Articoli con tag: sicurezza

Piede a terra – Ricordando Michele Scarponi

Fonte: upcyclecafe.it

Michele Scarponi era un campione, sapeva vincere e aspettare, un po’ come capitano e un po’ come gregario. Il suo dono oggi per tutti noi è il richiamo all’attenzione e al rispetto sulle strade, affinché tutti, ciclisti e non, possano condividere quelle lingue d’asfalto troppo spesso infernali.

Upcycle raccoglie la denuncia che a gran voce Marco Scarponi e la Fondazione, intitolata a suo fratello Michele, portano in giro per l’Italia, perché sono sempre troppi gli incidenti che coinvolgono ciclisti sulle nostre strade, durante una passeggiata e mentre vanno al lavoro, durante gli allenamenti e nelle gare agonistiche.

“Non lasciatemi solo” ha recentemente detto Marco e noi l’abbiamo invitato a Milano perché pensiamo che Michele sia scomparso anche a causa dell’indifferenza del nostro Paese e delle nostre città sul tema della sicurezza.

Nel ricordo della figura di Michele, vi invitiamo a parlarne con noi e insieme a Paolo Pinzuti di Bikeitalia e Marco Mazzei di Milano Bicycle Coalition per trasformare la tragedia di molti in un futuro più sicuro. Anche a Milano.

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Non si può morire così – resoconto

di Milano Bicycle Coalition

Grazie davvero a tutte e tutti per la partecipazione (*), è stata una serata molto triste per la circostanze, ma speriamo davvero che da questa tragedia possa riprendere forza e vigore un certo modo di stare in bici in città che dobbiamo portare avanti per cercare di ottenere qualcosa. In altre parole: facciamoci sentire anche quando non ci sono tragedie.

Per quello che riguarda l’incontro che c’è stato tra l’assessore Granelli, alcuni consiglieri comunali di maggioranza e una delegazione di rappresentanti di associazioni e singoli ciclisti:
– sono state smentite le ipotesi di limitare l’uso della bici nelle zone dei cantieri o di permetterlo solo conducendo le bici a mano;
– i consiglieri presenti si sono impegnati a costituire un intergruppo “amici della bicicletta” trasversale a tutte le forze politiche che possa funzionare da grimaldello all’interno del Consiglio e delle istituzioni (entro luglio);
– è stato chiesto di utilizzare le osservazioni che si possono fare al Pums (Piano urbano della mobilità sostenibile) entro fine settembre per fare proposte concrete sui nostri temi.

Terremo aggiornati tutti attraverso questa pagina.

(marco)

Flash mob davanti a Palazzo Marino (gallery fotografica)

(*) Non si può morire così – presidio e biciclettata

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Non si può morire così

Non si può morire così – presidio e biciclettata

Un altro ciclista morto in modo atroce in pieno centro a Milano.

Un altro ciclista assassinato da un angolo cieco, forse dalla distrazione di un guidatore. Oppure chissà solo inciampato tra rotaie e pavè.

Un altro ciclista come avremmo potuto essere noi.

Gli incidenti possono accadere, ma questa città è sempre meno amica di ciclisti e pedoni. E i cantieri di M4 hanno peggiorato la situazione, visto che si pensa sempre prima alle esigenze degli utenti automobilistici e poi a tutti gli altri, forse.

Portiamo una ghost bike e poi andiamo in bicicletta a Palazzo Marino, dove sarà in corso il Consiglio Comunale.

Il ritrovo è

Lunedì 10/07/2017 ore 19.00

Piazza della Resistenza Partigiana

Organizzato da Milano Bicycle Coalition – Evento facebook con info

Qui il servizio su Telecolor

La proposta….niente bici dove ci sono i cantieri?

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Nicky, Julia e gli altri

35 anni. Una vita vissuta a 300 all’ora, pieghe e contropieghe, per poi morire a 30 all’ora in giro in bici.

E’ stato con queste parole, dette dal mio compagno, che ho saputo che Nicky Haiden non ce l’aveva fatta. Al dolore per la morte di un ragazzo di 10 anni più giovane di me, che se si tratta di persona famosa (o di un bambino) la morte di un estraneo la senti un po’ anche tua, si affiancano i ricordi di altre persone che, dopo una vita vissuta pericolosamente, sono arrivati al capolinea facendo cose “normali”. Da appassionata di montagna e fassana mancata mi viene in mente Tita Piaz, che si è schiantato contro la fontana di Pera di Fassa perché i freni della bici non funzionavano, e poi il mio mito Patrick Edlinger, vittima di un incidente domestico.

Ma la bici… di incidenti che coinvolgono ciclisti ne capitano tanti, troppi. Quando ho saputo di Michele Scarponi, investito (a quanto pare) da un amico di famiglia, sono rimasta pietrificata. La notizia del rischio corso da Chris Froome in allenamento a Montecarlo mi ha fatto incazzare. Poi Haiden. E la triatleta Julia Viellehner, agganciata da un camion mentre si allenava e deceduta nello stesso ospedale dove è morto Haiden. E le tante persone comuni di cui nessuno parla… la memoria torna alla fine degli anni ’70, quando il fratello di una mia amica è stato investito da un camion. Aveva solo 7 anni.

Io ho sempre avuto paura ad andare in bici su strada. Poche piste ciclabili (le poche che trovi magari hanno pure i cordoli pericolosi), i camion e le macchine che ti passano accanto senza farsi troppi problemi. E poi senti i ciclisti professionisti che ti parlano della differenza culturale fra l’Italia ed altre nazioni, dove la regola del metro e mezzo di distanza da tenere in fase di sorpasso è un dogma, mentre da noi siamo ancora in alto mare, sia dal punto di vista normativo che dell’atteggiamento di buona parte degli automobilisti. Lo scorso anno, nel lodigiano, un sabato mattina è stato falciato un intero gruppo di ciclisti…

Ma, diciamolo, spesso anche i ciclisti ci mettono del loro. Niente caschetto, fari spenti la sera, cuffiette mentre si va in giro, tratti percorsi contromano in allegria. La pista ciclabile fatta da poco e ti trovi il nonno (col piccolo sul seggiolino) sulla stretta banchina dall’altro lato della carreggiata. Per non parlare della mamma fenomeno che ho insultato un paio di anni fa perché, in bici con bimbetto sul seggiolino anteriore, stava rispondendo al cellulare mentre percorreva una rotonda. E, se non ho capito male, Haiden era uscito un po’ troppo allegramente da uno stop.

Bisogna investire in sicurezza, in infrastrutture che consentano una netta separazione fra traffico motorizzato e percorsi ciclopedonali. Ma bisogna investire anche a livello formativo, perché ai bambini deve venire spontaneo mettere il caschetto, i catarifrangenti, rispettare le regole del codice della strada…così magari fanno un bel cazziatone ai genitori esuberanti. Ci vogliono più controlli, perché spesso si lascia correre…. che vuoi che sia, è uno in bici…

Il rischio, per quanto lo si possa ridurre, non si può abbattere. Prudenza e buon senso in ogni caso, anche perché un Nibali non si può certo allenare su una ciclabile facendo lo slalom fra vecchietti e passeggini, e te lo potesti trovare accanto al prossimo stop.

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Un metro e mezzo di civiltà anche in Italia?

di Raffaele Di Marcello – fiab-onlus.it, 13/02/2017

Presentato in Senato un disegno di legge che modifica l’art. 148 del Codice della Strada.

Il disegno di legge n. S.2658, proposto dal Senatore Michelino Davico il 19 gennaio scorso, propone di inserire all’articolo 148 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dopo il comma 3, il comma 3-bis: “È vietato il sorpasso di un velocipede a una distanza laterale minima inferiore a un metro e mezzo”, estendendo la sanzione amministrava del divieto di sorpasso anche a chi “non rispetti la distanza minima di cui al comma 3-bis”.

Una piccola modifica al codice della strada che costituirebbe, se approvato (e ci auguriamo lo sia presto), un grande passo avanti per la sicurezza di chi, quotidianamente, utilizza la bicicletta per andare a lavoro o a scuola, per divertimento o per attività sportive.

I codici della strada di Spagna e Francia già prevedono la distanza di 1,50 m per il sorpasso dei ciclisti, e gli stessi paesi hanno messo in atto campagne informative, corredate da cartelli stradali appositi e pubblicità, sul retro di bus sulla necessità di rispettare tale limite. Si spera che, a breve, anche l’Italia adotti una norma di buon senso e civiltà.

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Distanza di sicurezza

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Distanza di sicurezza

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#30elode, strade sicure

E per i bambini un concorso: “Caro Renzi, vorrei andare in bici perché…”

#30elode, per strade più sicure

La riforma del Codice della Strada è l’occasione per allargare a tutte le strade urbane le “zone 30”, quelle in cui non può essere superato il limite dei 30 km/h. Una campagna della Federazione italiana degli amici della bicicletta chiede al governo di far prevalere l’interesse di pedoni e ciclisti, utenti vulnerabili, su quello degli automobilisti

altreconomia.it, 02/10/2015

Se un auto e un pedone si scontrano, e l’auto viaggia a 50 chilometri orari, l’impatto equivale a una caduta da 9 metri d’altezza. Se quell’auto viaggiasse a 30 km/h, invece, sarebbe paragonabile a una caduta da 3,6 metri, che può essere fatale solo nel 5% dei casi. È questo solo uno dei motivi che -secondo la Federazione italiana degli amici della bicicletta (FIAB)- dovrebbe portare il governo italiano ad inserire nel nuovo Codice della Strada il limite dei 30 km/h come standard di velocità per le strade urbane.

In occasione della ripresa della discussione della legge delega per la modifica al Codice, FIAB ha così promosso la campagna nazionale #30elode, sul tema della sicurezza nelle città, con un incontro stampa a Montecitorio e gli interventi dei deputati Paolo Gandolfi e Mirko Busto, del Gruppo interparlamentare della mobilità nuova e ciclistica.

Tra le modifiche richieste per il Codice della Strada, molte riguardano chi si muove in bicicletta: la velocità delle auto è infatti la prima causa di mortalità per chi viaggia in bici.

L’iniziativa #30elode di FIAB vede protagonisti in primis i bambini di tutta Italia, invitati a mandare dei messaggi al governo attraverso il concorso “Caro Renzi, vorrei andare in bici perché…”: il Parlamento e l’esecutivo devono prendere provvedimenti volti a tutelare l’utenza vulnerabile della strada, per garantire sicurezza per chi si muove a piedi o in bicicletta.

“In contesti urbani ormai caratterizzati da una mobilità motorizzata e spesso con alta velocità, sentiamo tutti l’esigenza di città diverse, dove muoversi in libertà e sicurezza anche a piedi o in bicicletta per andare a scuola, al lavoro, a fare la spesa o ai giardinetti sotto casa -ha spiegato Giulietta Pagliaccio, presidente nazionale FIAB-. L’iniziativa #30elode coinvolge direttamente i bambini che rappresentano le generazioni future: dopo tanti infruttuosi tentativi, ci auguriamo che le esigenze e i desideri dei più piccoli possano essere la vera scintilla per un concreto cambiamento verso una mobilità più sostenibile per le persone e per l’ambiente”.

Il video di presentazione della campagna #30elode di FIAB, già on line su http://www.30elode.org, dà il via al concorso a premi di dieci settimane riservato ai bambini tra i 6 e i 13 anni: per partecipare i ragazzi devono scrivere una email di circa 1000 battute che, iniziando con “Caro Renzi, vorrei andare in bici perché…”, racconti le motivazioni e i desideri personali di questa richiesta.

Le lettere vanno inviate entro metà dicembre all’indirizzo matteo.renzi@30elode.org e saranno pubblicate sul sito http://www.30elode.org e condivise su Facebook e Twitter.

Ogni settimana i giovani autori dei messaggi che ottengono il maggior numero di visualizzazioni-nell’arco di 7 giorni dalla messa on line su 30elode.org e sulla base delle statistiche di Google Analytics- riceveranno dei bellissimi premi: una bicicletta Lombardo da bambino o ragazzo, una maglia da campione del mondo di ciclismo Santini, kit luci e altri accessori per la bicicletta offerti dagli altri sponsor (Shimano, Confindustria-Ancma) e una copia del libro “Più bici più piaci” di Paolo Pinzuti.

Il concorso “Caro Renzi, vorrei andare in bici perché…” terminerà alla vigilia di Natale con l’estrazione di un grande premio finale. “L’augurio di FIAB per tutti i bambini -dice ancora Giulietta Pagliaccio- è di trovare sotto l’albero anche il regalo dei nostri legislatori che, riformando il Codice della Strada, tengano in considerazione le esigenze dei cittadini del domani”.

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Le città bike-friendly sono anche più ricche

Le città bike-friendly sono più ricche oltre che più sicure: questo è la conclusione di un ampio studio portato avanti dall’Università della California nell’ambito del programma Active Living.

Tuttogreen, 03/07/2015

La mobilità sostenibile è stata tradizionalmente associata ad una tematica strettamente correlata alla questione ambientale e spesso lasciata alla sensibilità individuale rispetto all’impatto che semplici abitudini quotidiane possono avere sulle sorti del Pianeta ma in realtà si tratta anche di una questione economica, e le città bike-friendly rappresentano bene questo nuovo paradigma.

E’ provato che le città dove i trasporti sono più sostenibili, che promuovono l’uso di mezzi di mobilità ecologici, come le bici, sono anche anche le più ricche.

In effetti sembra che le città in cui i residenti sono più attivi fisicamente presentano un notevole vantaggio rispetto ad altri cittadini più avvezzi alla sedentarietà, misurato attraverso una migliore produttività economica, migliori prestazioni scolastiche oltre ad una popolazione più in salute.

Secondo un report prodotto dall’Università della California – San Diego, le città, all’interno di una società globalizzata e competitiva, hanno l’imperativo economico di promuovere e favorire forme di mobilità sostenibile (camminare, andare in bici e utilizzare i mezzi del trasporto pubblico) oltre ad aumentare la disponibilità di spazi verdi e disincentivare l’uso dell’auto.

Questa ricerca analizza più di 500 studi già esistenti provenienti da oltre 17 Paesi per tracciare un profilo complessivo degli effetti di un incremento dell’attività fisica nel contesto urbano.

Nel complesso si rivela come i progetti che includono camminare e usare la bici in città comportino un ritorno in termini di benefici economici, quantificabili in circa 20 dollari per 1,50 dollari investiti. Ciò avviene grazie ad un aumento delle opportunità commerciali per i negozi locali, da una minore congestione causata dal traffico e da una riduzione del tasso di inquinamento cittadino. In sintesi, quindi, le città bikefriendly si rivelano tendenzialmente più ricche delle altre.

Forse affrontare la questione della mobilità sostenibile anche in termini di ritorno economico può costituire una valida attrattiva sia per i governanti (tramite semplici misure, come l’incremento di spazi aperti e aree verdi e la realizzazione di piste ciclabili) che per i cittadini, chiamati a contribuire con uno stile di vita più attivo con l’incentivo di un aumento della ricchezza della propria città.

La ricerca della University of California ha individuato 5 aree dello spazio urbano in cui intervenendo si aumenta la possibilità che gli abitanti prendano la bici o vadano a piedi invece che usare l’auto:

  • Spazi pubblici e parchi: far in modo che gli abitanti possano vivere vicino a degli spazi verdi e percorsi di jogging o passeggiate ‘verdi’ separate dalla strada
  • Design urbano: quartieri progettati per un uso misto, sia per per auto che piste ciclabili e pedoni, rendendo le strade sicure per tutti non solo per chi le percorre in auto.
  • Trasporti: infrastrutture per l’uso della bici e per camminare: una rete di mezzi pubblici sicura e accessibile
  • Scuole: vicine a dove vivono gli studenti che le frequentano, scuole di quartiere in cui poter fare anche degli esercizi fisici
  • Abitazioni e uffici: incoraggiare l’attività fisica con scale accessibili e parcheggi più lontani

Il paper evidenzia una serie di iniziative che le cittadine possono attuare per promuovere l’attività fisica dei propri abitanti, pubblicizzando ad esempio il fatto che le strade senza auto parcheggiate hanno un minore tasso di crimini, o anche, che gli studenti attivi fanno meglio anche negli studi, e che l’attività e il movimento aiutano a mantenere la salute sia fisica che mentale.

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