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Traversata Contrin – San Nicolò

La traversata Alba di Canazei – Pozza di Fassa via Passo San Nicolò è un classico, o meglio… lo era quando ero giovane. Nell’epoca dei social, nella quale gli itinerari sono scelti in base alle foto su Instagram e sui consigli letti nei gruppi Facebook, le due valli, separatamente, sono inserite nelle categorie “escursioni facili per famiglie con bambini” e spesso snobbate da chi mira ad escursioni più corpose, per le quali viene privilegiato l’altro versante della val di Fassa. Invece le due valli possono essere considerate partenza o arrivo di traversate impegnative o giri potenzialmente “epici” e dai paesaggio mozzafiato. La traversata da Alba a Pozza non è difficile ma permette di apprezzare in pieno gli aspetti paesaggisticamente più rilevanti delle due valli, gettando uno sguardo verso le vette circostanti e… attraversando la storia geologica (e non solo) di queste valli.

Noi abbiamo deciso di affrontare il percorso da Alba, per motivi logistici e… “ortopedici”.

Percorso

Con l’autobus ci rechiamo ad Alba di Canazei e scendiamo alla stazione della funivia per Ciampac e Col dei Rossi. La partenza del sentiero è ai margini del bosco, praticamente sotto i cavi della funivia del Ciampac: guardando verso monte, sulla sinistra si trova il segnavia 602.

Si percorre la forestale per la Val Contrin, che inizialmente è pianeggiante ma ben presto svela la sua vera natura: una sequenza di rampe ripide e tornanti. Il “gradino” fra il fondovalle e Baita Locia Contrin, dove inizia la valle pensile, è di circa 250m. Fortunatamente un sentiero un po’ ripido permette di tagliare i tornanti, rendendo più varia la salita e, secondo il mio punto di vista, pure meno faticosa (preferisco di gran lunga un sentiero a una forestale, ma è questione di gusti). Lungo il sentiero è stato allestito un percorso tematico per bambini, con le storie della mucca Ombretta e del suo latte.

Raggiungiamo Baita Locia Contrin abbastanza rapidamente, qui la valle spiana e si procede spediti. Varcando un ampio cancello in legno si entra in un nuovo mondo: davanti noi la Cima di Ombretta, sulla sinistra le incombenti pareti calcaree del Gran Vernel, a destra la dolomia del Colac. In mezzo, una valle verdissima percorsa da un torrente dal greto ampio. Qui è stata recuperata una vecchia calchera, accanto alcuni escursionisti particolarmente creativi ha allestito un esercito di “ometti”, a cui l’esercito di terracotta fa un baffo 🙂 . Alle nostre spalle fa capolino il Gruppo del Sassolungo.

Più avanti, sulla destra, un paletto orfano di cartello indica dove era la partenza del sentiero per la Forcia Neigra, ora chiuso, che consentiva di raggiungere la conca del Ciampac (adesso bisogna passare dal Passo San Nicolò) . Sempre sulla sterrata, si raggiunge il ponte in legno sul Contrin: qui c’è la deviazione che porta direttamente al Passo, noi invece proseguiamo verso il Rifugio Contrin.

Passato il torrente, la strada alterna tratti dolci a strappi più ripidi. Si passa accanto a Baita Cianci, si prosegue ancora per superare le ultime rampe, finché sulla nostra sinistra appare il muro di sostegno del terrapieno su cui sorge il Contrin, con gli ombrelloni rossi (circa 1h50′ dall’inizio della salita, senza correre troppo). Ed è qui che inizia la parte più bella della valle: proprio dietro il rifugio parte il sentiero che porta alla Val Rosalia e al Passo di Ombretta, con la cima innevata della Marmolada che fa capolino dalla forcella. Da qui la maestosità della parete sud si intuisce appena, ma garantisco che trovarsi al cospetto di quei 900m di calcare fa impressione.

I prati dietro al rifugio, salendo verso il Passo di Ombretta, sono il regno delle marmotte. Se invece si prosegue sulla forestale, ad appena 10 minuti c’è la Malga Contrin, dove in passato abbiamo fatto scorta di jogurt fresco. Noi invece, dopo una breve pausa, ritorniamo accanto al rifugio e imbocchiamo il sentiero 608 in direzione Passo San Nicolò (tempo stimato un’ora).

Scendiamo fino al ponticello sul torrente, giunti sull’altra sponda ricominciamo a salire fra prati e sentieri ripidi, con le radici a costruire dei gradini naturali. Verso Est la vista si allarga verso le pareti di Marmolada e Gran Vernel. Guardando verso Nord, invece, balza all’occhio la forma ad U tipica delle valli di origine glaciale, che quasi abbraccia la sagoma del Sassolungo.

Saliamo ancora e usciamo sul pascolo, seguendo un sentiero che prima passa sul ghiaione ai piedi dei Laste de Contrin (da qui si vede anche Cima Uomo) e poi si inerpica in una zona solcata dai solchi di erosione causati dal ruscellamento dell’acqua piovana.

Ed è qui che, mentre ammiriamo il panorama che via via si apre, Ettore mi dice “ma quello che fa?”. Mi volto e vedo un tizio in e-mtb che sale lungo il sentiero. Ok, fin dove è arrivato ora si pedala (anche se sotto deve aver spinto un bel po’), ma già dove siamo noi è improponibile proseguire in sella. Incuriositi, lo lasciamo passare, augurandogli in bocca al lupo: lo avevamo sentito parlare con altri escursionisti, aveva intenzione di scendere in Val San Nicolò. Un po’ spingendo, un po’ sollevando il pesante arnese, procede piuttosto spedito, alla ricerca dei pochi tratti pedalabili. Quando raggiungiamo il tratto più dolce (e col fondo migliore) del sentiero, lui è già avanti.

Attorno a noi, lo spettacolo: ci troviamo su un terrazzino naturale, con il Gruppo del Sella che chiudere la vista verso Nord. Lo sguardo verso Est percorre le pareti del Gran Vernel e della Cima di Ombretta, con la sua conca che un tempo ospitava un nevaio, il tutto poggiante su strati di roccia di base caratterizzati da pieghe ben visibili, che si ripropongono anche lato Val San Nicolò, causando non pochi problemi. Percorriamo l’ultimo tratto di sentiero sostanzialmente pianeggiante che ci porta verso in rifugio, passando accanto accanto ad una mandria di vacche nere… svaccate a ruminare sul prato. Davanti a noi spuntano il Catinaccio, la Roda di Vael, il Latemar in lontananza, mentre ci avviciniamo al passo diventano riconoscibili le cime della Val San Nicolò.

Ed eccoci al rifugio! Sono forse 15 anni che non salgo quassù, ma l’edificio appare sostanzialmente uguale, con l’esterno in legno, le persiane rosse e bianche, la sala da pranzo spaziosa ma raccolta.

Ci sediamo sul prato per mangiare, quasi sulla cresta di sommità. Con lo sguardo verso valle, alla nostra sinistra abbiamo il “corno” del Col Ombert, nel quale sono visibili alcuni rifugi dalla Grande Guerra (altri sono presenti verso Buffaure e Colac, ma oggi non ci passiamo). In pratica, siamo su una specie di terrazza, lato Val San Nicolò il versante scende ripido, mentre verso Contrin sembra quasi un altopiano. Accanto a noi, c’è un signore con un cagnolino, poco in là vediamo il biker che si appresta a scendere. I tavoli esterni sono tutti occupati, mentre dentro al rifugio c’è poca gente. Potenza di settembre, della bella giornata e delle regole anti covid. Cafferino (che ci vuole sempre), bastoncini dimenticati appesi fuori dalla porta da andare a recuperare (questo era meglio evitarlo) e scendiamo.

Il sentiero percorre pianeggiante la cresta del valico, fino al segnale che indica il Passo. Qui si scende a sinistra.. Ops.. Ma non era qui il sentiero? Me lo ricordo bene: in sostanza la zona del passo si trova su un banco di roccia che lato San Nicolò tende a franare, il sentiero era stato ricavato lungo la parete rocciosa (qui da giovane avevo trovato dei fossili) e poi spostato e allargato. E’ però evidente che il sentiero non subisce manutenzione da un bel po’, il nuovo sentiero scende (già da un bel po’) lungo un costone relativamente stabile fra due zone franose e parte poco più avanti, lungo il sentiero che porta verso il Buffaure.

Cominciamo a scendere, su sentiero ripido ma ben tenuto, tutto sommato il biker che abbiamo incontrato durante la salita si sarà divertito! Raccogliendo qua e là qualche piccolo rifiuto o mascherina, raggiungiamo in breve tempo il bosco, mentre comincia a scendere qualche goccia. Il panorama sulla nostra destra è lunare: il versante destro della valle San Nicolò è costituito da ripidi pascoli sormontato a tratti da dolomia e roccia vulcanica, ma accanto a noi c’è un brullo canalone, roccia che pare sfogliarsi a cipolla lungo una piega degli strati di base, i cui frammenti precipitano a valle e vengono trascinati nelle piene. Spesso da queste parti si scatenano violenti temporali, il torrente può gonfiarsi rapidamente e innescare frane, con conseguenze anche drammatiche.

Nella parte bassa del percorso, un tratto del sentiero è franato, il passo si fa un po’ difficoltoso per superare radici, sassi, vuoti e dislivelli, sul morbido terreno scuro del sottobosco. Arriviamo poi a lato del torrente, sul fondovalle, il sentiero si innesta sulla sterrata poco sotto Baita alle Cascate. Percorriamo la strada in discesa, chiacchierando e guardandoci intorno. Io adoro questa valle, questi pascoli punteggiati da baite e fienili mi danno un senso di pace, ma quando vedo certe cose mi incazzo: santo cielo, se ti porti il cane a spasso e raccogli i suoi scarti organici sei persona educata, ma se poi infili il sacchetto in una tana di marmotta sei doppiamente coglione.

A proposito di senso di pace… Questi posti hanno visto cose che con la pace hanno ben poco a che fare: qui durante la grande guerra sorgeva un campo base dell’esercito austriaco. A ricordarlo ci sono cippi, lapidi, pannelli informativi… e alcuni reperti rinvenuti durante la ristrutturazione di una baita. La Val di Fassa era infatti territorio austriaco e il confine correva sulle cime vicine. La Val San Nicolò era il luogo ideale per alimentare la prima linea e i campi in quota, come quello che sorgeva ai piedi di Passo delle Selle. Su queste creste e nelle trincee di confine hanno trovato la morte tantissimi giovani strappati a famiglia e lavoro, o allo studio. Giovani parlanti mille lingue e dialetti, da una parte e dall’altra del confine, che la guerra l’hanno subita o nella quale hanno creduto prima di rendersi conto che essere mandati al macello sotto i colpi del nemico non ha nulla di romantico.

Ci fermiamo a Baita Ciampié per la merenda, per poi affrontare l’ultimo tratto asfaltato fino a Sauch, dove ora c’è la fermata della navetta.

Dati percorso

  • Lunghezza 15km 500m
  • Dislivello positivo 924m
  • Dislivello negativo 640m

Vedi il percorso su Strava

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Sempre santi e madonne…

Scorcio sul Catinaccio e i Dirupi di Larsech

E niente, sarà anche corto, ma il percorso da Pozza di Fassa alla Baita alle Cascate (Val San Nicolò) mi bastona sempre. Sarà la partenza pronti-via, sarà lo scarso allenamento, ma gli strappi su sterrato fra il Soldanella e Malga Crocefisso mi fanno sempre sanguinare le orecchie. E non è che il tratto in asfalto prima di Sauch sia una passeggiata…

Stavolta però, come per gli altri giri di quest anno, ho approfittato per provare il “baracchino” nuovo, il ciclocomputer che fa anche dei video di lunghezza limitata (9 secondi al massimo).

Questo è il primissimo esperimento di assemblaggio. Ho dovuto smadonnare un po’, perché uno dei programmi di assemblaggio non i importava i filmanti perché risultavano protetti, li ho dovuti importare prima con un altro programma. E comunque non mi ha fatto tagli e giunzioni in modo impeccabile, e, dulcis in fundo, alcune parti vanno a scatti e altre no… Insomma, devo ancora capire bene come “domare” il software (o se è il caso di passare ad altro). Però… sono soddisfatta della scelta musicale!!! 😀

Speriamo che il prossimo riesca meglio…

I Maerins e il Catinaccio dal prato antistante Baita alle Cascate

Col Ombert

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Lagusèl

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Per la serie “in montagna con lo gnomo” ecco a voi un’escursione formato famiglia, contenuta in termini di lunghezza e dislivello, che, tramite una forestale con fondo buono ma con tratti parecchio ripidi, vi conduce in un posto delizioso e un po’ nascosto, tutto sommato non molto frequentato.

Il Lagusèl si trova in sinistra idrografica della Val San Nicolò, è un piccolo lago originato dal rimodellamento dei versanti operato dai ghiacci e dall’accumulo di materiale franato dalle vette circostanti. I prati circostanti sono utilizzati da alcuni secoli come pascolo e per produzione di fieno, come testimoniato dalle numerose baite presenti nelle vicinanze (una risale al 1600 e rotti). Non ha immissari, è alimentato dall’acqua che filtra nel terreno lungo le sponde.

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Mezzo di trasporto

Si possono seguire tre diversi percorsi per arrivare qui:

  • Tramite una forestale (segnavia 640) che si stacca dalla Strada dei Rossi in corrispondenza di un sentierino che conduce a Mezza selva (è l’itinerario descritto in seguito);
  • Tramite un sentiero (n°641) che parte dalla Val Monzoni in località Pont da Ciàmp, poco sotto le rovine del rifugio omonimo, svalica in corrispondenza della Forcella dal Pièf e si affaccia su una conca a monte del lago;
  • Tramite un sentiero (n°641) che parte sempre da Strada dei Rossi in corrispondenza di un guado sul torrente, sale fino Sella Palàcia (situata circa 100m più in alto rispetto al lago) e scende nella conca; il sentiero è il proseguimento di quello che sale dalla Val Monzoni.

L’idea iniziale era quella di scendere per quest ultimo percorso, ma lo gnomo ha detto no, quindi abbiamo fatto avanti e indietro sullo stesso percorso.

Una piccola avvertenza: in tanti anni in val di Fassa l’unica zona dove ho visto delle vipere (sempre morte, a dire il vero…) è proprio questa. Sarà stata solo sfiga…ma occhio, non si sa mai…

mappa lagusèl

Mappa Val San Nicolò

Il percorso

Il punto di partenza è costituito dal parcheggio di Sauch (oltre con l’auto non si può andare) e si prende la Strada dei Rossi, che passa proprio accanto al parcheggio. Questa strada sterrata, che risale la valle abbastanza dolcemente costeggiando il torrente, è stata costruita dai prigionieri russi durante la Grande Guerra. Grazie all’esposizione e al fatto che corre quasi interamente nel bosco, costituisce una valida alternativa estiva alla strada di fondovalle, che è asfaltata ed interamente al sole.

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Maerins e cresta Buffaure da Strada dei Rossi

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Tronco #1

Si risale la valle per 15-20 minuti e si incontra la deviazione per il Lagusèl. E’ ben segnalata (l’indicazione riporta un tempo di percorrenza di 1h15′), lumgo il percorso sono presenti anche alcuni pannelli tematici, a dire il vero un po’ danneggiati. Proprio all’inizio della forestale per il lago c’è una cartina schematica con una poesia scritta dai bambini della quinta elementare di Pozza di… vent’anni fa. Ora questi bambini hanno trent’anni, magari hanno a loro volta figli che scrivono poesie sui luoghi magici della loro infanzia…

Da qui il percorso si fa decisamente più ripido, quasi interamente in un bosco abbastanza fitto, che comunque consente di ammirare la Val San Nicolò e la cresta che la separa da val Jumela e conca del Ciampac, con il rumore delle campane delle mucche al pascolo che via via si affievolisce. Lungo il tragitto si incontrano alcune deviazioni, non segnalate: si prosegue sempre lungo il tracciato principale.

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Sullo sfondo, la cresta del Buffaure

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Il Lagusèl

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Piccoli fotografi crescono

La strada passa successivamente su una frana relativamente recente, per poi rientrare nel bosco e risalire verso i primi pascoli, costellati da alcune baite. Si prosegue passando accanto ad una stalla in fase di ultimazione, sbucando poco oltre nella conca occupata dal lago.

Vi trovate davanti una pozza di acqua verdissima, con l’acqua che si increspa leggermente quando soffia una leggera brezza, cancellando momentaneamente l’immagine delle vette circostanti e delle nuvole che qui si riflettono come in uno specchio. Concedetevi una pausa qui, fate il giro del lago. A meno che non ci siano comitive rumorose, qui si sente solo l’occasionale fischio delle marmotte. Se poi volete proseguire da qui si può raggiungere la Val Monzoni, oppure, tramite il sentiero attrezzato Gino Badia, il lago delle Selle e l’omonimo passo (per questa escursione, dalla deviazione lungo la strada dei rossi, sono segnalate almeno tre ore, e ovviamente non è per bimbi…).

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Pic nic

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Tronco #2

 

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San Nicolò winter collection

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I Maerins

Dato che, col tempaccio che ha fatto ieri, in Val di Fassa ha nevicato anche a fondovalle, ne approfitto per scrivere due cose relativamente alla Val San Nicolò in versione invernale, e postare qualche foto fatta alcuni anni fa.

Questa valle, che a me piace un sacco, è splendida per ciaspolate in tutta sicurezza (attenzione solo alle motoslitte…che però vi fanno trovare il sentiero già battuto). Talmente in sicurezza che l’ho fatta fino a baita Ciampié incinta di due mesi (e col fagiolino in pancia ne ho fatte di peggio…cose che adesso non rifarei MAI).

Unico “difetto” è che, avendo orientazione Ovest- Est, in inverno è interamente in ombra, ad eccezione della zona vicino al parcheggio di Sauch.

La strada è aperta al traffico fino al ristorante Soldanella, camping Vidor. Oltre, la pista da sci di rientro (quella vecchia) passa sulla sede stradale.

Non riporto la descrizione del percorso, che in sostanza è la stessa del percorso in MTB di cui ho parlato qui. Unica differenza: non è necessario portarsi sulla strada dei russi, si può tranquillamente restare sulla strada principale, dalla quale si gode di un panorama più aperto…e dei raggi del sole.

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Fra Mezzaselva e Ciampié

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Col Ombert e Passo San Nicolò, da Baita alle Cascate

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Cresta del Buffaure e Catinaccio dalla Baita alle Cascate

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Cornice di neve…

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San Nicolò, il crocifisso e la Madonna

Una persona sana di mente che arriva in montagna senza allenamento (soprattutto senza aver fatto salite nell’ultimo anno) dovrebbe avere il buon senso di scegliere un percorso semplice, con pochi dislivelli.

“Sano di mente”, appunto…

Non volendo fare “avvicinamento” o spostare l’auto, avendo solo il pomeriggio a disposizione e partendo da Pozza ho scelto la val San Nicolò. In pratica… una delle escursioni con più dislivello fra quelle che potevo permettermi di fare (700m circa) e partenza pronti via. Un genio… per fortuna che è corta.

La val San Nicolò sbocca a Pozza di Fassa, dal paese (1300 circa) si sale inizialmente su asfalto e, alternando sterrato e asfalto, fino ai circa 2000m della Baita alle Cascate, ai piedi di passo San Nicolò e del Col Ombert. Sono solo 8 km,  più o meno.

A sinistra la cresta del Buffaure, a destra i gruppi Vallaccia e Monzoni.

Pur senza la deviazione in val Monzoni del percorso segnalato, come prima escursione per una mezza calzetta come me, che quando ha tempo di uscire in bici al massimo può fare gli argini di Po, non è certo una passeggiata,  viste anche le pendenze non proprio tranquille.

Note geologico-escursionistico-paesaggistiche

La valle ha orientazione Ovest, Est ed è molto bella. D’inverno si può percorrere per intero con le ciaspole, il problema è che, data l’orientazione, è quasi tutta in ombra. D’estate si presta per escursioni tranquille e pic nic, ed è punto di partenza/transito per escursioni più lunghe, ad esempio verso Lagusel, gruppi Monzoni e Vallaccia, per il giro del Col Ombert o la traversata verso la Val Contrin, o come itinerario di rientro per chi, proveniente dalla cresta del Buffaure o dal Ciampac, ha percorso il sentiero Pederiva.

In auto si può percorrere fino al parcheggio di Sauch, sono attivi il servizio trenino da Pozza a malga Ciampié e il servizio navetta verso Malga Crocifisso e Val Monzoni.

Osservando la cresta del Buffaure (destra idrografica, in sinistra salendo) si nota che alla roccia chiara (dolomia) che costituisce la parte bassa (sono evidenti i due speroni dei Maerins, le “rocce gemelle”) si sovrappone una roccia scurissima: sono i resti di eruzioni vulcaniche sottomarine che hanno “ucciso” la barriera corallina sottostante. Le zone del Buffaure e dei Monzoni sono un paradiso per i geologi. Verso Passo San Nicolò affiorano rocce stratificate (e io ci ho trovato dei fossili in passato).

Nb. se andate a caccia di fossili o minerali tenete presente che NON si possono rompere le rocce, si può solo raccogliere ciò che si trova.

snicolo google prosp

Il percorso

Partendo dal piazzale della cabinovia del Buffaure c’è la possibilità di percorrere un breve tratto di sterrato che passa accanto ad una centrale elettrica e si reimmette sulla strada asfaltata che risale la valle. Da qui sono meno di 700m  fino al ponte sul torrente davanti al ristorante Soldanella (1,150km da partenza)

Qui c’è la possibilità, senza fare il ponte,  di imboccare uno sterrato in sinistra idrografica del torrente (è la strada usata in inverno dalle motoslitte quando la strada è utilizzata come pista da sci).

Ed è qui che comincio a vedere la madonna. Ad ogni strappo tocco a terra con la lingua. Le gambe non vanno. E non è solo una mia sensazione: il cardiofrequenzimetro non mente, passo i 170. E meno male che sono nel bosco perché fa pure caldo. E giù il piedino perché sto per cascare  (e farsi vedere ad andare in stallo e ribaltarsi perché non si sganciano le scarpe non è mai bello).

Per fortuna arriva la discesa, verso la strada che sale dal paese, sulla quale ci si immette poco prima della deviazione verso la Val Monzoni. Qui (2,600km dalla partenza) c’è una chiesetta, punto di arrivo della via crucis. No, non la mia. Quella vera: dal paese lungo la strada asfaltata ci sono delle edicole con le stazioni della via crucis. Mi pare ci facciano la processione una volta al mese, di venerdì (ma vado a memoria, potrei sbagliarmi…). L’adiacente malga si chiama, non a caso “Crocefisso”.

Da qui, asfalto con alternanza di tratti tranquilli e rampe lunghe e micidiali. L’ultima è mortale, con pendenze fino al 18-19%.

E con la lingua a pulire l’asfalto si arriva al bivio (4,500km), alcune centinaia di metri prima del parcheggio di Sauch: si devia verso un tratto di discesa verso un ponte, ad innestarsi sulla “strada dei russi”, forestale realizzata da prigionieri russi all’epoca della grande guerra. Molto bella, fondo ottimo e pendenze soft, nel bosco.

Volendo è possibile proseguire lungo questa strada, ma più avanti diventa poco agevole da percorrere ed è poi necessario guadare sotto le cascate. Meglio attraversare in corrispondenza di uno dei guadi (con ponticello) in prossimità dell’incrocio con il sentiero 641. Di solito uso il secondo (7,250km), ha un ottimo fondo, anche se c’è sempre parecchia acqua. A farlo in discesa è un po’ bastardo, visto che in uscita si trova una rampetta e se non si sta attenti si finisce in acqua.

Curva secca a destra e si imbocca uno sterrato che sale nel bosco. Siamo quasi alla fine… Qui faccio un incontro inatteso: mi attraversa la strada un capriolo, spaventato da un biker che scende a tavoletta. È la prima volta che ne vedo uno da queste parti (di capriolo, ovviamente… 😉 ).

Questo invece è il regno delle marmotte. Ce ne sono parecchie, con tana anche a pochi metri dalla traccia che attraversa il prato che mi separa dalla meta.

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Una “local”

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Manca poco…

Ci si immette sulla strada che arriva dal paese, qui in sterrato e acciottolato e, con un ultimo strappo, si arriva alla Baita.

Il prato, gettonatissimo per Pic Nic con bambini, è ideale per lo “svacco”. E la Baita è “tattica”.

Una torta no, ma uno yogurt con miele me lo concedo…

Le cascate

Le cascate

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Baita alle cascate. Sullo sfondo, il Col Ombert

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Anche la mtb si riposa… (sullo sfondo, fra i pini, i Maerins)

Dati utili

Il percorso è indicato come “Tour 206”, attenzione che il tracciato segnalato a malga crocifisso devia verso i Monzoni.

Avendo avuto problemi col gps, ho tracciato percorso con google earth, i dati potrebbero non essere precisissimi.

Lunghezza (da parcheggio cabinovia a baita): 8.100km

Dislivello:655m

Pendenza max asfalto: 19%

Pendenza max sterrato: 17%

Fatto ultima volta: 04/08/2015

Nb. alcuni dati sul percorso integrale, così come segnalato in valle, potete trovarli qui.

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