Articoli con tag: Duron

Gran tour del Sassolungo in mtb

Il Gruppo del Sassolungo è uno dei gruppi montuosi che più amo: isolato da quelli vicini, è maledettamente scenografico e “fotogenico” e, pur avendo caratteristiche ben definite, ha un aspetto totalmente diverso se visto dalla bassa Val di Fassa, dal Sella, dalla Val Gardena o dall’Alpe di Siusi. Con intorno la Val Duron e i verdi pascoli dell’Alpe di Siusi, penso sia il sogno di molti bikers avventurarsi ai suoi piedi, ma mica tutti ne hanno per fare la Hero, magari il percorso lungo…

Ma, se si hanno fiato e gambe (o una E-MTB e la si sa condurre sul ripido) la circumnavigazione è possibile ed è di gran soddisfazione. Noi abbiamo testato 3 versioni diverse e sempre in senso antiorario. Volendo si può invertire il giro e (forse) incasinarsi ulteriormente la vita. Pronti a pedalare con noi?

La versione di Massimo

Qualche anno fa il mio compagno, alla ricerca di nuove emozioni, si è messo a studiare un itinerario per girare attorno al Sassolungo. In parte è già “tracciato”, visto che ci passa la Hero, si tratta di chiudere i pezzi mancanti. Ad un certo punto gli dico:

Ma scusa, perché per forza in senso orario? La salita lato Val Duron la conosci bene, prova a salire dall’altra parte!

Inverte il giro, lo prova e rientra entusiasta. C’è da dire che, pur non essendo un fenomeno, va (molto più di me) e si può permettere di fare salite rognosette. Vi riporto una descrizione sintetica dell’itinerario. Ovviamente ometto l’avvicinamento Pozza-Canazei (che figura però nei dati dell’itinerario sotto riportati) per concentrarmi sul tour vero e proprio.

Itinerario

Riporto in estrema sintesi il percorso seguito (la descrizione dei vari tratti è descritta nelle altre opzioni o in escursioni descritte in precedenza).

  • Da Campitello, seguendo il lungo Avisio in sponda sinistra si arriva a Canazei, ci si porta all’inizio del sentiero segnavia 655
  • Si risale la forestale fino a portarsi sulla state si raggiunge il Lupo Bianco
  • Su forestale (stesso segnavia) si raggiunge il Rifugio Valentini
  • Si segue un sentiero che porta sulla sterrata che passa a monte della Città dei Sassi (percorso Hero medio), fino al Rifugio Comici
  • In discesa (segnavia 526, deviare poi sul 528) ci si dirige verso Monte Pana, tenendosi sulla forestale dove il 528 si stacca da essa, ci si innesta su forestale segnavia 30
  • Si raggiunge Saltria, Tirler Alm e da qui Passo Duron
  • Si scende lungo la val Duron, si devia per Pian e si raggiunge Campitello

Dati percorso

  • Distanza: 54km 800m (compreso tratto da/per Pozza)
  • Lunghezza effettiva anello: 40km circa (Campitello – Campitello)
  • Dislivello: 1890m (D+/D-)

La versione di Barbara

Col moroso impegnato a fare il giro di cui sopra, anche a me viene una voglia matta di provare. Ma io non ho mai fatto la salita al Sella (e so che è tosta), però c’è una funivia che capita a fagiolo. Lato Gardena sono già pratica, mi manca l’ultimo pezzo di salita al Duron… E quindi… Ok ci provo.

Vado in bici fino a Campitello per prendere una delle prime corse per il Col Rodella e sfruttare la giornata. Non salivo qui da un bel pezzo, non lo ricordavo così bello il panorama, e con la luce del mattino, e poca gente in giro, è ancora più bello. Il Sella, la Marmolada… emozionante!

Inforco la bici e scendo verso il Salei e poi a Passo Sella. Dal piazzale di partenza della cabinovia per il rifugio Demetz so che dovrei seguire il sentiero 657 per raggiungere baita Michl, ma so anche che devo trovare il modo di passare a destra della baita pena finire su un sentiero fangoso, che è anche il “bagno pubblico” del bestiame. E niente, anche stavolta non becco la deviazione giusta e vado ad impantanarmi, sotto lo sguardo divertito del malgaro. Da qui seguo in discesa il percorso individuato per l’anello Selva – Passo Sella, deviando poi sull’adiacente bike park (percorso famiglia, molto carino). Raggiungo così Plan de Gralba.

Sbuco sulla statale e scendo in paese fino a Selva. In piazza Nives imbocco la strada che porta a La Sëlva, da qui raggiungo Saltria passando da Monte Pana, su percorso ampiamente collaudato: segnavia 308, Ciaslat, strada asfaltata per monte Pana, sterrato segnavia 30 che, dapprima in salita e poi con una lunga discesa, “aggira” il Sassolungo passando per boschi e ampi pascoli. Lungo queste strade mi imbatto per la prima volta nei segni lasciati da Vaia nel Gardenese: dalla valle principale sembra tutto a posto, invece il vento terribile di quella notte si è incanalato nelle valli che scendono dall’Alpe di Siusi e dal Sassolungo, radendo al suolo ampie porzioni di bosco.

A Saltria svolto a sinistra, su strada asfaltata (segnavia 6), per raggiungere Tirler Alm. L’asfalto finisce, si ignorano le deviazioni per incunearsi nel vallone che punta verso la cresta che fa da spartiacque con la Duron. Boschi e pascoli, tratti ripidi alternati ad altri più soft, tutto su ottimo fondo: si fatica ma fin qui nessun problema.

Il discorso cambia quando ad un bivio si svolta a sinistra. Qui si fa sul serio: il versante è ripido e lo si supera con rampe toste, tornanti, su fondo sterrato o con tratti rinforzati da autobloccanti, mentre la vista si apre ulteriormente su Sassopiatto e Odle. Nei pressi di una chiesetta ( se ho ben capito qui un tempo sorgeva l’albergo del Touring) si tira un attimo il fiato, prima di imboccare la rampa sulla sinistra: il passo è lì, ben visibile, manca poco… Peccato che la ruota slitti a pochi metri dal passo.

Eccomi qui, anche se è stata dura. La vista ripaga dalla fatica, soprattutto nell’ultimo tratto prima di Passo Duron, dove invece la vista risulta un po’ chiusa dal pendio erboso. Nel complesso, però, su questo lato la salita è più abbordabile rispetto al lato Val Duron: più continua ma con rampe un po’ meno ripide, soprattutto con un fondo decisamente più regolare.

Da qui inizia una lunga discesa, mentre la vista si apre sulla valle sottostante e verso Molignon e Marmolada. Trascurando la deviazione verso l’Alpe di Tires (ci ho provato una volta ed ho alzato bandiera bianca) si segue la mulattiera sconnessa, con molti sassi di grosse dimensioni. Il fondo diventa poi più regolare, ma a tratti si incontra parecchia ghiaia. La strada si snoda fra pascoli e ruscelli, fino ad una discesa molto ripida, con fondo in cemento (fino a qualche anno fa questo tratto era maledettamente sconnesso). Si scende in picchiata fino a Malga Ducoldaora, dove pascolano mucche e cavalli. E poi ancora giù, cercando di non incasinarsi nei tratti più ghiaiosi, fino alla spettacolare piana della val Duron.

Lasciar correre la bici, qui, è puro godimento, ed è più di una semplice ricompensa per la fatica fatta. È tutto bello in questa valle: il verde dei pascoli che fa contrasto con la scura roccia vulcanica formatasi durante eruzioni sottomarine, i torrenti, le marmotte sentinelle, i pelosissimi highlanders (razza bovina molto resistente alle intemperie). Schivando gli escursionisti, che qui si fanno più numerosi, si arriva in un piccolo angolo di paradiso : qui sorge la baita Lino Brach, un tempo un modesto casottino in legno e ora (i lavori erano cominciati 2 o 3 anni fa) ampliato e migliorato, ma il prato e le caratteristiche sculture in legno sono sempre lì, a sorvegliare la valle lato Marmolada e Denti di Terrarossa, a ricordare il vecchio gestore, morto lo scorso inverno.

Pausa pranzo e poi ancora giù fino al vicino Micheluzzi, da qui in picchiata fino alla baita Fraines (attenzione ai pedoni e alle navette!) per poi svoltare, poco sotto, verso sinistra. La bella forestale in falsopiano porta a Pian, caratteristico borgo ladino, da cui, su strada asfaltata, si torna a Campitello.

Dati percorso

  • Distanza: 35km 130m (Campitello-Campitello)
  • Dislivello positivo: 948m
  • Dislivello negativo: 1853m

Versione estesa in e-mtb

Questa estate lo abbiamo fatto anche noi.

Un po’ per necessità (ho rotto il cambio della bici scendendo dal Rifugio Firenze), un po’ per stare tutti insieme, un po’ per sentirci anche noi un po’ come Paez (Leonardo)… abbiamo noleggiato le E-MTB. E ci siamo tolti una gran bella soddisfazione!

Ma andiamo con ordine.

Ci rechiamo presso un noleggio bici in centro a Selva di Val Gardena. Il negoziante ci chiede dove vogliamo andare. “Passo Duron e rientro dal Sella” “… È tosta, voi siete abituati ad andare in bici, giusto?” Beh, si. Siamo vestiti di tutto punto, il figlio sfoggia la maglia Hero 2021, perché nel pacco gara del padre è erroneamente finita una M (ma quanto cavolo sono strette ste magliette?). Noi adulti, bene o male, andiamo. Vediamo come se la cava il dodicenne, che sul medio facile già mi semina, ma a gestire il cambio è un po’ un disastro.

Descrizione dell’itinerario

Preso possesso dei mezzi, del caricabatterie di emergenza (metti che decidiamo di allungare il giro…) e ricevute le istruzioni base, ci avviamo verso Piazza Nives, dove svoltiamo verso la Selva. Invece di proseguire verso i Ciaslat e Monte Pana, in cima alla salita asfaltata, svoltiamo a sinistra: in pratica, percorriamo al contrario l’ultimo tratto della Hero. Cercando di sfruttare il meno possibile la batteria, saliamo nel bosco, intercettiamo il segnavia 22, che seguiamo in salita, prendiamo una deviazione sulla destra, tagliando la pista Saslonc. Seguiamo per un tratto il segnavia n°23, passiamo il torrente e intercettiamo una forestale inizialmente contrassegnata dal n°528, passando a monte… di Monte Pana, immettendoci poi sulla forestale contrassegnata dal segnavia n°30. La giornata è spettacolare, cielo blu e poche nuvole, pascoli verdi e vette con ancora molta neve per essere metà giugno. Il bosco, pur se ripulito, mostra le ferite di Vaia, chissà quanti anni ci vorranno per rigenerare ciò che è andato perso.

Da Saltria in poi seguiamo esattamente il tragitto che ho seguito un paio di anni fa. Beh, con l’aiutino è decisamente tutta un’altra cosa. C’è persino il tempo per guardarsi intorno, anche sulle rampe più cattive! Cercando di non esagerare con la spinta extra, faccio quasi fatica a star dietro agli altri due, che salgono spediti.

Una volta svalicato, iniziano le raccomandazioni al giovane, che è un po’ spaventato dal fondo non proprio fenomenale delle prime discese. Scendiamo con prudenza, nonostante una piccola caduta Ettore se la cava egregiamente. Scendiamo veloci fino alla rinnovata Baita Lino Brach, dove ci fermiamo per pranzare, anche se non è ancora mezzogiorno. L’attesa è allietata da due giovani che suonano chitarra e flauto, un repertorio variegato che comprende anche “Libertango” di Astor Piazzolla, che io adoro.

Risaliamo in bici, passiamo il Micheluzzi, Baita Fraines… E ci troviamo la strada per Pian chiusa. L’ordinanza parla di lavori stradali che si protrarranno per tutta l’estate. Ecco perché la Hero questa estate è passata più sotto!!! Mentalmente impreco perché so cosa ci aspetta, e quel “cosa” non ho molta voglia di farlo in bici, e di farlo fare al figlio. Ma ci tocca, quindi…

“Ettore, scendi piano. Rallenta. Cavolo vuoi andare più piano che c’è una brutta discesa?!?!”

Arrivati alla “brutta discesa”, ci fermiamo entrambi (mentre Massimo prosegue). “Occazzo”. Ecco, appunto. La rampa che porta al ponticello sul torrente, poco prima di sbucare in paese, è tremenda. Stando ai tracciati Strava di chi ha fatto la Hero lunga siamo fra il 36% e il 40%. Per quello che ricordo, ha sempre avuto un ottimo fondo, ma il ghiaietto può renderla scivolosa, al punto che erano state legate delle corde al parapetto per agevolare i pedoni. La strada è stata migliorata grazie ad una gettata di cemento. La pendenza però è la stessa, e a fine discesa c’è una curva secca a sinistra e poi il passaggio sul ponte (un “drittone ” qui si paga caro). Io ed Ettore la facciamo a piedi, mentre Massimo, che ci ha preso gusto, sale per fare il bis.

Arrivati a Campitello, ci portiamo in sinistra Avisio e risaliamo la valle fino a Canazei, proseguiamo fino a sbucare sulla statale. Svoltiamo a sinistra e scendiamo fino alla rotonda, svoltiamo verso Passo Sella e, al primo tornante, svoltiamo a sinistra.

Ci portiamo lungo il torrente che scende dal Lupo Bianco, alla ricerca della forestale contrassegnata col n°655. Risaliamo così lungo la “pista di rientro”, caratterizzata da ottimo fondo, pendenze non impossibili ( è comunque una pista da sci…) con alcuni strappi più impegnativi. La Val de Antermont è stretta, ma davanti a noi fa capolino il Piz Ciavazes.

La strada passa sull’altro versante della valle, con una ripida rampa raggiungiamo la statale. La percorriamo fino al Lupo Bianco, anche se volendo potremmo tagliare su sterrato, scendiamo sul piazzale sulla sinistra alla ricerca del segnavia 655. La forestale sale con rampe che si fanno più cattive mentre il panorama attorno a noi diventa sempre più maestoso, con le pareti del Gruppo del Sella che sembrano quasi avvolgerci. L’indicatore della batteria scende, nonostante le opportune attenzioni e il livello di spinta non elevato (scoprirò all’arrivo che la mia bici ha una batteria meno performante rispetto alle altre due), quindi salgo con calma, mentre il figlio prende il largo. Mando suo padre all’inseguimento, impresa che si rivela più difficile del previsto. Il ragazzo ne ha, santo cielo, e sta onorando la maglia!

Raggiungiamo così un prato costellato di fiori di armentara, un balcone naturale affacciato sulla val di Fassa, vista Marmolada e Ciampac, il Sella dietro e a sinistra: uno spettacolo! È un gioiellino nascosto… in bella vista: è lì sopra, ma non ci passi per caso, devi scegliere di passare di qui, di salire al Sella in bici o a piedi, ed è una cosa che raramente si fa.

Proseguiamo ancora, puntando verso il Rifugio Valentini. Abbiamo ancora circa 250m di dislivello da superare. L’ultimo tratto è ripido e sconnesso, riusciamo ad arrivare poco sotto al rifugio, poi io ed Ettore dobbiamo mettere giù il piedino. Il Sassolungo si staglia davanti a noi, maestoso. Svalicando lo sguardo si apre verso le vette della Val Gardena.

Scendiamo a passo Sella, stavolta riusciamo ad evitare il sentiero che porta a Baita Michl, portandoci, superando un torrentello e un po’di neve, sulla pista da sci. Scendiamo e ci riportiamo sul percorso n°657, che percorre forestali a servizio delle piste da sci, alcuni tratti sono ben tenuti, altri (soprattutto quelli più ripidi) sono caratterizzati dalla presenza di molti sassi. Non mancano nemmeno i tratti su pista, in picchiata sul prato facendo lo slalom fra residue chiazze di neve. Raggiungiamo Plan de Gralba e la statale, a Plan deviamo sulla ciclabile e raggiungiamo la piazza.

Il tempo di fare merenda e ci rechiamo in negozio per restituire le bici. Piccolo bilancio :

  • Non abbiamo usato i caricabatterie
  • Io ho restituito la bici con una tacca di batteria (l’ultimo tratto di salita del Sella l’ho fatto col terrore di dover spingere l’arnese in salita)
  • I due maschietti, che avevano un mezzo più performante, l’hanno restituito con due tacche.

Il negoziante “ah beh, allora avete pedalato!”. Si, abbiamo pedalato. Un po’ di fatica l’abbiamo fatta, e ci siamo divertiti un sacco.

Dati tracciato

  • Lunghezza: 45km 800m
  • Dislivello positivo: 1754m
  • Dislivello negativo: 1754m
  • Tempo in movimento: 4h20′
  • Tempo comllessivo: 6h35′
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Piano solo

DSC_1547Finalmente ce l’ho fatta ad assistere ad un intero concerto de “I suoni delle Dolomiti“. Lo scorso anno sono riuscita solo ad udire qualche nota di violino, ma direi che stavolta… mi sono rifatta con gli interessi, vista occasione, location e protagonista.

Occasione: data 03/08. Stavolta ci sono, e il meteo è buono.

Location: rifugio Micheluzzi in val Duron, uno dei luoghi che, nel bene e nel male, hanno segnato le mie vacanze fassane (un posto bellissimo).

Protagonista: Stefano Bollani. Premesso che sono tendenzialmente una rocchettara e che di jazz non so un tubo, Bollani però so chi è, perché ogni tanto in TV ci va e, soprattutto, perché qualche anno fa aveva fatto una trasmissione con la Guzzanti jr, “Sostiene Bollani” e lì mi aveva colpito, oltre che per le sue capacità musicali, anche per le qualità di intrattenitore. Meglio di molti conduttori professionisti…

E quindi… in marcia verso la Val Duron!!!

Questa volta, invece della “solita” forestale, per raggiungere il rifugio abbiamo seguito il sentiero alternativo, ovvero all’altezza di baita Fraines abbiamo imboccato un’altra forestale che scavalca il torrente e sale ripida nel bosco. Dove questa finisce si prosegue su un sentiero nel bosco, a tratti piuttosto ripido, che porta ad una piccola selletta. Da qui si scende e in pochi minuti si arriva al Micheluzzi (ci sono due ponticelli in legno in prossimità del rifugio). Dalla deviazione dal percorso DSC_1535“standard” sono segnalati 45 minuti, complessivamente dal paese ci vuole meno di un’ora e mezza. E meno male che abbiamo scelto il percorso alternativo, un po’ perché le mie ginocchia malandate soffrono il passo ritmico che si tiene sulle forestali, un po’ perché lo gnomo preferisce i sentieri sconnessi e sassosi, e se il fondo è regolare si annoia e rompe abbondantemente le scatole.

Al nostro arrivo, intorno a mezzogiorno, c’era già un sacco di gente, e farsi servire il pranzo al rifugio non è stata un’impresa banale. Diciamo che forse sarebbe stato meglio farsi altri dieci minuti a piedi e andare alla Baita Lino Brach, poco più avanti. Avremmo mangiato un po’ più tranquilli e avremmo comunque avuto il tempo di tornare indietro per le 13.

Ci siamo accaparrati un posto su un prato già affollatissimo, alle spalle di Bollani ma con una visuale su valle e Denti di Terrarossa che non era niente male!!!

Quanto al concerto… beh, Bollani è uno showman. Ha alternato musica di vario genere, pezzi suoi e di altri, musica brasiliana, popolare, filastrocche, brani di cantautori. Inizialmente ha solo suonato, poi ha cominciato raccontando qualcosa sui pezzi suonati, per passare poi a parlare delle versioni italiane di pezzi stranieri, che sono ben poco aderenti al testo originale, raccontando la storia di un fantomatico autore toscano che, prefissandosi di tradurre letteralmente le canzoni americane e non solo, si è ritrovato pezzi pieni di “zozzerie”. “My way” che tradotta diventa “Mi fo’ i hazzi miei”, “Pretty woman” tradotta diventa “Bella topa”… insomma, tutte poco adatte al mercato discografico italiano…

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DSC_1648Vederlo (oltre che sentirlo) suonare, agitandosi sul seggiolino, alzandosi e “sculettando” è una goduria. Persino le mucche nel pascolo accanto sembravano far suonare i campanacci a tempo, fra un fischio di marmotta e l’altro.

E al momento della finta uscita, mancando una quinta si è accucciato per terra fingendo di nascondersi dietro la mano, per poi “uscire” nuovamente e, bloc notes alla mano, segnare le richieste del pubblico per il bis. Pezzi che ha riarrangiato, alternandoli (musiche popolari, la sigla di Goldrake e altro) per regalarci complessivamente due ore di musica, compreso un “Tanti auguri” mixato a “La stangata” per augurre buon compleanno ad una persona. E dirigersi poi verso il pubblico per firmare autografi.

Esperienza da ripetere…assolutamente!!!

 

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You can be hero…

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…Just for one day?

Per la cronaca, fra gli uomini (86km) l’ordine di arrivo è

  1. Leonardo Paez
  2. Markus Kaufmann
  3. Daniele Mensi

Per le donne (60km)

  1. Sally Bigham
  2. Michalina Ziolkowska
  3. Maria Cristina Nisi

Ma chiunque sia riuscito a portarla a termine è comunque un eroe.

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La Val Duron dal rifugio Micheluzzi (ovvero il tratto soft), sullo sfondo i Denti di Terrarossa

Le foto che seguono sono state scattate nei pressi del rifugio Micheluzzi (nb: quella ai lati della strada è la grandine caduta la sera precedente).

Mentre scendiamo incrociano un biker con gopro sul manubrio, che ci fa segno di incitare. Ci accorgiamo che ha un microfono professionale montato sulla schiena: è Mirko Celestino, biker-cameraman sul percorso lungo…e bici a pedalata assistita per poter raggiungere in scioltezza l’altrimenti inarrivabile Paez.

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Cristian Cominelli

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Franz Hofer

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Mattia Penna

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Pasquale Sirica, Humberto Caro

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Andi Plank, Wolfgang Niederwanger

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David Ciarocchi

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Matej Kainz

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Neve in Val Duron

Della Val Duron in versione estiva ne ho parlato qui.

In inverno ha un fascino tutto suo, ecco un po’ di scatti scattati nell’inverno 2008-2009, quando, da perfetta scavezzacollo, sono venuta qui da sola, incinta di due mesi, mentre il mio moroso era a sciare. Per la cronaca, c’erano -12°C.

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È proprio Duron!

La val Duron è una verde e splendida valle pensile che si innesta nella Val di Fassa a Campitello. Ottima meta per famiglie, zona di transito o rientro per escursioni di più ampio respiro… e meta tostissima per gli appassionati di MTB. Già, perché la parte centrale sarà anche pianeggiante, ma il primo e l’ultimo tratto… decisamente no. Per chi segue gare e manifestazioni: avete presente il Sellaronda MTB Hero? Ecco… Questa è l’ultima salita del giro lungo, quello da 87km e 4400m di dislivello, e questi 830m di dislivello arrivano dopo Gardena “abbondante”, Pralongià/Campolongo, Porta Vescovo e Pordoi. E io, che faccio solo questa salita, l’ultimo tratto lo faccio a spinta…sigh… 😦

Il contesto

La valle ha indicativamente orientazione Est-Ovest e si incunea a Nord del Gruppo del Catinaccio fino ai piedi del Molignon; è delimitata a Nord dalla Cresta di Siusi, che si stacca dal Sasso Piatto, cima che domina il primo tratto della valle. Valle dal paesaggio piuttosto vario, è caratterizzata dalla presenza di una colata di lava che è andata a coprire la sottostante dolomia, un po’ come è successo nella zona del Buffaure.

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Highlander al pascolo

Per chi cammina

Punto di partenza “standard” per salire in Val Duron è Campitello, traccia n°532. Si segue una forestale chiusa al traffico che è il proseguimento di Streda do Ruf e segue il torrente, con una micidiale rampa da affrontare poco dopo la partenza, in corrispondenza di una strettoia della valle, dove il torrente scorre molto incassato. Tutto il primo tratto della forestale scorre nel bosco, lungo il tragitto si incontrano un punto di ristoro (Baita Fraines) e alcune baite, fino a sbucare davanti al rifugio Micheluzzi, ubicato dove la valle si apre… e spiana.

C’è anche la possibilità di salire per un altro sentiero nel bosco, che passa più a sinistra rispetto alla forestale (aggira il cocuzzolo che segna l’ingresso della valle, in destra idrografica) e si reimmette su questa proprio all’altezza del Micheluzzi.

Percorrendo tutta (o quasi) la valle si può salire verso l’Alpe di Tires, raggiungere la val di Dona e il lago di Antermoja, andare all’Alpe di Siusi; la valle è utilizzata come tragitto di rientro da molti itinerari, quali il sentiero in cresta che è proseguimento del sentiero Frederick August.

Fra Campitello e il Micheluzzi è attivo un servizio taxi (verificare le fasce orarie, che cambiano in funzione della stagione).

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Marmotte in osservazione

Per chi sale in MTB…

…sconsiglio vivamente di fare il primo tratto della forestale. Si può passare da Strada Santi Filippo e Giacomo, passare accanto al cimitero e prendere la strada asfaltata per Pian, piccolo centro situato a mezzacosta. Da lì si attraversa il paese e si imbocca una sterrata che, con un falsopiano, si immette sulla strada di valle fra il tratto più ripido e Baita Fraines, in corrispondenza di una cabina di presa.

Si prosegue seguendo questa forestale, alternando tratti a pendenza diversa…che se li fai a piedi manco li senti, ma in bici lasciano il segno. Anzi…mi confesso…avendola fatta senza allenamento (cosa che capita sempre negli ultimi anni) ho subìto l’umiliazione di essere sorpassata… a piedi, da un escursionista dal passo particolarmente lungo e ben disteso. E non è bello. Per niente. Nemmeno se leggi sulla guida che chi l’ha scritta ha sacramentato non poco su questa strada.

E, detto tra parentesi, vorrei sapere per quale strano corollario della legge di Murphy mi ritrovo sempre in punti critici o strettoie, magari un tratto ripido che sto superando pulendo la strada con la lingua, mancano le ultime pedalate…e dalla curva sbuca la jeep del tassista. Idem per il ponticello in legno seguito da salita ripida…tutte le volte ci incrocio l’auto….

Ricapitolando….smadonnando un po’ si sbuca nel tratto pianeggiante della valle, in vista del rifilugio Micheluzzi, con i Denti di Terrarossa sullo sfondo. Spettacolo!

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Val Duron e Denti di Terrarossa dal rifugio Micheluzzi

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Sempre i Denti di Terrarossa

Si prosegue così, tirando finalmente il fiato, fra verdi prati, il bianco della dolomia a sinistra e le nere rocce vulcaniche a destra, passando accanto a baite ben tenute e con nelle orecchie il fischio delle marmotte. Anzi avete buone possibilità di incontrarle da vicino, ci sono parecchie tane sulla destra della strada nel tratto dopo il Micheluzzi, e se siete fortunati le potete vedere giocare nel prato.

Si passa davanti a Baita Lino Brach, inconfondibile con le sculture nel prato e la bandiera ladina (e le torte non sono male, da tenere a mente), si prosegue attraversando alcuni pascoli, dove vengono allevati gli highlander, le mucche con la frangia, specie introdotta in valle per la resistenza alle basse temperature e per l’ottima carne. Anzi… Spero che l’allerta OMS per potenziale cancerogenicità della carne rossa non riguardi la carne salada di highlander altrimenti sono già morta…

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Baite in Val Duron

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Baita fra il rifugio Micheluzzi e la Baita Lino Brach

Proseguendo fino a Maso Stefin si arriva in un’ampia conca dominata dalla dalla Crepa da Lech, dalla Croda dei Cirmei, dalle Cime del Principe. E qui finisce la pacchia: la strada ricomincia a salire, a tratti piuttosto ripida, in alcuni punti con molta ghiaia. A tratti, per facilitare il passaggio dei fuoristrada, sono state fatte delle gettate di cemento, ma complessivamente il fondo, salendo verso il passo, si fa decisamente sconnesso. Si prosegue oltre Malga Ducoldaura, arrancando fino al bivio per l’alpe di Tires, e poco oltre si arriva al Passo Duron, con splendida vista sull’Alpe di Siusi, le Odle, il Sasso Piatto.

Bello, eh… ma che fatica!

E quei sacramenti del Sellaronda mtb Hero se lo fanno dopo tutto il resto… che nervoso….

Beh, dai…almeno uno si è guadagnato la sosta-torta!!!

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Da Passo Duron verso la valle, sullo sfondo il Gran Vernel

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Da Passo Duron verso l’Alpe di Siusi

Dati tecnici

Il percorso è segnalato come Tour 210 908 (*), con partenza da Canazei. Il tragitto andata ritorno misura 26,800km, per 1035m di dislivello. Partendo da Campitello di Fassa si accorcia di qualche chilometro e il dislivello, dal piazzale della funivia, è di circa 830m.

Il percorso fino a Maso Stefin è descritto anche nella guida “Val di Fassa e Dolomiti in mountain bike”.

val duron mtb

Cartina percorso segnalato, con profilo altimetrico

(*) E’ stata rivista la numerazione degli itinerari in Val di Fiemme e Fassa. Le nuove cartine e la cartellonistica prevedono numeri che partono dal 900, ma qualche vecchio cartello è rimasto, qua e là…

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