di Lorenzo Franzetti – cyclemagazine.eu, 24/05/2015
Maggio sa di primavera e di Giro d’Italia, ma quell’anno niente Giro: si partì, certo, non per avventure ciclistiche, ma per il fronte. Era il 1915, in Italia, migliaia di giovanotti mandati a combattere per una Nazione che pochi o nessuno tra loro sapeva bene cosa fosse. Il Giro che non si corse mai, venne soltanto immaginato da molti ragazzi che sognavano glorie in bici, corse epiche che allora erano al limite della follia, se solo si pensa alla corsa dell’anno precedente. Oggi si sprecano parole come “leggenda”, “epica” o altro, a quello era il vero ciclismo eroico. Il Giro d’Italia 1914 fu probabilmente la corsa ciclistica italiana più dura di tutti i tempi, un’avventura che vale un romanzo, una storia incredibile, vinta da Alfonso Calzolari dopo aver superato mille difficoltà. In quell’anno, però, oltreconfine si stava per aprire un conflitto mai visto prima: il Giro si concluse il 7 giugno, il 28 giugno ci fu l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando D’Asburgo, a Sarajevo, un mese dopo scoppiò il conflitto. L’Italia, però, entrò in guerra dieci mesi dopo, il 24 maggio 1915.
E tutto si fermò, in Europa: la vita normale e con essa lo sport. Il ciclismo restò nei sogni di molti ragazzi, tra questi anche corridori: italiani giovani e forti che sembravano indistruttibili in bicicletta, attraversando l’Italia in tappe e gare di trecento o quattrocento chilometri, andavano benissimo nelle forze armate, lassù nelle trincee tra Veneto e Friuli.
Octave Lapize scala per la prima volta il Tourmalet, nel 1910
Una guerra spazzò via la fantasia, ma anche la carriera di grandi campioni: in Italia, per esempio, il ciclismo divenne orfano di Oriani, il vincitore del Giro 1913 e oltre confine le perdite furono altrettanto dolorose. Lucien Georges Mazan, alias Petit Breton, Francois Faber, Octave Lapize: tre miti, i più noti caduti del ciclismo durante la Prima Guerra Mondiale.
Petit Breton, il primo vincitore della Sanremo, con un palmarès da grandissimo del ciclismo: due Tour de France, un record dell’Ora, la Parigi-Bruxelles, la Parigi-Tours. In guerra contava come tutti gli altri, finì in artiglieria e cadde nelle Ardenne, nel 1917: le Ardenne che oggi sono teatro del grande ciclismo, ma che si possono anche considerare un luogo simbolo della Grande Guerra, immenso cimitero di ragazzi in trincea.
Octave Lapize, il primo ciclista a transitare in vetta al Tourmalet (durante il Tour del 1910) vinse un Tour, appunto, ma anche tre Parigi-Roubaix, seigiornista, ma anche pioniere del ciclocross. In Italia vinse una corsa scomparsa da un secolo, la Milano-Varese. Ebbene Lapize, allo scoppio del conflitto, si arruolò volontario nell’aeronautica francese. Da militare fu tra i più coraggiosi piloti, protagonista di azioni davvero coraggiose: morì proprio durante una battaglia aerea, nel 1917.
Faber arruolato nell’esercito francese
Francois Faber, lussemburghese, era il grande rivale di Lapize: «La Francia mi ha dato tanto, è giusto che io la difenda» dichiarò pubblicamente quando nel 1915 dovette interrompere la sua carriera ciclistica. Vinse un Tour de France, ma anche una Parigi-Roubaix e un Giro di Lombardia (1908). E, poi, naturalmente fu protagonista e vincitore nelle classiche che allora erano le più celebrate in Francia, ovvero la Parigi-Bordeaux, la Parigi-Tours e la Parigi-Bruxelles. Era il “Gigante di Colombes”, per la sua stazza robusta, all’opposto di Mazan, il piccolo bretone. Partì per il fronte e fu tra i primi a morire: di lui non si trovò più traccia dopo la battaglia dell’Artois, combattuta il 9 maggio 1915. Tre anni dopo fu ufficialmente dichiarato “morto”.
In pochi tornarono dal fronte e ricominciarono a correre in bicicletta: tra chi riuscì a sopravvivere, salvandosi quasi per miracolo, fu Paul Deman, primo vincitore del Giro delle Fiandre, che scampò alla fucilazione proprio grazie alla sua fama.
Tre miti della Francia ciclistica, tre giganti della storia dello sport europeo e nella loro scia tanti, centinaia, migliaia di giovani atleti e soldati scomparsi senza troppi onori. Il ciclismo ha i suoi lutti, tanti: per questo, la Prima Guerra Mondiale è una pagina triste per il ciclismo mondiale, da non dimenticare.
Commenti recenti