Articoli con tag: Moena

Anello del Lusia variante Sottosassa – video

Ed eccolo, finalmente, in video del “girone” dell’estate 2018, l’anello Moena – Bellamonte – Lusia con partenza da Soraga, la cui descrizione è disponibile cliccando qui.

Categorie: i miei giri, mtb | Tag: , , , , , , , , | Lascia un commento

Anello del Lusia (variante Sottosassa)

Atto secondo

Torniamo sul Lusia.

La salita lato Moena l’ho descritta QUI, ma le possibilità di arrivare quassù in mtb aumentano se si considera la salita lato val Travignolo. Ci sono tre possibili percorsi di accesso, in particolare voglio descrivere qui un percorso ad anello che ho “scovato” questa estate, e che collega Moena, Predazzo e il Lusia, percorrendo la vecchia strada che passa nel canyon del Travignolo.

Verso Zaluna

I luoghi

Moena

Il nome del comune deriva da un termine veneto e ladino che è traducibile con “mollica”: va quindi inteso come “prati molli”. Il nome “Moena” lo si ritrova anche nell’antica leggenda di Re Laurino e della figlia Ladina che, innamorata del principe Latemar, si trasferisce a Rancolin per stargli più vicino mentre è in guerra, e decide di farsi chiamare Moena.

Pur facendo parte della Val di Fassa, Moena è da secoli aggregata alla Magnifica comunità di Fiemme. E’ un paesino grazioso, con i suoi 2700 abitanti è uno dei più grandi della valle, che con l’incremento del turismo si è ampliato forse troppo, e in alcuni casi con scelte stilistiche un tanticchia discutibili. Io l’ho sempre “schifata” perché, essendo costruita sullo snodo fra la val di Fassa e la valle San Pellegrino ed attraversata dalla statale, in piena stagione era troppo caotica. Ora invece la circonvallazione devia tutto il traffico in attraversamento, e il centro è decisamente più vivibile. Presso il teatro Navalge si può visitare la mostra La Gran Vera, dedicata alla Prima Guerra Mondiale.

Da Moena parte la Marcialonga di Fiemme e Fassa (notissima gara di fondo)

Predazzo

Si trova alla confluenza delle valli di Fiemme e Fassa. Il nome deriva da “prato grande”, il paese si è sviluppato a partire dalle baite costruite da contadini e pastori di Tesero. Ora ha 4500 abitanti. Attraversandolo ho avuto la sensazione che qui sia stato conservato più che in val di Fassa l’aspetto originale del centro abitato. Gli edifici di vecchia costruzione, dalla struttura massiccia, hanno conservato i colori originali e, in alcuni casi, le pareti affrescate, senza troppi orpelli in legno (in altre località ci si è fatti un po’ prendere la mano). Qui ha sede un museo geologico.

Predazzo era anche stazione di arrivo della ferrovia che saliva da Ora, smantellata negli anni sessanta.

La Val Travignolo e Forra di Sottosassa

Il torrente Travignolo nasce sulle Pale di San Martino, percorre la Val Venegia (consigliatissima, sia per escursioni tranquille sia per mtb) e poi percorre l’omonima valle fino a Predazzo. Forma il lago di Paneveggio (artificiale). La Forra di Sottosassa si trova fra la diga di Forte Buso e Predazzo, qui si può andare in mtb, fare semplici camminate anche con bambini piccoli, e si può arrampicare.

ll parco di Paneveggio

Il territorio del Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino è situato nelle Alpi Orientali (Dolomiti Trentino Orientale) e si sviluppa intorno ai bacini idrografici dei torrenti Cismon, Vanoi e Travignolo, comprendendo la Val Venegia, la Foresta di Paneveggio, un’ampia porzione del Gruppo delle Pale di San Martino, l’estremità orientale della catena del Lagorai e una parte della catena Lusia – Cima Bocche, aree che costituiscono Siti di Importanza Comunitaria e Zone di Protezione Speciale all’interno della Rete Europea «Natura 2000».

Nella foresta di Paneveggio cresce l’abete rosso di risonanza, da secoli utilizzato per le tavole armoniche di strumenti musicali a causa delle sue capacità di trasmettere le onde sonore attraverso la fibra legnosa. In Italia cresce anche nella zona del Latemar e a Tarvisio, ma dalla val di Fiemme arrivava il legno utilizzato da Antonio Stradivari per la realizzazione dei suoi strumenti.

A Paneveggio c’è un centro Visitatori.

Planimetria percorso

Profilo altimetrico

Il percorso

Io sono partita da Soraga, quindi lo descrivo a partire da qui, anche se l’anello vero e proprio lo si percorre da Moena. Avendo perso la registrazione gps, l’ho ritracciato a mano. Non è precisissimo, ma più o meno ci siamo. Le caratteristiche sono

L = 44km

D+ = 1275m

Segnalo che sul posto è tracciato un itinerario di salita al Lusia, e io, per l’ultimo tratto, ho seguito le indicazioni. L’unico tracciato che ho trovato in rete con queste caratteristiche è il 932, che però viene descritto in discesa dal Lusia

Il torrente Costalunga a Moena

Partendo dall’ufficio turistico di Soraga mi immetto sulla ciclabile che porta in direzione Moena, mantenendosi sulla sinistra del lago. Appena fuori dal centro abitato si sale per un breve tratto, il tracciato prosegue poi in falsopiano, per poi buttarsi in picchiata verso Moena, con tratti al 12%-13% e qualche tornante. Si passa accanto al minigolf e ad un bar, si torna a salire fino alla caserma della Polizia (qui c’è un centro di addestramento), si prosegue dritto e, seguendo i cartelli, si imbocca una discesa in pavé che porta in centro a Moena, nella zona pedonale fra l’Avisio e il ponte sul rio Costalunga.

Questa è la piazza immortalata in numerosi video girati in occasione dell’alluvione di luglio (la sagoma dell’ex Albergo Corona è inconfondibile): mentre qui non ci sono segni visibili di ciò che è successo, basta spostarsi un po’ e vicino al ponte sul Costalunga sono presenti ancora alcune transenne, ci sono tratti di muretto danneggiati, ancora alcuni sacchi di sabbia forniti dalla Protezione Civile. Volgendo lo sguardo verso valle, si può anche capire il motivo di tanto disastro, in quanto il ponte adiacente è bassissimo e può fare da tappo in caso di piene violente.

Moena

Mi rimetto in sella, raggiungo la sponda destra dell’Avisio e percorro un viottolo sterrato fra il fiume e gli edifici adiacenti. E qui faccio una piccola stupidaggine, nel senso che non riesco a beccare l’inizio del percorso ciclabile verso Predazzo, e mi ritrovo a percorrere un tratto di statale. Probabilmente dovevo passare accanto al Navalge, sulla sponda opposta. Poco male… proseguo tranquilla, tanto è presto è ci sono in giro poche macchine. In corrispondenza di un punto di ristoro svolto a sinistra e imbocco un tratto in sede protetta in direzione sud, imbocco così un tratto di ciclabile asfaltata che si mantiene in destra Avisio, passando sotto la statale per San Pellegrino e proseguendo finché i cartelli non indicano di imboccare un ponte. Da qui in poi si alternano le due sponde dell’Avisio, il percorso si srotola come un nastro sinuoso lungo le sponde del torrente e in mezzo ai prati sui quali cominciano ad arrivare i primi raggi di sole, e viene percorso da runners, signore che si fanno la loro passeggiata mattutina, coppie di mezza età (ovvero poco più grandi della sottoscritta) che praticano il nordic walking, bikers. Certo che a muoversi ci si scalda, ma uscire di casa con l’aria così frizzantina non è facile, soprattutto perché il percorso è quasi interamente all’ombra… e io sono in discesa…

Moena – C’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra

Si passa ai piedi dei trampolini per il salto con gli sci (sui quali sono in corso dei lavori), a Predazzo manca poco. Con un percorso un po’ tortuoso si entra in paese. Predazzo è un paesotto piuttosto grande, e a quest’ora c’è già un bel movimento, anche di auto. Anzi, devo dire che ho avuto conferma del motivo per cui preferisco andare su sterrato piuttosto che percorrere le strade asfaltate: a me i diesel che mi passano accanto danno veramente fastidio, anche se qui basta poco per disperdere i fumi di scarico.

La gola del Travignolo

Dopo aver attraversato Predazzo seguendo le indicazioni per Passo Valles e Passo Rolle, si arriva sulla statale. La si attraversa e ci si porta su uno sterrato che costeggia il Travignolo: si passa accanto al entro sportivo proseguendo in destra idrografica, risalendo la corrente si arriva così in prossimità le campeggio. Dato che proseguendo dritti ci si infila in un viottolo dove non passa nessuno da una vita, con erba alta e qualche arbusto, è opportuno deviare a sinistra poco prima del campeggio, seguendo una ripida stradina asfaltata con indicazioni per Zaluna. Si imbocca poi un viottolo sterrato, sulla destra, con indicazione Sottosassa.  Qui si attraversano pascoli, si passa accanto a cascinali e a masi portandosi verso l’imboccatura della Forra del Travignolo. Questa zona è estremamente caratteristica: il torrente scorre in una gola scavata all’interno del porfido, modellando in parte, con la sua azione, le pareti. Ciò è ben visibile dal ponte in pietra (Ponte Lizata) che si trova proprio all’inizio della gola. Le pareti sono pressoché verticali, soprattutto su questo lato del torrente. La strada (che da qui ha segnavia 660) è ricavata nell’alveo del torrente, direttamente da questa strada si parte per affrontare le vie di arrampicata attrezzate su queste pareti. E le mie manine da ex climber si mettono per un attimo a frugare gli appigli di partenza dei monotiri, immaginando i movimenti per arrivare a moschettonare ai primi rinvii…

Chiudo qui l’attimo nostalgia e risalgo in sella.

La falesia di Sottosassa

Proseguendo lungo il torrente, il canyon si allarga un po’, ma la strada lungo il torrente finisce. ci si trova però davanti una mega rampa pavimentata dalla pendenza extra strong, chiusa da una sbarra (si entra in una proprietà privata), in fondo alla quale c’è un tornante. Ebbene si, si deve salire di lì. Mentre sburlavo, con le tacchette che tendevano a scivolare sulle piastrelline in porfido, mi ha superato mtb elettrica, condotta da una donna che soffiava come un mantice e smoccolava dei “Puttana Eva” come se non ci fosse un domani.

In fondo al salitone epocale le indicazioni per Scofa e per il ponte sospeso fanno imboccare un single track, che ad per superare uno strappo un po’ cattivo si biforca in due percorsi, per i pedoni e per le bici, . Ingnorando le indicazioni che indicano a sinistra per proseguire sul sentiero 660. Segue poi un tratto di sterrato ampio e agevole da percorrere, fino ad uscire dal bosco. Qui parte il sentierino che porta al ponte, mentre lo sterrato (342a) prosegue costeggiando alcune belle baite, con curve inizialmente ampie, che si fanno tornanti man mano che la strada si impenna per raggiungere la statale per il Rolle. Ammetto che questo pezzo mi ha un po’ stroncato, mi sono chiesta un paio di volte se poi sarei stata in grado di affrontare la salita (quella vera).

In cima alla salita c’è una sbarra, si percorre ancora un tratto di sterrato e si sbuca oltre Bellamonte, si raggiunge a statale e, dopo un paio di curve, si imbocca la strada che porta alla partenza degli impianti per il Lusia (indicazioni per Castelir).

Si sale su asfalto, dopo una curva a sinistra si incontra, sulla destra, una forestale con ottimo fondo, riconoscibilissima perché all’imbocco c’è un pannello esplicativo relativo agli itinerari storico naturalistici che si possono percorrere nell’area.

La Val di Fiemme dalla forestale fra Castelir e Paneveggio

Ci si dirige verso Est, alternando tratti tranquilli a strappi più o meno decisi, attraversando un ambiente vario: boschi, pascoli, baite (con o senza barbecue acceso). Volendo andare a Forte Dossaccio, si può prendere una deviazione sulla destra.

Si sale… e poi si scende. Dalla cartina lo avevo capito, ma non avevo valutato attentamente l’entità della discesa.

Ma sarò sul percorso giusto? Non è che sto scendendo troppo?

No, sono giusta, i cartelli indicano chiaramente per il Lusia. E quando, più indietro, avevo letto il dislivello che dovevo ancora superare mi, era venuto un colpo perché non mi tornavano i conti. Ora invece capisco da dove arrivano i 150m che mancano all’appello. Tra l’altro, mi tocca una variante: un ampio settore del bosco è recintato per taglio alberi, ad un certo punto si deve deviare dalla strada perché ci sono i macchinari che bloccano il passaggio. I forestali hanno individuato un breve percorso alternativo nel bosco: terreno sofficissimo e muschio, sembra di camminare su un piumone, e mi spiace quasi passarci sopra con la bici, ho paura di rovinare qualcosa…

Ripreso il tracciato originale, si scende ancora un po’, ma dopo un ponte, finalmente, compare il cartello che indica la deviazione per il passo. Inizia qui il tratto tosto, una strada che a vederla sulla mappa fa temere parecchio, con questi zig zag che risalgono il versante e sembrano tracciati con la squadra da uno studente di quinta geometri alle prese con il progetto stradale. Inizio a salire… e devo dire che mi aspettavo peggio. Intendiamoci, ho sempre temuto le strade “monopendenza”, e qui si viaggia, per tutta la tratta con tornanti, ad una pendenza quasi costante dell’11-12%, però riesco ad azzeccare subito rapporto e ritmo giusti, e ne esco in modo decisamente dignitoso. Già, perché fino alla sbarra che si trova all’incrocio con la forestale che arriva da Malga Bocche non metto giù il piede (e non è da me), complice la strada, che è completamente nel bosco e non mi concede nemmeno la scusa di fermarmi a fare foto. Supero alcuni gruppetti a piedi, e qualcuno ha pure l’ardire di chiedermi info sui tempi di percorrenza per “il lago”, io però glisso anche perché non ho la più pallida idea di dove si trovi questo lago (mi vengono in mente solo i laghi di Lusia e di Bocche, ma sono parecchio più in alto). Trovo parecchie mtb in discesa, ma a salire, almeno qui, non trovo nessuno.

Le Pale di San Martino

Alla sbarra, dove si incrocia una forestale contrassegnata dal n°623, posso quasi dire di essere arrivata, anche se manca ancora qualche chilometro: da qui infatti si svolta a sinistra e la salita è molto più dolce, oltretutto il paesaggio si apre consentendo di volgere lo sguardo verso Pale di San Martino e Lagorai, fra pascoli e baite graziose. Facendo lo slalom fra famigliole e passeggini, aggirando gruppi di amici che si concedono una pausa foto durante la salita con e-bike dalle parti di Malga Canvere, si arriva in vista del passo.

IMG_2693

Baite lungo la strada che sale da Paneveggio

Il rifugio si trova proprio sotto il colle delle Cune, i vasti pascoli consentono all’occhio di spaziare dalla catena di Cima Bocche al Lagorai e, come ho detto nell'”Atto primo“, al suo interno conserva una piccola collezione di reperti (geologici e bellici) trovati nelle zone limitrofe. Da qui è visibile la mulattiera che risale il versante in direzione Cima Lastè e Cima Bocche, mentre, poco distante dal rifugio, lungo la strada da me percorsa, si trova un monumento ai caduti del moenese. Spostandosi di qualche decina di metri si raggiunge il passo, e da qui si vede il gruppo del Catinaccio e della Roda di Vaèl. Aguzzando la vista si distinguono le Torri del Vajolet.

Il Catinaccio visto dal Lusia

Qui, anche se c’è parecchia gente, riesco a trovare un posto in un tavolo in condivisione, fuori sul terrazzo. Si, perché è decisamente ora di pranzo, e ho una voragine al posto dello stomaco, oltre che parecchia sete. E non ho voglia di dolce… quindi… mi butto su una zuppa di orzo (con speck sedano e carote, a me piace un sacco) e un bicchiere di “integratore salino a base di luppolo”, che ordino al gestore, un tizio pelato con due bicipiti più grandi delle mie cosce. E devo dire che si è trattato di una scelta azzeccata. La zuppa è saporita il giusto, e aiuta a reintegrare i liquidi. E la birra è frasca, va giù bene, ed piccola, quindi non rischio di raddrizzare le curve in discesa (quantomeno, non più di quanto possa fare la mia scarsa capacità di gestire il mezzo). Mentre aspetto il mio piatto, scambio quattro chiacchiere con il mio compagno di tavolo, che ha al suo attivo qualche Rampilonga (è il vecchio nome della Val di Fassa bike), con qualche dritta sui percorsi che si possono fare in zona, possibilmente asfalto free.

…ci sta!!!

Una volta rifocillata, il tempo di scattare qualche foto e via, in discesa lungo la forestale che scende a La Rezila e, da qui, verso Moena. In sostanza, percorro in discesa il tragitto descritto nel post precedente. E devo dire che è veramente ripido… allora non avevo smadonnato solo perché sono scarsa, il motivo concreto c’era! Arrivata sulla statale non posso riprendere la forestale che sbuca in Streda de Longiarif perché è chiusa causa frana, percorro così un tratto di statale. Qua e là è riconoscibile qualche segno lasciato dal nubifragio di luglio, e sul ciglio della strada è ancora presente una fila di sacchi di sabbia a protezione delle abitazioni retrostanti.

L’Avisio a Moena

Passo accanto al Navalge e, costeggiando l’Avisio, torno in piazza per poi risalire fino alla caserma della Polizia, da dove ci si porta sulla ciclabile. E qui la stanchezza si fa sentire: ok, ci sono tratti al 13%, ma le gambe proprio non vanno…

L’ultimo tratto è tutto in discesa fino al sottopasso della statale, da qui posso raggiungere il punto di partenza.

Possibili varianti e concatenamenti

Salita da Malga Bocche

E’ possibile salire al Lusia seguendo una strada diversa rispetto a quella qui descritta: c’è infatti una forestale che consente di salire da Paneveggio fino a Malga Bocche e che per un tratto è indicata con il segnavia 626. La si può imboccare dalla statale per il Rolle, o dalla forestale Castelir-Paneveggio: in questo caso, dopo il ponte in legno non si seguono le indicazioni per il Passo Lusia, ma si prosegue fino ad intercettare la forestale di cui sopra. Poco dopo Malga Bocche si incontra lo sterrato 623 e si svolta a sinistra, ricongiungendosi, poco dopo, col tracciato già descritto.

Concatenamento con Val Venegia

Prendendo spunto dalla guida Val di Fassa e Dolomiti in MTB segnalo che è possibile percorrere un itinerario a 8 che consente di concatenare la salita alla Baita Segantini con quella al Lusia. Parcheggiando al Centro Visitatori e dirigendosi verso Passo Valles, si percorre la Val Venegia fino a Baita Segantini, per poi scendere passando per Malga Juribello e la statale di Passo Rolle. La salita al Lusia può avvenire per uno dei due percorsi descritti, per poi scendere a Bellamonte su comodo sterrato, segnavia 660 e rientrare al punto di partenza. Anni fa, non conoscendo la zona abbiamo affrontato separatamente le due salite, invece devo dire che il concatenamento è fattibile anche per persone non esageratamente allenate.

Val Venegia

Categorie: i miei giri, mtb | Tag: , , , , , | 1 commento

La forma dell’acqua

“Che fai?” gli domandai. E lui, a sua volta, mi fece una domanda. “Qual è la forma dell’acqua?”. “Ma l’acqua non ha forma!” dissi ridendo: “Piglia la forma che le viene data”.

Andrea Camilleri “La forma dell’acqua” – Sellerio editore, 1994

L’acqua non ha forma.

Ma cosa succede se l’acqua è troppa per la forma che generalmente la contiene, e se questa forma non è fissa, ma può mutare?

Il 3 luglio in Val di Fassa (e in altre zone del Trentino) si sono verificati fortissimi temporali, ma nella zona di Moena la natura si è accanita in modo estremamente intenso, causando numerose frane e l’esondazione del torrente Costalunga. Le immagini radar della Protezione Civile del Trentino hanno evidenziato una zona circolare con un raggio di 6 chilometri centrato sull’abitato di Moena, in cui si sono concentrate le precipitazioni dalle ore 14 alle 18, con circa 130 millimetri di pioggia. Ci sarebbe, prima di tutto, da chiedersi quanto ci sia di veramente “naturale” in fenomeni così estremi e sempre più frequenti, e quanto c’entrino le conseguenze delle attività umane con le modifiche, sempre più evidenti, subite dal ciclo delle stagioni… ma, per il momento, passiamo oltre…

Una tale quantità d’acqua prende al forma che sta al di fuori del contenitore abituale, ne stravolge la forma, modifica ciò che sta intorno. Si crea nuovi “contenitori provvisori”, a volte.

Mentre girando per Moena puoi non cogliere i segni visibili di ciò che è successo poco più di un mese fa, appena metti il naso fuori dal centro abitato te ne accorgi, che qualcosa è successo. Sulla strada per Passo San Pellegrino è attivo un cantiere, nei pressi di Malga Roncac, spostata di lato alla strada, c’è ancora una transenna con il cartello di divieto di transito su una forestale che scavalca il Rio Costalunga.

Lunedì mi sono imbattuta nelle conseguenze concrete di questi fenomeni “naturali”. Anche se minacciava pioggia, sono partita per andare a Passo San Pellegrino via sterrato, percorso che ho fatto più volte (ne ho parlato, ad esempio, nel post dedicato a Fuciade, e rientra anche nel percorso ad anello attraverso i Monzoni, che non ho ancora avuto il tempo di mettere nero su bianco).

Dopo essere passata dietro la partenza della funivia del Lusia, ho seguito la strada in destra torrente fino al punto in cui la statale passa sopra al torrente. Qui si percorre in discesa il ponte e si riprende lo sterrato sul lato opposto della valle. Qui ho trovato affisso il cartello con l’ordinanza di chiusura di una forestale che transita a monte di Moena, ma, dato che non riguardava la strada che dovevo percorrere io, sono andata avanti.

Non è che poi la mia escursione sia proseguita molto oltre quel cartello… Appena la forestale è diventata un po’ più ripida, i segni del passaggio dell’acqua si sono fatti via via più marcati. L’ottimo fondo della forestale è stato totalmente rimaneggiato dalla furia dell’acqua, che ha asportato il fine, smosso ciottoli, scoperto il substrato roccioso e scavato solchi profondi una spanna.

Io ho provato a proseguire per un po’, in parte pedalando, ma con la difficoltà a seguire una traiettoria senza infilare la ruota in una buca. Ho spinto la bici per un tratto, poi mi sono arresa e sono tornata indietro, perché non l’ho trovato per nulla divertente.

Ho saputo poi che la forestale chiusa, citata nell’ordinanza, è franata per un tratto, e richiede interventi di ripristino.

Ecco, forse la prossima volta che ci saranno danni da maltempo sarà opportuno fare una visitina all’ufficio turistico, prima di pianificare le escursioni…

Categorie: ambiente, montagna | Tag: , , , , | 1 commento

Prima del temporale

Ci sarò prima del temporale?

…no.

E niente, il tentativo di andare al San Pellegrino da Soraga è sfumato. E non solo per l’acquazzone (quantomeno, non solo per quello di oggi).

Il resto ad una prossima puntata.

Categorie: i miei giri, intermezzo, mtb | Tag: , , , | Lascia un commento

Il fascino dell’impossibile

Categorie: iniziative, persone | Tag: , , , , | Lascia un commento

Al Costalunga attraverso i boschi sopra Moena

Il gruppo della Roda di Vael lato Carezza

Come seconda escursione scelgo un percorso ad anello bello e vario, che si snoda principalmente nei boschi sopra Moena, Soraga e Vigo, sulle pendici del gruppo del Latemar e della Roda di Vael-Majaré. È una variante di un percorso tracciato in loco (tour 903), che prevede partenza e arrivo da Moena; le modifiche apportate sono dettate dal diverso punto di partenza (Pozza) e dalla “necessità” di eliminare un tratto di discesa verso Soraga che ho odiato quando l’ho fatto a piedi… figuriamoci in bici.

Note turistico-paesaggistiche

Il Latemar dal Passo di Costalunga

Il Latemar è la montagna del Lago di Carezza, quello che nelle foto delle cartoline (a proposito, si usano ancora?) ha tutte quelle guglie. I boschi attraversati dal percorso sono però sul lato fassano, il versante famoso lo si vede di sguincio una volta arrivati al passo. Il gruppo della Roda di Vael è particolare perché presenta, da destra verso sinistra (lato Fassa) una vetta che sembra un lastrone arrotondato e poi una cresta molto frastagliata; davanti, staccata dalla Roda, c’è una cima (torre finestra) che in pratica è una lastra forata. Il tutto visto da Moena sembra il profilo di Re Laurino. Su Torre Finestra ho rischiato di fare un danno quando ho fatto il corso di roccia, ma questa è un’altra storia… altra epoca geologica visto che avevo 16 anni…

Panorama da Tamion

Panorama da Tamion

Nella discesa si attraversano due centri abitati frazione di Vigo di Fassa che si trovano in posizione defilata e tranquilla. In particolare Tamion: quattro case, una chiesa, un albergo e un agriturismo costruiti in una radura, un piccolo balcone sulla valle, ideale per qualche giorno di relax totale. Controindicazione: se si vuole fare una passeggiata la sera, andare a prendere un gelato bisogna prendere l’auto…

mtb-costalunga

Il percorso

Come punto di partenza assumo per semplicità il Do Vea (ristorante pizzeria accanto all’Avisio, dove ci sono i campi da tennis), che è poco oltre il parcheggio.

Il primo tratto, verso sud fino a Soraga, è lungo la ciclabile asfaltata in sinistra idrografica del torrente: si passa davanti all’Antico Bagno e si arriva alle vasche della centrale. Passando a destra di queste si evita una brusca rampetta. Si scende poi (con pendenze che per brevi tratti sono di tutto rispetto) fino al bivio per Soraga, dopo il ponte si passa fra torrente e parco giochi per poi andare ad imboccare, dal lato opposto della statale, la strada per Palua, percorrendo l’ultimo tratto del tour 903 (cartelli per Moena).

Si sale su asfalto e, dopo aver costeggiato la fabbrica di giochi in legno, si svolta a sinistra verso Moena. Dopo un breve tratto con pendenze dolcissime la strada scende in picchiata verso Moena. Attenzione che alla fine della discesa ci si innesta su una strada e qui non si devono seguire i cartelli del tour 903 direzione Moena: ci si immette infatti sul primo tratto del tracciato segnalato, svoltando a destra… in salita! E pure tosta! I cartelli “tour 903 Costalunga” sono infatti visibili salendo dal centro di Moena.

Qui, mentre smadonno, mi sorpassa allegramente una ragazza con bici da donna. Maledette bici elettriche…

Si continua su asfalto (a tratti rovinato) fin quasi a Malga Roncac (oltre il transito è vietato alle auto). Qui la strada spiana, si addentra inizialmente bosco per poi tagliare, praticamente in piano, un versante molto scosceso. Si attraversa un torrente (qui c’è il percorso sensoriale Ischiez) e si ricomincia a salire.

La strada, generalmente con fondo ottimo, sale alternando tratti abbastanza tranquilli a rampe che mandano il cardiofrequenzimetro a fondo scala, incrociando alcune strade forestali (attenzione ai cartelli). Dopo un tratto in discesa ci si dirige verso un altro ponte e ricomincia a salire su fondo un po’ ghiaioso. Sempre alternando strappi bruschi a tratti soft si arriva ad una salita impegnativa al termine della quale c’è un bivio: qui si deve tenere la sinistra, con un nuovo strappo (ocio alle indicazioni… seguire sempre Tour 903 Costalunga, anche se col crapone chino sul manubrio non è facile).

Diciamo che a questo punto il grosso è fatto. Con pendenze mediamente più contenute si prosegue nel bosco per poi affacciarsi sui pascoli sotto l’Agritur Malga Secine. Un po’ di saliscendi e ci si dirige verso la statale, a poca distanza dal Passo di Costalunga, con davanti agli occhi il gruppo della Roda di Vael.

20150805_163327

Il sentiero verso Tamion

Arrivati sulla statale si scende in direzione di Vigo per qualche chilometro. Sulla destra si trova poi il cartello del tour 903, direzione Soraga – Moena. La strada sterrata da imboccare in discesa non è particolarmente visibile dalla strada, ma ha un buon fondo. La “pacchia” però dura poco: percorso un centinaio di metri o poco più si deve deviare a sinistra e il cartello non è molto visibile. Nemmeno il sentiero (segnavia 556, tour 903) lo è: si deve seguire una traccia poco evidente a monte di un prato, che poi diventa un sentiero vero e proprio (attenzione alle radici). Si passa a guado un torrente, sopra una briglia (eviterei di passare di qui dopo piogge abbondanti), da qui il sentiero si allarga a mulattiera e scende verso Tamion, all’altezza dell’Agriturismo Weiss. Questo tratto è “particolare” nel senso che sembra di essere isolati, nel bosco, qui ci passano in pochi oltre ai locali che vanno a radunare il bestiame, invece si è solo una decina di metri sotto la statale che scende dal passo.

A Tamion il tracciato segnalato scende verso Soraga, inizialmente con ampie curve fra pascoli, poi in picchiata su fondo parzialmente cementato e con un po’ di ghiaietto. Io però devo scendere in direzione di Pozza, quindi seguo le indicazioni per Larcioné. La forestale, dopo un primo tratto relativamente tranquillo, si fa ripida e molto sconnessa, dove il fondo è più regolare c’è comunque parecchia ghiaia: io che in discesa sono totalmente incapace la faccio con un pedale sganciato, pronta a saltar giù, se non direttamente a piedi. Lo so, sono una frana… ma gli ultraquarantenni hanno qualche problema a farsi passare la fifa.

20150805_165845

Da Larcioné a Vigo

Attraversato il torrente si risale verso Larcioné, arrivati alla fontana si gira a destra. Uscendo dall’abitato ci si trova davanti ad un bivio: si prosegue dritti su un bello sterrato (il cartello per Vigo potrebbe essere seminascosto da una pianta), con alcune curve fra bei prati al cospetto della catena della Vallaccia si arriva a Vigo. Si risale su asfalto e al bivio sotto al muro della statale si gira a sinistra, la si attraversa e si percorre la strada principale passando davanti alla stazione della funivia. All’incrocio dopo l’Hotel Corona si gira a destra e poi a sinistra passando sul ponte in prossimità della fermata dell’autobus, si passa davanti al minigolf e, dopo la curva, si svolta a sinistra in una strada a traffico limitato.

Si giunge così a Pozza: si svolta a sinistra percorrendo un breve tratto di statale (parzialmente evitabile svoltando a destra e percorrendo alcune strade secondarie), al ponte si gira a destra e, passando accanto al “Leon d’Oro”, si imbocca la strada che riporta al punto di partenza.

Dati tecnici

Lunghezza: 24km circa – quota min 1200mslm, quota max 1756mslm

Lunghezza percorso 903 (tracciato in loco): 19,650km, D+ 890m

Fatto ultima volta: 05/08/2015

Nb. alcuni dati sul percorso integrale, così come segnalato in valle, potete trovarli qui.

Una considerazione: non ho ancora trovato il posto per “far merenda” al passo. E questo.. è un problema… 🙂

Categorie: i miei giri, mtb | Tag: , , , , | 2 commenti

La Gran Vera

Spesso ci dimentichiamo che quando i primi fanti varcavano il Piave mormorante, una parte di quella che poi sarebbe diventata l’Italia in guerra c’era già dall’anno precedente. Trentino e Alto Adige, essendo parte del Regno Austro-Ungarico, avevano già visto strappare da case, famiglie, campi e stalle i loro giovani, spediti in massa verso il fronte galiziano. In pochi sono tornati per difendere quelle che erano, a tutti gli effetti, le loro terre, quando anche l’Italia è entrata in guerra.

Per questo in Trentino-Alto Adige le iniziative in commemorazione del centenario della Prima Guerra Mondiale sono iniziati l’anno scorso, con rievocazioni e mostre. Una di queste si intitola “La Gran Vera” (Grande Guerra in ladino), a Moena (Val di Fassa). E’ stata inaugurata l’estate scorsa e resterà aperta fino al 13/09/2015, salvo eventuali proroghe. Racconta la guerra principalmente con riferimento al vissuto delle popolazioni locali, a ciò che è successo nell’area dolomitica e in particolare nelle valli di Fiemme e Fassa, con fotografie, documenti, ricostruzioni, testimonianze in audio e video di reduci del fronte. Il tutto inserito nel più ampio quadro degli eventi che hanno sconvolto l’Europa.

La mostra è divisa in quattro aree tematiche:

  1. Galizia 1914: gli eventi bellici rivissuti con foto e con le rappresentazioni dei pittori di guerra, i “Kriegsmaler”;
  2. La trincea: ricostruzioni di trincee, camminamenti, postazioni con materiali d’epoca e reperti rinvenuti principalmente sulle montagne della zona, testimonianze audio.
  3. Dolomiti 1915: la guerra di trincea in alta montagna, le postazioni austriache e italiane e gli eventi che si sono succeduti, le condizioni di vita dei soldati fra freddo, valanghe, privazioni e assalti suicidi. Uniformi e materiale vario, dalle pipe decorate alle schede di rilievo aereo delle postazioni nemiche. La guerra vista dalla parte della popolazione (tessere annonarie e altro).
  4. Guerra alla guerra: le foto, molto crude, di Friedrich Ernst, anarchico tedesco che nel 1924 decise di mostrare al mondo la vera faccia della guerra, con le sue foto scattate sul fronte e ai reduci mutilati.

Oltre alla mostra, per chi ama camminare nella zona sono presenti numerose testimonianze della Grande Guerra, dalle trincee in prossimità del Passo San Pellegrino (raggiungibili con pochi minuti di cammino) alle postazioni di alta montagna sulle catene di Bocche, Costabella-Monzoni, Porta Vescovo (alcune delle quali richiedono l’attrezzatura da ferrata), al Museo della grande guerra sulla Marmolada.

La mostra

A Moena, val di Fassa (TN) fino al 13/09/2015, Cinema Teatro Navalge

Orari apertura: 10.00 – 12.30 e 16.00 – 19.00

Per info

Link alla pagina dedicata sul sito della Val di Fassa, alla brochure della mostra, e alla pagina facebook dedicata

Il libro “Guerra alla guerra” di Friedrich Ernst

Categorie: cultura, Info Turistiche | Tag: , , | 2 commenti

Crea un sito o un blog gratuito su WordPress.com.