo.

kids 2019

I tre percorsi di gara

Vedere questi ranocchietti vestiti (quasi) tutti uguali, pronti scalpitanti al via e poi lanciati per le strade di Selva, pedalando o spingendo la bici, è sempre uno spettacolo.

E alla fine, festa e merenda per tutti. Perché è una festa, non una gara. L’unico premio (una bici nuova fiammante) è ad estrazione.

E il prossimo anno (se papà avrà ancora voglia di soffrire sul percorso medio) verremo ancora, col nostro marmocchio.

Faccio solo un appello agli organizzatori: le misure delle magliette andrebbero riviste. La massima è una 152, e ai più grandicelli va corta.

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Leonardo va a nanna presto

Giovedì sera c’è stata la cerimonia di apertura ufficiale della Hero 2019, la decima edizione.

Noi, fra cazzeggio e sosta al bar, siamo arrivati tardi, ma abbiamo avuto comunque modo di vedere come l’organizzazione ha pensato di festeggiare questo primo, importante traguardo.

Sono state passate in rassegna le edizioni passate, attraverso le immagini, ma anche tramite le storie delle persone che fra queste montagne hanno pedalato.

Erano presenti 8 dei 9 senatori, i bikers che hanno completato tutte le prime edizioni, che si sono presentati con la maglia dell’edizione che più hanno nel cuore. Saranno tutti in sella sabato, tranne una ragazza, la cui maglietta conteneva a fatica una pancia da gravidanza avanzata. Al posto degli organizzatori considererei questa edizione come conclusa honoris causa, perché cosa c’è di meglio che generare un potenziale Hero?

Sono poi stati chiamati sul palco i vincitori delle prime edizioni. Per le donne c’era Katrin Schwing, per gli uomini c’erano Mirko Celestino, Juri Ragnoli, Alban Lakata. Insomma, qualcuno mancava. Soprattutto, mancava chi, da solo, “cuba” la vittoria di 5 Hero (che, calcolatrice alla mano, fanno il 55% di quelle disputate), a cui vanno sommati un secondo ed un terzo posto. Si, insomma, mancava Leonardo Paez, che ci tiene a vincere la sesta volta e non deroga alla sua ferrea disciplina nemmeno per una simile occasione. Insomma, a nanna alle 21, per essere pronto per oggi!

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Aria da Hero

Selva ci accoglie con un sole che va e viene, ma quando c’è è ben caldo, e con qualche goccia di pioggia. Ovviamente gi striscioni neri con logo e sponsor, di varia foggia e dimensioni, campeggiano in ogni dove, mentre per strada si incontrano bikers che si allenano vestendo le divise delle scorse edizioni. Scendiamo in paese, io, il moroso e lo gnomo (si, insomma, è quasi più alto di me…) e l’unica non griffata Hero sono io. I due maschietti hanno il cappellino da “reduci”, Massimo, non contento, ha pure la maglietta Assietta Legend e lo zaino Alta Valtellina Bike Marathon, che tanto è tutto in tinta. E in paese è un fiorire di bikers che palesano la loro “identità geografica” (Ladispoli, Alghero…) o i galloni conquistati sul campo (Capoliveri, Lavaredo,….).

E’ solo mercoledì, ma i primi Heroes sono già qui.

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Potrebbe andare meglio, potrebbe piovere

Il Po in secca

Venerdì a casa, finalmente un giorno libero in una bella giornata. Stavolta l’occasione non me la faccio scappare, rispolvero la mia mtb. Prima però il figlio da portare a scuola, la spesa da fare (perché posso anche togliermi la fame di bici, ma se il frigo è vuoto la sera sono cavoli amari), poi finalmente via, in sella!!!

A me piace andare in giro in questo periodo. Gli alberi sono ancora spogli, i campi sono a riposo, o si colorano di un verde brillante se già seminati… e si riescono a cogliere le lievi ondulazioni del terreno lasciate dall’acqua che occupava queste campagne, prima che Adda e Serio si ritirassero verso gli alvei attuali e le bonifiche facessero il resto. La pianura non è poi così piatta, ma quando cresce il mais viene tutto livellato.

Roggione zona Sant’Archelao

E avvicinandosi al corso dei fiumi il lavoro fatto dall’acqua è sempre più visibile.

Già, l’acqua. Quale acqua? Si fa quasi fatica a nominarla. Sono mesi che non piove, al massimo uno sputacchio insignificante ogni tanto. In montagna è nevicato poco. E quando si arriva alla Morta dell’Adda lo spettacolo è sconsolante.

Morta dell’Adda, 08/03/2019

Morta dell’Adda, 08/03/2019

Foto scattata dallo stesso punto della precedente, settembre 2016

C’è pochissima acqua, due aironi sulla sponda opposta se ne volano via. Qui ci sono stata spesso, anche in inverno (mi è capitato di trovare tutto ghiacciato), ma sinceramente non ricordo di aver mai trovato una situazione del genere, nemmeno in piena estate.

E anche il Po non scherza: quardando verso la Bocca d’Adda e Isola Serafini si notano spiaggioni immensi, e il la prua di una barca di legno che emerge dalla sabbia.

Il Po nei pressi della Bocca dell’Adda

La situazione è drammatica, gli agricoltori sono seriamente preoccupati.

E questi periodi di siccità saranno sempre più frequenti, visti i cambiamenti che stanno apportando all’ambiente con il nostro stile di vita assolutamente non compatibile con gli equilibri ambientali. Serve, e rapidamente, un cambio di passo radicale, se non vogliamo diventare anche noi dei profughi climatici.

Venerdì 15/03 ci sarà lo Sciopero Globale per il Clima, una mobilitazione geneale per chiedere misure serie a mitigazione dei cambiamenti climatici. Speriamo che chi ha il potere di prendere decisioni si decida ad agire, perché senza politiche di ampio respiro e una visione sul.lungo periodo i comportamenti dei singoli servono a poco.

15 marzo 2019 – Sciopero Globale per il Clima

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La storia di Christian Bagg

Christian Bagg cresce in Canada, sulle Montagne Rocciose: un autentico paradiso per appassionati di snowboard e mountain bike.

Tutto cambia quando, a 21 anni, subisce una brutta caduta con la tavola: il midollo lesionato non consente un corretto passaggio degli impulsi agli arti inferiori. Non riesce a camminare, in preda a forti tremori. A quel punto prende una decisione drastica: accetta di farsi interrompere completamente la comunicazione fra gambe e midollo spinale, diventando definitivamente paralizzato dalla vita in giù. Questo però gli consente di cominciare una nuova vita.

Studia meccanica, che non utilizza solo per il suo lavoro: si ingegna per trovare un nuovo modo di andare in montagna in bici.

Dopo tanto lavoro finalmente arriva la Icon Explore, una tre ruote con motore elettrico da 3000W, con cui, dopo tanti anni, torna ad andare in montagna. Ma le stesse sensazioni sono ora possibili anche per chi non avrebbe mai pensato di muoversi sui sentieri fra sassi, cime e abeti.

Leggi l’articolo pubblicato su backtothewild.it per saperne di più.

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Anello del Lusia variante Sottosassa – video

Ed eccolo, finalmente, in video del “girone” dell’estate 2018, l’anello Moena – Bellamonte – Lusia con partenza da Soraga, la cui descrizione è disponibile cliccando qui.

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