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Lago Aviolo e Passo Gallinera

Un weekend molto corto col figlio, in Val Camonica, alla scoperta della Val Paghera, del Lago Aviolo e del Passo Gallinera. Una bella escursione, peccato che il cielo coperto non ci abbia permesso di apprezzare in pieno il panorama.

Raggiungiamo Vezza d’Oglio il sabato prima di cena. Il padrone di casa (Martino, un tipo sportivo), ci recupera in piazza. Ci mettiamo a chiacchierare, parliamo di sentieri ed escursioni: la mia intenzione iniziale era quella di salire ai laghi d’Avio e, se possibile, al rifugio Garibaldi; lui ci consiglia di salire all’Aviolo perché, dal punto di vista paesaggistico, è meglio dei laghi d’Avio, inoltre la strada per la malga Caldea quest’anno non è in buone condizioni, mentre quella della Val Paghera è tutta asfaltata. Decidiamo di seguire il suo consiglio, rinviando la salita al Garibaldi alla prossima occasione, quando magari potrebbe venire anche il mio compagno. Valutiamo però l’ipotesi di non fermarci al lago, ma di proseguire oltre, fino al passo Gallinera (una delle opzioni che ci aveva prospettato Martino). Diciamo che salire la sera prima per fare una escursione di un paio d’ore non avrebbe molto senso…

La mattina io e Ettore, dopo la colazione al bar in piazza a Vezza, risaliamo in macchina la Val Paghera fino al Rifugio alle cascate. Lasciamo qui il macinino, ci prepariamo ed affrontiamo il percorso. Non riporto la descrizione nel dettaglio perché la si trova sul sito “Sentieri Camuni“, riporto solo alcune impressioni, oltre alle foto scattate nell’occasione.

Il primo tratto di sentiero, fino al lago, non è un sentiero. È una scalinata. No, non sto scherzando: sono gradini ricavati nella roccia, o spostando e sistemando massi. Qui ci salgono anche persone non giovanissime, o bambini con i genitori, ma non è un percorso agevole, soprattutto la discesa. Le mie ginocchia malandate hanno sofferto parecchio ma hanno retto, però ho visto parecchie persone patire parecchio in discesa. Qualcuna per difficoltà fisiche… Altre (e mi spiace sottolinearlo) a causa di una pessima scelta di scarpe.

Nella parte alta del percorso c’è un tratto di catena per tenersi. In condizioni normali è pressoché inutile, ma si tratta di un punto nel quale gocciola un po’ d’acqua dalle rocce sovrastanti e in caso di pioggia potrebbe essere scivoloso.

Più sopra sono presenti un paio di passerelle di legno e acciaio che consentono di “aggirare” alcune rocce, ma nulla di tecnicamente complicato o esposto.

Si giunge sulla spianata dove sorge il Rifugio Occhi, poco oltre si giunge al lago Aviolo: il cielo parzialmente nuvoloso non permette, purtroppo, di cogliere tutte le sfumature di verde dell’acqua di questo piccolo gioiellino, trattenuta da un basso sbarramento. Questo era uno dei luoghi delle gite estive di mia madre, che ha passato le sue estati da ragazza a Vezza d’Oglio, sentito molte volte nei suoi racconti: il lago, il Baitone… La val Paghera fatta al ritorno con in spalla il fratellino. E pure il Passo del Gallinera, verso il quale ci dirigiamo costeggiando il lago.

In questo punto della valle le pareti rocciose sono piuttosto ripide, sulla nostra sinistra sono state tracciate delle vie di arrampicata. Giunti al termine dell’invaso troviamo una piana erbosa, punteggiata da fiori che sembrano batuffoli di cotone, sulla quale pascolano alcune mucche. Ma come caspita sono salite fino qui?

La cosa che però ci colpisce è l’acqua del ruscello: limpidissima, al punto che si fatica a valutarne la profondità. Mossi da curiosità, facciamo una misurazione sperimentale usando uno dei miei bastoncini, in un punto nel quale la presenza di un grosso masso accelera la corrente: c’è circa mezzo metro d’acqua trasparente.

A chiudere la conca, troviamo il Corno del Baitone (Gruppo dell’Adamello), con quel che resta del suo ghiacciaio. Salendo il ripido sentiero sulla destra notiamo sfumature rosate sui nevai residui: depositi di sabbia del Sahara, portata qui dai venti, o un microorganismo che si sta diffondendo sulle Alpi, aumentando ulteriormente la velocità di scioglimento del ghiaccio? Già, perché sembra poca cosa, ma ghiaccio più scuro significa maggior assorbimento dei raggi solari.

La salita è piuttosto ripida, l’ambiente è selvaggio. Sulla nostra destra, Ettore scorge un camoscio in lontananza. La bestia ci fissa, poi si rimette tranquillamente in marcia, e mentre io recupero la reflex per tentare una foto con lo zoom, scompare dalla nostra vista.

Avvicinandoci al passo si alza un vento freddo e fastidioso. Raggiunta la sella si apre davanti a noi la vista verso la val Camonica: sotto di noi si scorge l’abitato di Malonno, più a destra c’è Edolo e da qui si vede bene la vallata che porta verso l’Aprica. Il sentiero che scende verso Edolo sembra bello ripido e il dislivello è notevole… Insomma, da queste parti le escursioni facili sono merce rarissima e le tempistiche di percorrenza indicate sulla cartellonistica non sono affatto generose.

Ci spostiamo sulla sinistra fino al Bivacco Festa, dove ci accampiamo per un veloce panino prima di scendere.

Dati percorso

  • Dislivello: +940m
  • Tempo salita: circa 2h45′ (anche qualcosa di più)
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Bivacco Valerio Festa da Vezza d’Oglio

Questo itinerario l’ho fatto il 18 luglio di quest’anno con mio figlio Ettore.

Il posto merita, senza dubbio… Noi però non siamo stati molto fortunati perché di sole ne abbiamo visto poco e al passo tirava un vento freddo e fastidioso.

Qualcosina da raccontare però ce l’abbiamo lo stesso… qui potete trovare la descrizione dal blog “Sentieri Camuni”, successivamente vi racconterò qualcosa della nostra esperienza.

Buona montagna!

SENTIERI CAMUNI

Come arrivarci

Alla partenza

Prendiamo la SS 42 in direzione di Vezza d’Oglio e, da via Nazionale, imbocchiamo via Stella (sulla destra per chi viene da Edolo), seguendo le indicazioni per “Val Paghera-rifugio Aviolo”. Superato il ponte Stella, proseguiamo dritto e, in leggera salita, oltrepassiamo la piccola chiesetta gialla dedicata a Sant’Anna. Dopo un tornante e alcune curve attraversiamo il Ponte Scalvino e proseguiamo fino a raggiungere il rifugio “Alla Cascata” a 1453 m.s.l.m.
Possiamo lasciare l’auto poco prima del rifugio, nei due slarghi sulla destra, oppure proseguire a destra oltre l’edificio, raggiungendo un ampio parcheggio poco oltre: quest’ultimo è a pagamento, 3 euro giornalieri per i fine settimana di luglio e ogni giorno dal 25 luglio al 30 agosto.

Il sentiero

Dal parcheggio alto imbocchiamo il sentierino, che entra subito nel bosco, dove si fa strada tra le radici degli abeti, per poi uscire dagli alberi e continuare su…

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La diga del Gleno (quel che rimane…)

Se si pensa alle parole “disastro” e “diga”, viene spontaneo pensare al Vajont e ai suoi quasi 2000 morti o, in tempi più recenti, a Stava, in Trentino.

In Italia, purtroppo, di disastri legati all’opera dell’uomo, e alle dighe in particolare, se ne sono verificati altri, meno conosciuti, a dispetto della bravura di ingegneri e maestranze italiane, che nel campo dell’idroelettrico si sono fatti un nome a livello mondiale. Qualche giorno fa ricorreva il 95° anniversario di un altro disastro meno noto, quello della diga del Gleno, in provincia di Brescia. La storia poco edificante che sta dietro alla costruzione di questo sbarramento e allo scempio che ne è derivato è ben descritta sul sito http://www.molare.net, nato per ricordare un altro crollo, quello della diga di Molare, nel quale vengono descritti itinerari escursionistici nei luoghi che hanno visto fallire l’uomo, perché superficialità e sete di denaro hanno preso il sopravvento sulla perizia. Perché la natura fa il suo corso e non perdona, e l’acqua, se deve trovarsi una strada, ci riesce….

Riporto qui la storia della diga del Gleno, con qualche indicazione sul percorso escursionistico che si può fare nella zona. Rimando alla pagina http://www.molare.net/disastri_simili/disastri_gleno.html per gli approfondimenti (si può anche scaricare una pubblicazione tecnica resa disponibile da Umberto Barbisan, Professore Associato di Tipologia Strutturale all’Università Iuav di Venezia), al sito www.scalve.it, all’articolo su l’Eco di Bergamo e al servizio andato in onda su TeleBoario.

Le rovine della diga, viste da monte

La storia della diga

La storia della Diga del Gleno ha origine nei primi anni del 1900 come pure quella narrata nel Disastro di Molare. Già durante la seconda metà del ‘800 l’Italia operosa aveva sete di corrente idroelettrica. Fortemente penalizzati dalla carenza di carbon fossile (il motore della Rivoluzione Industriale) gli Italiani e le loro attività produttive altro non poterono fare che ripiegare in “fonti elettriche alternative”. L’arco alpino, con le sue innumerevoli valli era sito ideale, per lo sviluppo idroelettrico. Quest’ultimo trovò impulso decisivo grazie a una serie di progettisti molto capaci e da ditte private ed impresari “pre-ENEL” pronti con i loro capitali ad investire in questo business.

Fu così, che nel 1907 venne richiesta una concessione per lo sfruttamento idroelettrico del T.Povo da parte di tal Ing.Tosana di Brescia. La concessione venne poi ceduta all’Ing. Gmur di Bergamo e poi alla Ditta Galeazzo Viganò di Truggio (Milano). Nel 1917 il Ministero del Lavori Pubblici fissò a 3.900.000 mc la capacità di invaso in Loc. Pian del Gleno. Pochi mesi dopo la Ditta Viganò notificò l’inizio dei lavori. Piccolo particolare: il progetto esecutivo non era stato ancora approvato dall’autorità competente (Genio Civile)! Dopo una serie di proroghe venne presentato nel 1919 il progetto esecutivo per una diga a gravità a firma dell’Ing. Gmur. Quest’ultimo però morì un anno dopo e la Ditta Viganò assunse l’Ing. Santangelo di Palermo. Nel 1921 venne approvato il progetto esecutivo dell’ing. Gmur con i lavori già da qualche anno avviati.

Nell’anno 1921 la Ditta Vigano appaltò alla Ditta Vita & C. le opere di edificazione delle arcate. Nell’agosto del 1921 l’Ing. Lombardo del Genio Civile eseguì un sopralluogo al cantiere. E’ buffo immaginare la sua faccia quando constatò che la tipologia costruttiva della diga a progetto, cioè a gravità (lo sbarramento che si oppone alla spinta del lago grazie al suo peso), era stato cambiata in corso d’opera in una diga ad archi multipli (struttura in grado di trasferire alle rocce di fondazione le spinte del lago). Rilevò infatti che stavano per essere costruite le basi delle arcate e che, quelle nella parte centrale della diga non erano appoggiate sulla roccia ma sul tampone a gravità (come in una sorta di castello di carte !!!). Ne seguì l’immediata diffida al proseguire la costruzione e venne ingiunto alla Ditta Viganò di presentare un nuovo progetto (quasi si trattasse di una semplice abitazione in cui è stata variata la posizione di un paio di finestre rispetto al progetto). Comunque i lavori andarono avanti alla faccia dei vari sopralluoghi dell’Ing. Lombardo e solo nei primi mesi del 1923 venne presentato il progetto.

La diga quasi ultimata. E’ visibile il tampone a gravità, su cui si fonda parte della diga

Nell’ottobre del 1923 il lago venne riempito a seguito delle violenti precipitazioni. Vi furono problemi negli scaricatori superficiali ma soprattutto si innescarono massicce perdite d’acqua alla base delle arcate sovrastanti il tampone a gravità. Tali perdite furono sfruttate nelle ore notturne per la produzione di energia elettrica !! La diga non poteva dirsi ultimata. Ancora numerose opere edili dovevano essere portate a termine. Il cattivo tempo perdurò anche nella seconda metà di Novembre. Il 1° dicembre 1923 alle 6.30 il Sig. Morzenti, guardiano della diga (collega di sventura del Sig. De Guz di Molare) avvertì un “moto sussultorio violento“. In seguito la difesa della Ditta Viganò ipotizzò addirittura che vi vosse stata un’esplosione causata da un atto terroristico. Il 1° dicembre 1923, alle 7.15 avvenne il crollo delle dieci arcate centrali della Diga. Una massa d’acqua di volume compreso tra 5-6 milioni di metri cubi iniziò la sua folle corsa verso valle.

Vista aerea delle rovine della diga e del Lago del Gleno (fonte Ecodibergamo.it)

 

Bueggio, frazione di Vilminore, fu quasi immediatamente travolta. Le due centrali elettriche vennero rase al suolo, così come due chiese ed il cimitero. L’acqua percorse lo stretto alveo montano del T.Povo sino alla confluenza con il T.Dezzo. L’omonima località scomparì, così come la centrale elettrica, l’antico ponte, la strada e la fonderia per la produzione di ghisa la quale determinò un terrificante spettacolo di acqua, fiamme e vapore. All’altezza di Angolo il T.Dezzo forma una serie di spettacolari forre. L’ondata, colma di detriti, creò delle ostruzioni temporanee con effetti terrificanti. Infatti, nei punti più stretti si crearono dei laghi che dopo pochi istanti riuscivano a sfondare le dighe di detrito, causando ondate ancora più distruttive. Molte località furono gravemente falcidiate: in Loc. Mazzunno venne distrutta la quarta centrale elettrica. L’ondata si precipitò nell’odierna Boario Terme. Le Ferriere di Voltri vennero gravemente danneggiate e vi furono gravissimi danni alle viabilità ed alle strutture. Più a valle (Corna e Darfo) la valle del Povo si allarga e raggiunge il T.Oglio. L’energia dell’ondata andò attenuandosi ma causò ancora vittime a gravissimi danni sino a raggiungere il Lago d’Iseo. Qui lo spettacolo non fu meno terribile: una cinquantina di salme galleggiavano nell’acqua torbida. Il calcolo delle vittime fu stimato sulle 500 unità. Le vittime ufficiali del Disastro del Gleno sono circa 360. Il 4 luglio 1927 il Tribunale di Bergamo condannò Virgilio Viganò e l’Ing. Santangelo a tre anni e quattro mesi più 7.500 Lire di multa. Va ricordato che la maggioranza dei sinistrati fu’ precedentemente economicamente tacitata. Il Cav. Viganò morì nel 1928 “vinto da cinque anni di indicibili amarezze“.

Distruzione a Darfo (www.pegliese.it)

Testimonianze

I racconti dei testimoni raccolti nel tempo sono state pubblicate in alcuni libri. Alcuni stralci sono disponibili sul sito www.scalve.it.

Perché la Diga del Gleno è crollata ?

Il Disastro del Gleno rappresenta un esempio macroscopico degli effetti di un’approssimativa progettazione e malcostruzione di una diga. La scelta (dettata da ragioni puramente economiche) di variare in corso d’opera la tipologia stessa della Diga ha rappresentato una sorta di bestemmia strutturale.

Le dighe ad archi multipli presupponevano un ottimo terreno d’appoggio poiché le volte hanno la funzione di trasmettere gli elevati carichi alle fondazioni. Quest’ultime devono essere dunque incastonate in roccia compatta ed integra. A Pian del Gleno le rocce subivano gli effetti degradanti del gelo e disgelo ed inoltre erano state sottoposte all’azione dei ghiacciai durante le glaciazioni. Ma, anche tralasciando il fattore geologico dell’area, ben undici arcate furono appoggiate direttamente sul tampone a gravità inizialmente costruito. Si creò una pericolosissima discontinuità strutturale. Solo un’accuratissima esecuzione delle opere avrebbe garantito un certo grado di sicurezza. Durante la fase istruttoria del processo vennero sentiti molti testimoni. Il quadro che ne risultò fu agghiacciante. I materiali utilizzati erano di qualità pessima, mentre le armature erano quantitativamente insufficienti. Non solo: le imprese che lavorarono sotto la supervisione del Viganò (impresario all’antica, che non tollerava l’intrusione di ingegneri in cantiere e gli sprechi di materiale) vennero pagate a cottimo e quindi meno tempo vi impiegavano tanto era di guadagnato. Durante i carotaggi sulla struttura eseguiti dai periti dopo il disastro, venne evidenziato che in alcuni casi i muratori avevano gettato direttamente i sacchi di cemento all’interno dei piloni! Ed ancora: venne criticato il tempo di maturazione del cemento delle arcate. Testimonianze affermarono che i muratori, nelle ultime fasi di costruzione, lavorarono direttamente sulle barche: si riempiva il lago mano a mano che i lavori progredivano !! Con queste premesse (e ve ne furono molte altre) il disastro fu inevitabile. Al contrario del Vajont non vi fu nessuna corsa al collaudo perché non vi fu alcun collaudo.

Itinerari escursionistici

La diga è raggiungibile dalla frazione Pianezza, percorrendo il sentiero CAI n.411. Per una descrizione del percorso si può far riferimento al già citato sito www.molare.net, nella sezione dedicata al Gleno.

APE Brescia e Kamunia escursionismo hanno organizzato un’escursione alla diga in occasione dell’anniversario del crollo. Sulla pagina dell’evento potete trovare la descrizione del percorso seguito e numerose foto scattate ai piedi delle rovine e nelle valli circostanti.

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Lavori in corso

Dalla pagina di Garda-outdoors, il video della ciclabile sospesa di Limone sul Garda

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Nuovi finanziamenti per la ciclabile dell’Oglio

Buone notizie

Fondazione Cariplo stanzia risorse per rendere ciclabile l’asse del Fiume Oglio

Il percorso misura quasi 300 km dal bresciano Passo del Tonale fino al Po

welfarenetwork, 26/11/2017

Anche nell’edizione 2017 del bando di Fondazione Cariplo dedicato alle BREZZE (le ciclabili che confluiscono verso il Po e la sua ciclabile VENTO), l’Oglio Po ha ottenuto contributi per il territorio.

Il progetto è stato proposto a Cariplo in continuità con la cordata che aveva realizzato lo Studio di Fattibilità per la ciclabile dell’Oglio, promossa dai GAL (Valle Camonica Val di Scalve, Oglio Po terre d’acqua), dai Parchi e dalle Comunità Montane (Adamello, Oglio Sud, Comunità Montana del Sebino Bresciano) in collaborazione con la FIAB Brescia.

Con il coordinamento territoriale del GAL Oglio Po terre d’acqua (partner referente per le azioni di governance), il tratto ciclabile sull’Oglio interessato dal progetto coinvolge i comuni di Piadena e Ostiano, e il Parco Oglio Sud che ha predisposto la ricognizione degli interventi prioritari sul territorio.

“Stiamo lavorando con costanza e grande impegno” spiega Ivana Cavazzini (sostenitrice dell’iniziativa non solo come Sindaco di Piadena ma anche come consigliere provinciale rappresentante per il cremonese) “proseguendo con la logica di integrare i fondi secondo un approccio di multi finanziamento, logica rafforzata molto con il GAL. Nel mio caso, per esempio, l’intervento è collegato alle risorse finanziate dalla Regione Lombardia sullo stesso tratto.”

Piadena ha proposto l’intervento di messa in sicurezza del tracciato in sponda destra del fiume Oglio, Ostiano invece partecipa con la realizzazione di un tratto di pista ciclopedonale a lato della SP38, per la messa in sicurezza del passaggio sul ponte sul fiume Oglio.

Lorenzo Locatelli, Sindaco di Ostiano, rinnova l’attenzione alla valorizzazione territoriale e al turismo lento “investire nelle ciclabili significa puntare su un’economia del territorio nuova, dove il cicloturismo rappresenta un’opportunità di indotto economico per i piccoli comuni e l’imprenditoria locale”.

A breve verranno avviati i lavori del partenariato, con capofila il bresciano (GAL Valle Camonica Val di Scalve, e i partner Comunità Montana Valle Camonica – Parco dell’Adamello, Comune di Pisogne, Comunità Montana del Sebino Bresciano, Parco Oglio Nord).

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La Valle delle Cartiere

(Ovvero: il posto che non ti aspetti, praticamente dietro casa)

Maina inferiore – sede del Museo della Carta

Un paio di anni fa, dopo una estenuante coda in uscita al casello di Sirmione, ci eravamo detti “mai più Pasquetta sul lago”. Questa volta invece ci siamo azzardati a ripetere l’esperienza, e devo dire che, nonostante il traffico al rientro, ne valeva la pena.

L’occasione è stata data da una nuova iniziativa dell’Arci di Persichello (un paesino vicino a Cremona), che ha iniziato una collaborazione con l’APE di Brescia (APE non nel senso di ape-ritivo, ma di Associazione Proletaria Escursionisti, in un’altra occasione vi racconterò di che si tratta). L’idea è quella di organizzare una serie di uscite collettive in montagna, la prima delle quali era fissata proprio per il giorno di Pasquetta. Meta decisamente a portata di mano, ovvero la Valle delle Cartiere: si tratta della valle del Toscolano, torrente che si getta nel Garda a Toscolano-Maderno.

Un po’ di storia

Una barca naufragò nel Garda; il vento spezzò l’albero e portò la vela ad incassarsi in una insenatura di Toscolano. La forza delle onde ridusse la vela in poltiglia ma l’esposizione al sole tornò a darle consistenza. Quando alcuni abitanti del luogo si resero conto che quel materiale era adatto alla scrittura fondarono la prima cartiera.

Questa è la leggenda che “spiega” la nascita e lo sviluppo della produzione cartaria, dal medioevo in poi, nella valle del Toscolano. Il fatto è che il torrente portava parecchia acqua, e le prime strutture per produrre carta dagli stracci sono nate qui già nel ‘400, via via ampliandosi e ammodernandosi. La stretta imboccatura della valle rendeva impossibile arrivare in valle con i carri, direttamente dal paese: gli stracci arrivavano a dorso d’asino dalle valli laterali (alcuni di questi percorsi sono ancora praticabili). Solo nella seconda metà del XIX secolo, grazie anche all’intervento dei proprietari delle cartiere della valle, è stata realizzata la strada di accesso dal lago, caratterizzata dalla presenza di alcune gallerie.

Info più approfondite potete trovarle QUI.

Accesso

L’imboccatura della valle è ben segnalato, dalla strada del lungo lago si seguono le indicazioni per Gaino, Valle delle Cartiere o Museo della Carta: arrivando davanti al municipio si gira a destra per poi tenere la sinistra (occhio ai cartelli per la valle). Ci si intrufola nella stretta strada che, grazie a qualche galleria, permette di raggiungere il parcheggio (gratuito). Lo spazio non è molto, in ogni caso dal paese dista circa 500m, volendo si può arrivare in valle anche con il trenino turistico.

Mappa del percorso (spudoratamente rubata dalla pagina dell’evento)

L’escursione

Il tracciato scelto è alla portata di quasi tutti: per non fare solo la camminata di fondovalle ci è stato proposto di percorrere un giro ad anello sulle tracce dei vecchi sentieri di accesso alla valle e di servizio per le attività delle cartiere. Il sentiero delle Calchere risale il versante in destra idrografica, passando accanto ai vecchi manufatti che venivano utilizzati per produrre la calce, materiale utilizzato nel ciclo produttivo della carta, con funzione di sbiancante e disinfettante.

Lo sviluppo totale è di circa 8km, la quota massima toccata è 290m slm. Temo di percorrenza netto: circa 2h30′.

Calchera

Panorama dal sentiero delle Calchere. E’ visibile la stretta imboccatura della valle

Dal parcheggio abbiamo seguito la strada di fondovalle fino al Museo (in località Maina inferiore), proseguendo ulteriormente fino a ponte di Maina Superiore. Qui si imbocca, appunto, il sentiero delle calchere, che si snoda, su forestali e sentieri, nel bel bosco sovrastante Maina. Passando accanto ad alcune abitazioni e ai resti delle vasche di produzione della calce, si raggiunge un belvedere da cui risulta evidentissima la “V” che segna lo stretto ingresso nella valle. Si prosegue in quota per poi scendere, con alcuni tornanti, fino alla chiesetta di Luseti (risale al ‘500) e all’adiacente campo scout. Le strutture qui presenti sono ciò che rimane dei vecchi opifici, risalendo la valle lungo il corso del Toscolano in pratica si cammina tra, e sopra, le rovine, raggiungendo la Forra di Covoli.

Forra di Covoli

Forra di Covoli – Torrente Toscolano

Torrente Toscolano nei pressi di Luseti

Rientrati a Luseti abbiamo percorso la strada di fondovalle. Poco sotto Luseti si incontrano le rovine di una struttura caratterizzata dalla presenza di più locali (alcuni dei quali parzialmente scavati nella roccia) realizzati in epoche successive, qui è ben visibile il canale realizzato per deviare il torrente per poter azionare i mulini che muovevano i macchinari.

Edificio nei pressi di Luseti – vasche scavate nella roccia

Edificio nei pressi di Luseti – interno di uno dei locali più antichi

Edificio nei pressi di Luseti – Canale di servizio per funzionamento mulini

Più a valle, altre rovine risultano visibili, le più recenti (e più grandi) sono parzialmente realizzate in cemento armato. Per alcune strutture sono in atto interventi di messa in sicurezza, per poterle rendere accessibili.

Vecchio ponte in legno

Il paesaggio è, nel complesso, molto particolare, perché mescola la natura, a tratti selvaggia, e l’opera dell’uomo, con la prima che, complici il tempo che passa, le frane e le intemperie, sta avendo il sopravvento sulla seconda. E’ quindi fondamentale che le opere più importanti vengano adeguatamente restaurate, per non smarrire la testimonianza di un’epoca importante per queste terre.

Il museo

In località Maina Inferiore, ha sede, in una cartiera ristrutturata, il Museo della carta. Qui si viene guidati lungo il percorso che dagli stracci permetteva di ottenere carta pregiata, secondo il metodo tradizionale: la cernita, la macerazione in acqua e calce, la riduzione in poltiglia degli stracci, la creazione dei fogli, la loro pressatura e successiva asciugatura, il trattamento impermeabilizzante con colla animale, la lisciatura. Successivamente alcuni macchinari (come il cilindro olandese) hanno consentito di aumentare la produzione. Con la costruzione della nuova cartiera in riva al lago (proprietà Burgo), e con l’introduzione dei macchinari a ciclo continuo, la produzione in valle si è progressivamente ridotta.

Il locale asciugatura

Attrezzatura per trattamento con la colla

Tamburina (macchina per produzione in ciclo continuo)

Nel museo c’è spazio anche per esemplari di libri stampati dai Paganini (famiglia di stampatori attivi nel ‘500) per i principali signori dei secoli scorsi, nonché per filigrane artistiche e per documenti storici.

Libretto di lavoro di un residente in valle.

Info

Sito web Valle delle Cartiere

Itinerari ad anello nel Comune di Toscolano Maderno

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Coppa Cobram 2016

Coppa Cobram Inside Garda – Edizione speciale 2016

Gara ciclistica amatoriale e demenziale a velocità moderata, assolutamente non competitiva e a numero chiuso! #pedalilei!

La Coppa Cobram del Garda nasce a Desenzano del Garda, in via Castello nr. 25, nella bottega del Biciclettaio Matto, al secolo Mauro Bresciani.

Sono i primi mesi del 2014 e Mauro ha da poco aperto la sua bottega dove restaura e realizza biciclette uniche. Serviva un idea per promuoversi, per far conoscere al mondo le sue creazioni… un idea soprattutto divertente.

I libri di Fantozzi, Mauro, li ha letti e riletti tutti… i suoi film, non ricorda più quante volte li ha visti. La passione per le biciclette lascia affiorare nella sua mente (probabilmente anche un po’ malata) una malsana idea: perché non rievocare a Desenzano la Coppa Cobram di Fantozzi?

La prima edizione della famigerata ma tragica gara ciclistica, nel settembre del 2014, nasce proprio come omaggio al grandePaolo Villaggio. Chi di voi non lo ricorda nelle vesti dello sfortunato ragionier Fantozzi? Per una certa fascia generazionale, egli incarna “la meglio comicità italiana”, fatta di situazioni tragi-comiche ed equivoci che hanno reso Fantozzi uno dei personaggi più amati del piccolo e grande schermo. Ed è dalla visione del film Fantozzi contro tutti che il Biciclettaio Matto e soci hanno pensato di organizzare sul Lago di Garda la “temuta gara ciclistica” con tanto di abbigliamento a tema e biciclette storiche.

L’episodio dedicato alla Coppa Cobram inizia con la morte del direttore della Megaditta, sostituito dal cattivissimo Dottor Ing. Gran Mascalzon di Gran Croc. Visconte Cobram, fanatico di ciclismo. Il Visconte Cobram obbliga infatti tutti i dipendenti a durissimi allenamenti in bici in vista della gara che porterà addirittura il suo nome. Nonostante le cadute, le difficoltà estreme e l’arrampicata sulla Cima del Diavolo, Fantozzi riesce a tagliare il traguardo. Certo, è anche grazie allaBomba che il ragioniere pedala in solitudine all’arrivo… epica la scena della partenza in cui Fantozzi acquista la sostanza dopante – metredina, simpamina, aspirina, franceschina, cocaina e peperoncino di cayenne (ndr).

Nessuno di questi dettagli è stato trascurato nella prima edizione della Coppa Cobram del Garda: il Visconte, in una versione più sobria e soft, era presente. Numerosissimi i Fantozzi e i Filini. C’erano poi un paio di Signorine Silvani, la contessa Serbelloni Mazzanti vien dal Mare in tutto il suo splendore, ma anche qualche personaggio storico: Garibaldi a cavallo, il più azzeccato di tutti. Lungo il percorso, qualche Cima del Diavolo ha messo a dura prova i partecipanti che si sono poi rifocillati in una simil-trattoria al Curvone. Immancabile, potete immaginarlo, la Bomba: una sostanza leggermente alcolica e con un sentore di tabasco.

Tutto perfettamente orchestrato insomma per ricreare al meglio la “tragica gara”. Le numerose richieste ricevute e la massiccia presenza di televisioni e giornali, hanno dato all’evento un inaspettato successo, tanto che l’edizione del 2015 ha più che raddoppiato le iscrizioni e l’eco mediatico.

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XVI Caspolada al chiaro di luna

16CASPOLADA

La manifestazione “Caspolada al Chiaro di Luna” è divenuta fiore all’occhiello di Vezza d’Oglio, raggiungendo nelle ultime edizioni più di 4.000 partecipanti. Consiste in una passeggiata non competitiva in notturna che si svolge solitamente tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio in una serata di luna piena. Da un paio di anni si è aggiunta la gara competitiva destinata ai concorrenti più preparati atleticamente ed in possesso di un certificato di idoneità alla pratica dell’attività agonistica. La manifestazione richiama atleti ed appassionati da numerose regioni dell’Italia e da oltreconfine. Indossando ai piedi le racchette da neve (in dialetto caspe o caspole), partendo dal centro storico del paese, ci si avventura in un percorso completamente innevato che si snoda lungo il fondovalle, per una lunghezza di circa 9/10 Km, nelle bellissime pinete circostanti l’abitato. Per i meno allenati, o per chi vuole fare meno fatica, è previsto un percorso ridotto della lunghezza di circa 5/6 chilometri.

Tale evento può essere vissuto da tutti, piccoli e grandi, non necessita di alcuna preparazione atletica particolare e il tutto si svolge nella massima sicurezza. Bevande calde e prodotti tipici locali vengono distribuiti a tutti i partecipanti presso i ristori allestiti lungo il percorso; inoltre c’è la possibilità di cenare presso il Centro Eventi Adamello, trascorrendo una serata all’insegna dell’allegria e del divertimento.

Il chiarore quasi magico della luna, il calore emanato dalle numerose fiaccole e falò, il silenzio maestoso della montagna rotto a tratti dal vociare festoso della gente, gli scenari suggestivi che si aprono ad ogni passo fanno di questo evento un’esperienza da non perdere e un appuntamento denso di forti emozioni da vivere … e sicuramente da consigliare agli amici!

La manifestazione è gestita e organizzata da uno specifico Comitato che si avvale del sostegno e della collaborazione della Pro Loco, dell’Amministrazione Comunale di Vezza d’Oglio e da tutte le associazioni di volontariato presenti sul territorio; da non dimenticare il contributo della Comunità Montana e del Consorzio Bim di Vallecamonica, della Provincia di Brescia e della Regione Lombardia.

Il programma prevede: a partire dalle ore 10:00 il ritiro del materiale di gara e delle caspole presso la palestra comunale di Vezza; dalle ore 17:00 il ritrovo nella Piazza IV Luglio 1866 animata da intrattenimenti musicali e alle ore 19:00 la partenza.

L’arrivo dei primi concorrenti è previsto a partire dalle ore 20:00 presso il Centro Eventi Adamello, dove viene servita la cena per tutti i concorrenti, e dove si svolgono le premiazioni.

Per tutte le informazioni è possibile contattare la Pro Loco al numero 0364-76131, oppure si può consultare il sito www.caspolada.it

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