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Gran tour del Sassolungo in mtb

Il Gruppo del Sassolungo è uno dei gruppi montuosi che più amo: isolato da quelli vicini, è maledettamente scenografico e “fotogenico” e, pur avendo caratteristiche ben definite, ha un aspetto totalmente diverso se visto dalla bassa Val di Fassa, dal Sella, dalla Val Gardena o dall’Alpe di Siusi. Con intorno la Val Duron e i verdi pascoli dell’Alpe di Siusi, penso sia il sogno di molti bikers avventurarsi ai suoi piedi, ma mica tutti ne hanno per fare la Hero, magari il percorso lungo…

Ma, se si hanno fiato e gambe (o una E-MTB e la si sa condurre sul ripido) la circumnavigazione è possibile ed è di gran soddisfazione. Noi abbiamo testato 3 versioni diverse e sempre in senso antiorario. Volendo si può invertire il giro e (forse) incasinarsi ulteriormente la vita. Pronti a pedalare con noi?

La versione di Massimo

Qualche anno fa il mio compagno, alla ricerca di nuove emozioni, si è messo a studiare un itinerario per girare attorno al Sassolungo. In parte è già “tracciato”, visto che ci passa la Hero, si tratta di chiudere i pezzi mancanti. Ad un certo punto gli dico:

Ma scusa, perché per forza in senso orario? La salita lato Val Duron la conosci bene, prova a salire dall’altra parte!

Inverte il giro, lo prova e rientra entusiasta. C’è da dire che, pur non essendo un fenomeno, va (molto più di me) e si può permettere di fare salite rognosette. Vi riporto una descrizione sintetica dell’itinerario. Ovviamente ometto l’avvicinamento Pozza-Canazei (che figura però nei dati dell’itinerario sotto riportati) per concentrarmi sul tour vero e proprio.

Itinerario

Riporto in estrema sintesi il percorso seguito (la descrizione dei vari tratti è descritta nelle altre opzioni o in escursioni descritte in precedenza).

  • Da Campitello, seguendo il lungo Avisio in sponda sinistra si arriva a Canazei, ci si porta all’inizio del sentiero segnavia 655
  • Si risale la forestale fino a portarsi sulla state si raggiunge il Lupo Bianco
  • Su forestale (stesso segnavia) si raggiunge il Rifugio Valentini
  • Si segue un sentiero che porta sulla sterrata che passa a monte della Città dei Sassi (percorso Hero medio), fino al Rifugio Comici
  • In discesa (segnavia 526, deviare poi sul 528) ci si dirige verso Monte Pana, tenendosi sulla forestale dove il 528 si stacca da essa, ci si innesta su forestale segnavia 30
  • Si raggiunge Saltria, Tirler Alm e da qui Passo Duron
  • Si scende lungo la val Duron, si devia per Pian e si raggiunge Campitello

Dati percorso

  • Distanza: 54km 800m (compreso tratto da/per Pozza)
  • Lunghezza effettiva anello: 40km circa (Campitello – Campitello)
  • Dislivello: 1890m (D+/D-)

La versione di Barbara

Col moroso impegnato a fare il giro di cui sopra, anche a me viene una voglia matta di provare. Ma io non ho mai fatto la salita al Sella (e so che è tosta), però c’è una funivia che capita a fagiolo. Lato Gardena sono già pratica, mi manca l’ultimo pezzo di salita al Duron… E quindi… Ok ci provo.

Vado in bici fino a Campitello per prendere una delle prime corse per il Col Rodella e sfruttare la giornata. Non salivo qui da un bel pezzo, non lo ricordavo così bello il panorama, e con la luce del mattino, e poca gente in giro, è ancora più bello. Il Sella, la Marmolada… emozionante!

Inforco la bici e scendo verso il Salei e poi a Passo Sella. Dal piazzale di partenza della cabinovia per il rifugio Demetz so che dovrei seguire il sentiero 657 per raggiungere baita Michl, ma so anche che devo trovare il modo di passare a destra della baita pena finire su un sentiero fangoso, che è anche il “bagno pubblico” del bestiame. E niente, anche stavolta non becco la deviazione giusta e vado ad impantanarmi, sotto lo sguardo divertito del malgaro. Da qui seguo in discesa il percorso individuato per l’anello Selva – Passo Sella, deviando poi sull’adiacente bike park (percorso famiglia, molto carino). Raggiungo così Plan de Gralba.

Sbuco sulla statale e scendo in paese fino a Selva. In piazza Nives imbocco la strada che porta a La Sëlva, da qui raggiungo Saltria passando da Monte Pana, su percorso ampiamente collaudato: segnavia 308, Ciaslat, strada asfaltata per monte Pana, sterrato segnavia 30 che, dapprima in salita e poi con una lunga discesa, “aggira” il Sassolungo passando per boschi e ampi pascoli. Lungo queste strade mi imbatto per la prima volta nei segni lasciati da Vaia nel Gardenese: dalla valle principale sembra tutto a posto, invece il vento terribile di quella notte si è incanalato nelle valli che scendono dall’Alpe di Siusi e dal Sassolungo, radendo al suolo ampie porzioni di bosco.

A Saltria svolto a sinistra, su strada asfaltata (segnavia 6), per raggiungere Tirler Alm. L’asfalto finisce, si ignorano le deviazioni per incunearsi nel vallone che punta verso la cresta che fa da spartiacque con la Duron. Boschi e pascoli, tratti ripidi alternati ad altri più soft, tutto su ottimo fondo: si fatica ma fin qui nessun problema.

Il discorso cambia quando ad un bivio si svolta a sinistra. Qui si fa sul serio: il versante è ripido e lo si supera con rampe toste, tornanti, su fondo sterrato o con tratti rinforzati da autobloccanti, mentre la vista si apre ulteriormente su Sassopiatto e Odle. Nei pressi di una chiesetta ( se ho ben capito qui un tempo sorgeva l’albergo del Touring) si tira un attimo il fiato, prima di imboccare la rampa sulla sinistra: il passo è lì, ben visibile, manca poco… Peccato che la ruota slitti a pochi metri dal passo.

Eccomi qui, anche se è stata dura. La vista ripaga dalla fatica, soprattutto nell’ultimo tratto prima di Passo Duron, dove invece la vista risulta un po’ chiusa dal pendio erboso. Nel complesso, però, su questo lato la salita è più abbordabile rispetto al lato Val Duron: più continua ma con rampe un po’ meno ripide, soprattutto con un fondo decisamente più regolare.

Da qui inizia una lunga discesa, mentre la vista si apre sulla valle sottostante e verso Molignon e Marmolada. Trascurando la deviazione verso l’Alpe di Tires (ci ho provato una volta ed ho alzato bandiera bianca) si segue la mulattiera sconnessa, con molti sassi di grosse dimensioni. Il fondo diventa poi più regolare, ma a tratti si incontra parecchia ghiaia. La strada si snoda fra pascoli e ruscelli, fino ad una discesa molto ripida, con fondo in cemento (fino a qualche anno fa questo tratto era maledettamente sconnesso). Si scende in picchiata fino a Malga Ducoldaora, dove pascolano mucche e cavalli. E poi ancora giù, cercando di non incasinarsi nei tratti più ghiaiosi, fino alla spettacolare piana della val Duron.

Lasciar correre la bici, qui, è puro godimento, ed è più di una semplice ricompensa per la fatica fatta. È tutto bello in questa valle: il verde dei pascoli che fa contrasto con la scura roccia vulcanica formatasi durante eruzioni sottomarine, i torrenti, le marmotte sentinelle, i pelosissimi highlanders (razza bovina molto resistente alle intemperie). Schivando gli escursionisti, che qui si fanno più numerosi, si arriva in un piccolo angolo di paradiso : qui sorge la baita Lino Brach, un tempo un modesto casottino in legno e ora (i lavori erano cominciati 2 o 3 anni fa) ampliato e migliorato, ma il prato e le caratteristiche sculture in legno sono sempre lì, a sorvegliare la valle lato Marmolada e Denti di Terrarossa, a ricordare il vecchio gestore, morto lo scorso inverno.

Pausa pranzo e poi ancora giù fino al vicino Micheluzzi, da qui in picchiata fino alla baita Fraines (attenzione ai pedoni e alle navette!) per poi svoltare, poco sotto, verso sinistra. La bella forestale in falsopiano porta a Pian, caratteristico borgo ladino, da cui, su strada asfaltata, si torna a Campitello.

Dati percorso

  • Distanza: 35km 130m (Campitello-Campitello)
  • Dislivello positivo: 948m
  • Dislivello negativo: 1853m

Versione estesa in e-mtb

Questa estate lo abbiamo fatto anche noi.

Un po’ per necessità (ho rotto il cambio della bici scendendo dal Rifugio Firenze), un po’ per stare tutti insieme, un po’ per sentirci anche noi un po’ come Paez (Leonardo)… abbiamo noleggiato le E-MTB. E ci siamo tolti una gran bella soddisfazione!

Ma andiamo con ordine.

Ci rechiamo presso un noleggio bici in centro a Selva di Val Gardena. Il negoziante ci chiede dove vogliamo andare. “Passo Duron e rientro dal Sella” “… È tosta, voi siete abituati ad andare in bici, giusto?” Beh, si. Siamo vestiti di tutto punto, il figlio sfoggia la maglia Hero 2021, perché nel pacco gara del padre è erroneamente finita una M (ma quanto cavolo sono strette ste magliette?). Noi adulti, bene o male, andiamo. Vediamo come se la cava il dodicenne, che sul medio facile già mi semina, ma a gestire il cambio è un po’ un disastro.

Descrizione dell’itinerario

Preso possesso dei mezzi, del caricabatterie di emergenza (metti che decidiamo di allungare il giro…) e ricevute le istruzioni base, ci avviamo verso Piazza Nives, dove svoltiamo verso la Selva. Invece di proseguire verso i Ciaslat e Monte Pana, in cima alla salita asfaltata, svoltiamo a sinistra: in pratica, percorriamo al contrario l’ultimo tratto della Hero. Cercando di sfruttare il meno possibile la batteria, saliamo nel bosco, intercettiamo il segnavia 22, che seguiamo in salita, prendiamo una deviazione sulla destra, tagliando la pista Saslonc. Seguiamo per un tratto il segnavia n°23, passiamo il torrente e intercettiamo una forestale inizialmente contrassegnata dal n°528, passando a monte… di Monte Pana, immettendoci poi sulla forestale contrassegnata dal segnavia n°30. La giornata è spettacolare, cielo blu e poche nuvole, pascoli verdi e vette con ancora molta neve per essere metà giugno. Il bosco, pur se ripulito, mostra le ferite di Vaia, chissà quanti anni ci vorranno per rigenerare ciò che è andato perso.

Da Saltria in poi seguiamo esattamente il tragitto che ho seguito un paio di anni fa. Beh, con l’aiutino è decisamente tutta un’altra cosa. C’è persino il tempo per guardarsi intorno, anche sulle rampe più cattive! Cercando di non esagerare con la spinta extra, faccio quasi fatica a star dietro agli altri due, che salgono spediti.

Una volta svalicato, iniziano le raccomandazioni al giovane, che è un po’ spaventato dal fondo non proprio fenomenale delle prime discese. Scendiamo con prudenza, nonostante una piccola caduta Ettore se la cava egregiamente. Scendiamo veloci fino alla rinnovata Baita Lino Brach, dove ci fermiamo per pranzare, anche se non è ancora mezzogiorno. L’attesa è allietata da due giovani che suonano chitarra e flauto, un repertorio variegato che comprende anche “Libertango” di Astor Piazzolla, che io adoro.

Risaliamo in bici, passiamo il Micheluzzi, Baita Fraines… E ci troviamo la strada per Pian chiusa. L’ordinanza parla di lavori stradali che si protrarranno per tutta l’estate. Ecco perché la Hero questa estate è passata più sotto!!! Mentalmente impreco perché so cosa ci aspetta, e quel “cosa” non ho molta voglia di farlo in bici, e di farlo fare al figlio. Ma ci tocca, quindi…

“Ettore, scendi piano. Rallenta. Cavolo vuoi andare più piano che c’è una brutta discesa?!?!”

Arrivati alla “brutta discesa”, ci fermiamo entrambi (mentre Massimo prosegue). “Occazzo”. Ecco, appunto. La rampa che porta al ponticello sul torrente, poco prima di sbucare in paese, è tremenda. Stando ai tracciati Strava di chi ha fatto la Hero lunga siamo fra il 36% e il 40%. Per quello che ricordo, ha sempre avuto un ottimo fondo, ma il ghiaietto può renderla scivolosa, al punto che erano state legate delle corde al parapetto per agevolare i pedoni. La strada è stata migliorata grazie ad una gettata di cemento. La pendenza però è la stessa, e a fine discesa c’è una curva secca a sinistra e poi il passaggio sul ponte (un “drittone ” qui si paga caro). Io ed Ettore la facciamo a piedi, mentre Massimo, che ci ha preso gusto, sale per fare il bis.

Arrivati a Campitello, ci portiamo in sinistra Avisio e risaliamo la valle fino a Canazei, proseguiamo fino a sbucare sulla statale. Svoltiamo a sinistra e scendiamo fino alla rotonda, svoltiamo verso Passo Sella e, al primo tornante, svoltiamo a sinistra.

Ci portiamo lungo il torrente che scende dal Lupo Bianco, alla ricerca della forestale contrassegnata col n°655. Risaliamo così lungo la “pista di rientro”, caratterizzata da ottimo fondo, pendenze non impossibili ( è comunque una pista da sci…) con alcuni strappi più impegnativi. La Val de Antermont è stretta, ma davanti a noi fa capolino il Piz Ciavazes.

La strada passa sull’altro versante della valle, con una ripida rampa raggiungiamo la statale. La percorriamo fino al Lupo Bianco, anche se volendo potremmo tagliare su sterrato, scendiamo sul piazzale sulla sinistra alla ricerca del segnavia 655. La forestale sale con rampe che si fanno più cattive mentre il panorama attorno a noi diventa sempre più maestoso, con le pareti del Gruppo del Sella che sembrano quasi avvolgerci. L’indicatore della batteria scende, nonostante le opportune attenzioni e il livello di spinta non elevato (scoprirò all’arrivo che la mia bici ha una batteria meno performante rispetto alle altre due), quindi salgo con calma, mentre il figlio prende il largo. Mando suo padre all’inseguimento, impresa che si rivela più difficile del previsto. Il ragazzo ne ha, santo cielo, e sta onorando la maglia!

Raggiungiamo così un prato costellato di fiori di armentara, un balcone naturale affacciato sulla val di Fassa, vista Marmolada e Ciampac, il Sella dietro e a sinistra: uno spettacolo! È un gioiellino nascosto… in bella vista: è lì sopra, ma non ci passi per caso, devi scegliere di passare di qui, di salire al Sella in bici o a piedi, ed è una cosa che raramente si fa.

Proseguiamo ancora, puntando verso il Rifugio Valentini. Abbiamo ancora circa 250m di dislivello da superare. L’ultimo tratto è ripido e sconnesso, riusciamo ad arrivare poco sotto al rifugio, poi io ed Ettore dobbiamo mettere giù il piedino. Il Sassolungo si staglia davanti a noi, maestoso. Svalicando lo sguardo si apre verso le vette della Val Gardena.

Scendiamo a passo Sella, stavolta riusciamo ad evitare il sentiero che porta a Baita Michl, portandoci, superando un torrentello e un po’di neve, sulla pista da sci. Scendiamo e ci riportiamo sul percorso n°657, che percorre forestali a servizio delle piste da sci, alcuni tratti sono ben tenuti, altri (soprattutto quelli più ripidi) sono caratterizzati dalla presenza di molti sassi. Non mancano nemmeno i tratti su pista, in picchiata sul prato facendo lo slalom fra residue chiazze di neve. Raggiungiamo Plan de Gralba e la statale, a Plan deviamo sulla ciclabile e raggiungiamo la piazza.

Il tempo di fare merenda e ci rechiamo in negozio per restituire le bici. Piccolo bilancio :

  • Non abbiamo usato i caricabatterie
  • Io ho restituito la bici con una tacca di batteria (l’ultimo tratto di salita del Sella l’ho fatto col terrore di dover spingere l’arnese in salita)
  • I due maschietti, che avevano un mezzo più performante, l’hanno restituito con due tacche.

Il negoziante “ah beh, allora avete pedalato!”. Si, abbiamo pedalato. Un po’ di fatica l’abbiamo fatta, e ci siamo divertiti un sacco.

Dati tracciato

  • Lunghezza: 45km 800m
  • Dislivello positivo: 1754m
  • Dislivello negativo: 1754m
  • Tempo in movimento: 4h20′
  • Tempo comllessivo: 6h35′
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Ai piedi del Sassolungo

Dove si può andare a fare un giro in montagna a portata di bambino ma con un bel panorama, partendo da Selva di Valgardena senza muovere la macchina perché in paese è tutto bloccato causa Hero?

Il percorso seguito è quello evidenziato in verde (da http://www.alpenwelt-kunden.com/www/kunden/tvb_groeden/)

La risposta è abbastanza facile: città dei sassi!!! Ovvero, una passeggiata tranquilla ai piedi del Sassolungo, dalla stazione di monte della cabinovia Ciampinoi fino a passo Sella e ritorno, così vediamo passare i bikers che si cimentano col percorso medio…e se, non ci mette troppo a fare il giro, becchiamo pure il capofamiglia sulla strada del ritorno. E l’escursione sotto il punto di vista tecnico è decisamente facile, bisogna solo sperare che non ci sia vento.

Il 16 mattina ci svegliamo con un sole spaziale. Quando io e il pargolo ci prepariamo per la nostra escursione, papà Massimo è già uscito da un pezzo. Mentre usciamo direzione stazione di valle della cabinovia, lancio uno sguardo all’orologio:  è più o meno l’ora della partenza del nostro Hero, che, dalla griglia numero 14, si appresta ad affrontare la salita per Dantercepies. Noi intanto scendiamo tranquillamente da Pian verso il paese seguendo il torrente, passando cioè dal parcheggio dei camper. Intanto un’occhiata verso il Sella la lancio: pare non ci sia vento, per fortuna.

Dopo aver provato inutilmente a raggiungere la Ciampinoi passando dal prato (ma di lì mi sa che si passa solo d’inverno), ci riportiamo sulla strada ed arriviamo alla cassa. Davanti a noi, alcuni bikers stanno facendo i biglietti. la cabinovia infatti consente di prendere quota con la due ruote, per poi affrontare il percorso di freeride o percorrere i sentieri ai piedi del Sassolungo, con  senza “aiutino” elettronico: già, perché le e-bike a ruote grasse prendono sempre più piede, per le possibilità che offrono. Il mio figliolo intanto, dall’alto delle sue due partecipazioni alla Hero kids, fa il piccolo integralista:

No, a me le bici elettriche fanno schifo. In bicicletta bisogna pedalare

Caro mio, aspetta che mamma ti porti questa estate a fare qualche giro…poi vediamo se la vedi ancora così…

Verso le Odle

Con la cabinovia superiamo i circa 700m di dislivello che portano ai 2250 della stazione di monte. Da qui il panorama si apre verso lo Sciliar e l’Alpe di Siusi, sulla la Val Gardena verso le Odle, Passo Gardena, il Gruppo del Sella e il Sassolungo. Ed è da qui che si parte per immettersi sulla Saslonch (vecchia o nuova, a seconda dei gusti), per provare il brivido della discesa a fionda lungo la pista dei campioni. Ecco, il “si parte” e generico: fate pure, io vi guardo dal bar 😀 . E mica solo loro… pure i ragazzi che si buttano col parapendio li osservo, ma da lontano. Deve essere bellissimo, per carità… ma anche no. Io i piedi li tengo ben attaccati a terra.

Sciliar e Alpe di Siusi

Dopo le foto di rito cominciamo a scendere. Seguiamo il segnavia 21, che ci porta, con qualche “tornante” in mezzo al pascolo, ad una selletta (Sela Tieja). Da qui, svoltando a sinistra si scende a Pian de Gralba, noi invece andiamo dritto lungo il 21A, passando ai piedi del Piz Sella (da non confondersi con il Sella, quello vero, che domina l’omonimo passo e la strada che sale da Selva).

Gli elicotteri Rai stanno sorvolando la zona da tempo, e ora ne vediamo uno abbassarsi: guardiamo sullo sterrato sottostante e vediamo due persone in mtb che scendono a precipizio, quella davanti ha una divisa rossa. L’elicottero li segue per un pezzo, riproducendo, lungo un invisibile sentiero sospeso, le curve seguite dai due ciclisti, ovvero Christina Kollmann-Forstner, vincitrice della Hero 60km femminile, e l’operatore video.

Rifugio Comici, al cospetto del Sassolungo

Bottger, con numero 14.

Mentre proseguiamo, altre mtb si apprestano ad affrontare la discesa, e quando arriviamo ad incrociare il 526 dobbiamo prestare attenzione. Saliamo i pochi metri che ci portano al rifugio Comici, punto di osservazione straordinario per veder transitare le campionesse e i maschietti che hanno deciso di cimentarsi su questo percorso, che è già ben bastardo di suo.

Wittlin, col numero 98.

In particolare, proprio davanti al rifugio c’è uno strappo che fa rallentare i bikers, creando così le condizioni ideali per fare foto e qualche filmato (e per fare il tifo, ovviamente). E il luogo ideale per l’appostamento diventa l’incrocio del sentiero, dove il tracciato di gara devia per scendere verso Selva.

Ci fermiamo un po’ qui, poi ci rimettiamo in marcia lungo il sentiero 526, con l’orecchio ben teso e l’occhio all’erta, per poterci scansare per tempo all’arrivo di qualche atleta. E, da pseudo ciclista che non può certo definirsi “atleta”, devo dire che fa impressione la reattività con cui affrontano questi strappi, pur con 3200m di dislivello nelle gambe. E capisco ancor di più le parole della padrona di casa, che ci ha raccontato di esser salita a Dantercepies, qualche anno prima, e di essere rimasta impressionata proprio dalla velocità

Noi così non andiamo nemmeno in discesa

Superato il punto critico, dove il sentiero compie frequenti curve e la presenza degli alberi copre la visuale, possiamo camminare più tranquilli, perché lo sguardo corre libero verso lo sterrato che corre a monte della città dei Sassi, e se arriva qualcuno ce ne accorgiamo per tempo.

Camminiamo così sotto un sole caldo, con un clima ottimale per fare una passeggiata, passando ai piedi di un gruppo montuoso (il Sassolungo-Sassopiatto) che per me è il simbolo delle dolomiti al pari del Vajolet: perché è caratteristico, è visibile da molte valli laterali di Fassa e Gardena e, ad ognuna di esse, offre un aspetto diverso del suo “carattere”. Ed è il protagonista indiscusso di una delle immagini icona della Val di Fassa, ovvero la foto del laghetto della casa cantoniera (che, per la cronaca, campeggia nel puzzle appeso nel soggiorno di casa di mia madre).

Gruppo del Sella

Genziana

E così, con il Sassolungo sulla destra e la vista dell’imponente Gruppo del Sella sulla sinistra, arriviamo ad un bivio. Noi prendiamo il sentiero più basso, così non siamo di impiccio ai bikers e ci godiamo il proseguimento della passeggiata. Mentre il figlio comincia a borbottare perché ha fame, saliamo leggermente su un agevole sentiero che attraversa il pascolo fino a raggiungere una recinzione. La passiamo, e proseguiamo lungo un sentiero che si fa via via più stretto.

Arriviamo all’inizio della Città dei Sassi, ovvero un’area caratterizzata dalla presenza di massi erratici… che hanno errato ben poco, essendo caduti dalle sovrastanti pareti del Sassolungo. Sono di dimensioni molto varie, alcuni sono sufficientemente alti da poter essere usati come palestra di roccia, e proteggono il suolo a sufficienza da consentire la crescita ad alcune conifere.

A questo punto cedo, ed “esco” il panino che mi ero portata da casa. Il pargolo infatti si è fatto un po’ troppo lagnoso, e ormai la promessa di un piatto di pasta al rifugio non è sufficiente a tenerlo buono. Facciamo quindi un pre-pranzo vista Sella, e tutte le volte che lo guardo penso a quanto siamo piccoli noi rispetto alla natura, alla sua forza, perché ce ne vuole, di forza, per sollevare di 3000m un atollo corallino di milioni di anni fa…

Gruppo Sassolungo-Sassopiatto dalla Città dei Sassi

Le vette del parco Puez-Odle dalla Città dei Sassi

Proseguiamo facendo lo slalom fra i macigni e sbuchiamo in prossimità del Rifugio Passo Sella. Questo, più che un rifugio di montagna, sembra un locale trendy per la borghesia milanese, quindi impongo all’erede di andare a mangiare al baretto sull’altro lato della statale. Qui però scopro che il menù offre panini, salamelle e cose decisamente strong per i nostri stomaci, e non c’è la pasta, quindi ritorniamo sui nostri passi e ci sediamo al rifugio. Devo dire che la mia scelta si è rilevata ottima, ho preso una crema di patate e rafano con la menta, mentre per la pasta al ragù del figlio non c’è nemmeno da chiedere, vista la velocità con cui è sparita dal piatto.

La Marmolada fa capolino dietro la cresta erbosa

Le Torri del Sella e il Sass Pordoi

Ci riavviamo sulla strada del ritorno, mentre mandiamo un messaggio al “nostro” alle prese con le salite (e le discese) del Sellaronda. Chissà dove caspita è? Sarà riuscito a passare in tempo dai vari cancelli? Se non si è ancora fatto vivo, il Campolongo lo ha passato, magari è ad Arabba….

Rododendri

Ci riportiamo lungo il tracciato di gara, e ora chi passa lo fa in modo decisamente meno…ehm… “baldanzoso”. Gente di tutte le età, di tutti i sessi, di tutte le “forme”. Ci fermiamo a fare un po’ di tifo, e arriva un signore che tira sui 60.

Bravo! Forza che fra poco è tutta discesa!

Eh, quando non ce n’è più, non ce n’è più….

Guardi, noi stiamo aspettando il mio compagno, che arriverà fra un’ora, non meno…

Ecco, il tempo stimato da me si è poi rivelato un po’ troppo ottimistico, ma qui ci arriviamo dopo…

Gente strana…

Torniamo così al Comici, e ci prepariamo ad aspettare, dandoci come tempo limite le 16.30 (la cabinovia chiude alle 17.30), nel frattempo ci dissetiamo, ci lustriamo gli occhi guardando le vette circostanti, vediamo gruppi in supporto di amici e parenti scrutare l’orizzonte alla ricerca di una mtb arancione, di una divisa rossa… e guardiamo incuriositi i personaggi pittoreschi che si aggirano in prossimità del bar. Il tutto con un clima gradevolissimo, trovare qui 22° alle quattro del pomeriggio, a metà giugno, non è che capita proprio tutti i giorni.

Aspetta che ti aspetta, mentre le facce che transitano davanti al Comici sono sempre più stravolte e si rischia qualche tamponamento fra chi si sforza di farla in sella e chi proprio non ce la fa, e in salita scende e spinge la bici, cominciamo a raccattare zaini e cappellino. Si, insomma, non proprio: il cappellino della Hero di Ettore non si trova.

Ma dove lo hai lasciato?

Boh?

‘nnamo bene!!! Torna indietro e fai il giro al contrario!

Fortunatamente una signora ci sente brontolare e viene in nostro soccorso, e il cappello lo recuperiamo. Manca solo il capofamiglia. E arriva un sms

Sella!!!

Ok, è ancora vivo, ma noi dobbiamo scendere, altrimenti ci tocca la pista da sci a piedi. Ci rimettiamo in marcia, e, sulla salita verso la stazione di monte, incrociamo un ragazzo in mtb, munito di protezioni alle ginocchia. Ecco, questo biker mettiamolo da parte (questa citazione la possono capire solo i fans i Carlo Lucarelli) e andiamo avanti. Saliamo in cabina e, mentre chiacchieriamo, osserviamo gli ultimi a lanciarsi col parapendio e sbirciamo sul sottostante percorso di freeride, arriviamo in paese. Ci dirigiamo verso la piazza, e incontriamo, tra gli altri ciclisti, un ragazzo in mtb munito di protezioni alle ginocchia.

…Ettore, guarda che quel ragazzo lo abbiamo incrociato sul sentiero!!! E’ arrivato prima di noi!

E, mentre ci avviciniamo all’arrivo, comincia ad arrivarci la voce dello speaker che pronuncia il nome degli eroi che tagliano il traguardo. E, per un attimo, mi sembra di sentire il nome del “nostro”. Poco dopo mi trovo una chiamata persa. Ci troviamo al lavaggio bici. Seduto per terra ci aspetta un rottame d’uomo, ma pur sempre #hero!!!

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