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Come quando fuori piove. Stava1985.

Approfittando di una giornata di pioggia, abbiamo fatto una visita al memoriale delle vittime del disastro della val di Stava. A posteriori dico che val la pena venire qui con un tempo un po’ più clemente, perché questi luoghi meritano un pellegrinaggio laico.

Per non dimenticare.

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Il memoriale di Stava

19 luglio ore 12.22’50”.

Un’ondata di fango si stacca dai pendii del monte Prestavèl , si incunea nell’alveo del torrente Stava alla velocità di circa 90km/h, travolgendo l’abitato di Stava, lambendo Tesero fino a raggiungere la confluenza con l’Avisio.

In pochi minuti muoiono 268 persone, vengono distrutti 3 alberghi, 53 case d’abitazione e 6 capannoni, 8 ponti vengono demoliti e 9 edifici gravemente danneggiati. In pochi minuti un’area di 435.000 metri quadri circa per una lunghezza di 4,2 chilometri si ritrova completamente snaturata, distrutta,  uno strato di fango tra 20 e 40 centimetri ricoprire prati, strade, macerie, ma in questa bella giornata d’estate il bilancio sarebbe potuto essere ben peggiore se non fosse successo tutto all’ora di pranzo, con molte persone fuori casa per lavoro o perché impegnati in una escursione. 

Questa tragedia, che ai tempi mi aveva colpito moltissimo (in un certo senso, ogni generazione ha il suo “Vajont”, grande o piccolo che sia), di naturale aveva ben poco in quanto era stata causata dall’incoscienza e dall’avidità, dalla superficialità di chi nel corso degli anni ha gestito le miniere di fluorite di Stava, di chi ha realizzato i bacini di decantazione in un luogo non adatto, di chi li ha realizzati 4 volte più alti di quanto autorizzato, di chi ha costruito il secondo bacino senza fondazione per la diga in terra, ma anche di chi ha concesso e non controllato. E non si tratta certo di “dicerie”, parlano le carte processuali: cosa strana per l’Italia, in 7 anni si è arrivati a sentenza definitiva, con 10 condannati fra dirigenti e tecnici dell’azienda, personale della Provincia. Peccato che, fra condoni e sconti vari, nessuno abbia mai realmente scontato la pena detentiva (e questo si, che è tipicamente italiano…).

In tante estati passate in zona non ero mai andata a Stava, abbiamo deciso di andarci in un piovoso pomeriggio di agosto. La struttura del memoriale ospita pannelli illustrativi che spiegano il tipo di lavorazione che si teneva in questa valle, la storia della miniera e della costruzione dei bacini, del disastro e del processo. C’è anche una piccola sala dove viene proiettato un filmato girato con i ragazzi del luogo come attori, per ripercorrere il dramma che si è svolto qui con le storie delle famiglie che ne sono state coinvolte.  

Per me è importante che non si perda la memoria di questi disastri, noi tecnici ogni tanto dovremmo fare un bagno di umiltà e fare pellegrinaggi laici in posti simili per ricordarci che non  possiamo pensare di essere più furbi o più forti delle leggi della natura, che non possiamo pensare di sfangarla contando sulla fortuna. Non possiamo 

Per saperne di più: Fondazione Stava1985.

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La Bianchi del Campionissimo

Un selfie con la bicicletta di Coppi per entrare nella storia dello sport

Alessandria, da domani al museo esposta la Bianchi del campione

La «Bianchi» sulla quale Coppi vinse Giro e Tour del 1949 (da sinistra Roberto Livraghi, il collezionista Gianfranco Trevisan con la compagna Dorina)

di Valentina Frezzato – lastampa.it, 16/01/2018

Quel telaio carta da zucchero, il manubrio che la trasforma in un ariete e la borraccia argentata, ben salda davanti. Linee che hanno fatto l’epopea del ciclismo. Qualcuno, fortunato, ha assistito a quelle imprese epiche: su questa bici Fausto Coppi vinse tutto. Era il 1949 e l’inseparabile Bianchi lo portò sulla vetta (vera e del podio) del Giro d’Italia e del Tour de France. Pedivelle e raggi leggendari che, da domani, verranno esposti in un museo, ma solo per tre mesi.

Il collezionista Gianfranco Trevisan l’ha prestata («scortata» da Padova, da dove è venuto con la compagna Dorina qualche giorno fa) al Museo «Acdb-Alessandria Città delle biciclette», nato da pochi mesi e già «in volata», perché iniziative e ospiti saranno davvero tante in questo primo anno di vita. La bicicletta sarà al «suo» posto dalla settimana prossima, nella sala dedicata a Fausto Coppi, dove fino a due settimane fa è stata ospite anche l’ultima bicicletta del Campionissimo, utilizzata al Trofeo Baracchi del 4 novembre 1959.

La storia

La Bianchi di dieci anni prima è stata completamente restaurata, ma per chi sa notare i dettagli, ecco quella «sbeccatura» che indica una caduta, probabilmente la famosa della quinta tappa, Rouen-Saint Malo, che non fermò il Campionissimo. Anzi, probabilmente gli donò grinta.

Il Museo «Alessandria Città delle biciclette» (a Palazzo Monferrato in via San Lorenzo) partecipa alla «Giornata dei selfie nei musei» con un’apertura straordinaria, domani: «Il selfie può assumere un significato diverso se incontra l’arte, perché la forma di autoscatto contemporanea può diventare mezzo di divulgazione del patrimonio artistico e culturale» è l’obiettivo del «Museum Selfie Day». Da «Acdb» si potrà immortalare anche la Bianchi, la bici della fuga epica nella tappa Cuneo-Pinerolo che con Coppi «uomo solo al comando», che staccò il secondo di ben dodici minuti. «Quella fuga – ricorda Roberto Livraghi, segretario della Camera di commercio di Alessandria, l’ente che a cui si deve l’allestimento del museo – è componente fondamentale di un mito che non dà segni di usura e che, anzi, avvicinandosi l’anno del centenario della nascita, cioè il 2019, sembra diventare di giorno in giorno più affascinante».

Il record

Sempre domani, arriverà la Legnano usata da Coppi nel 1942, quando stabilì il record dell’ora al Vigorelli; un prestito a sorpresa del Museo del ciclismo Madonna del Ghisallo di Magreglio. Un altro paragrafo importante in questo racconto su due ruote. Dalle 18 ci saranno anche Paolo Tullini e Paolo Amadori, autori di «Le bici di Coppi», uscito con una seconda edizione nel 2017, dopo il ritrovamento di due bici del Campionissimo, tra cui quella che Faustino Coppi ha lasciato in prestito ad «AcdB» fino a qualche giorno fa, ora esposta al Museo dei Campionissimi di Novi Ligure. Fra i primi a visitare il museo di Alessandria, il giorno dell’inaugurazione, c’era Davide Cassani, ct della nazionale di ciclismo, che così ha sentenziato: «Qui si entra nella storia dello sport e del ciclismo». E, da oggi, nel mito di Coppi.

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Velorama, il museo olandese della bicicletta

di Ludovica Casellati – viagginbici.com, 18/12/2013

LOlanda è il Paese della bicicletta per antonomasia!

Pensate ci sono più bici (18 milioni) che abitanti (16 milioni), 32000 sono i chilometri di piste ciclabili e 15 miliardi sono i chilometri che gli olandesi fanno tutti assieme ogni anno per andare al lavoro, a scuola, a fare la spesa per incontrare amici o semplicemente fare escursioni. La bicicletta fa parte del loro DNA  tanto che iniziano a pedalare fin da piccolissimi quando ancora non sono in grado di camminare.

Tra le attrazioni da segnalare il Velorama National Bicycle Museum, il Museo Nazionale della bicicletta a Nimega. Il Museo offre una panoramica delle biciclette prodotte dal 1817 in avanti. La collezione esposta è di Gertjan Moed, il fondatore del museo, e presenta 250 cicli di epoche diverse insieme a diversi accessori e immagini che attirano ogni anno migliaia di appassionati delle 2 ruote da tutto il mondo.

Nella sua collezione non mancano alcuni esemplari di biciclette appartenute alla Casa Reale, tra cui la bicicletta pieghevole Fongers utilizzata dalla Regina Wilhelmina negli anni Quaranta e Cinquanta e il tandem di fidanzamento appartenuto al Principe Bernhard e alla Principessa Juliana.

Nel 1998 la collezione ha subìto un ampliamento sostanziale, con l’annessione di numerosi veicoli a due, tre o quattro ruote, a partire dalla storica draisina (in inglese: hobbyhorse), nata nel 1817. Il museo possiede inoltre un’ampia collezione di libri sulla bicicletta, letteratura specializzata e fotografie. Il museo dispone inoltre di un archivio del famoso produttore olandese di biciclette Gazelle e di altri produttori olandesi. Esso è una fonte molto valida per reperire informazioni sull’origine di certi modelli o per scoprire di più sulla storia dell’industria ciclistica.

Per tutte le informazioni www.holland.com

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Come quando fuori piove. Il museo geologico.

Le giornate di pioggia in montagna, soprattutto quando si va in giro con gnomi al seguito, sono sempre un bel problema. Se poi il vostro gnomo ha una vitalità difficilmente gestibile in un appartamento o, peggio ancora, in una stanza di albergo… Ecco che urge un “piano B”.

Se siete in val di Fiemme o di Fassa un buon “piano B” è costituito dal Museo Geologico di Predazzo, Fondato nel 1899 per iniziativa della Società Magistrale di Fiemme e Fassa allo scopo di valorizzare il patrimonio geologico e naturalistico locale e di promuoverne la conoscenza, è ora una sezione del Muse di Trento. È stato recentemente sistemato: lo scorso anno siamo andati a fare una escursione guidata al Buffaure, e ci ha accompagnato Thomas, che ha curato l’allestimento del museo.

Qui potete trovare una ricostruzione della complessa storia geologica della zona (i sedimenti marini, le barriere coralline che hanno originato la dolomia, i vulcani), una storia che ha trasformato queste valli in una specie di paradiso un terra per geologi già nel XIX secolo. Sì, perché esistono rocce che portano nomi di questi luoghi perché qui sono state scoperte (ad esempio la monzonite, una roccia magmatica, o la predazzite, un tipo di calcare usato anche per decorare la chiesa attigua al museo), ma in tutta la zona si trovano molte tipologie di minerali e rocce. Del resto, soprattutto in val di Fiemme, ma anche nel vicino Vanoi, l’attività estrattiva ha sempre avuto un certo rilievo, a volte con risvolti drammatici: se vi ricordate  il disastro di Stava è stato originato dallo smottamento della parete di una vasca di contenimento fanghi per una miniera di fluorite.

Qui sono visibili anche diversi campioni di fossili rinvenuti nelle rocce sedimentarie della zona, oltre a monitor interattivi e video, dedicati a luoghi e persone: fra questi, la storia di Christomannos, l’imprenditore che ha “inventato” la Statale delle Dolomiti e fondato numerosi alberghi in zona, e di Maria Mathilda Ogilvie Gordon, scozzese, ai tempi non ammessa all’Università di Berlino in quanto donna ma che con i suoi studi ha dato un contributo notevole allo studio della geologia delle dolomiti.

Un’installazione un po’ curiosa è costituita dalla ricostruzione in legno di un camino vulcanico munito di panca (sembra un po’ una sauna, anche per il profumo dell’essenza utilizzata) all’interno del quale vengono proiettate alcune immagini di colate laviche.

Nella saletta video vengono proiettati filmati dedicati alle dolomiti e alle persone che hanno legato la loro vita a questi luoghi: alpinisti quali Tita Piaz, Emilio Comici, Cesare Maestri, Nives Meroi, Mauro Corona, ma anche i volontari del soccorso alpino della val di Fassa.

Una curiosità: quando nei secoli scorsi gli scienziati venivano qui a studiare la geologia delle dolomiti alloggiavano presso l’alberto Nave d’Oro di Predazzo. Il libro degli ospiti era diventato un sunto delle ricerche dell’epoca, perché ogni geologo vi scriveva impressioni e appunti, o vi riportava i propri schizzi. Ora l’albergo non esiste più, ma l’ultimo proprietario ha donato alla collettività questi quaderni, che ora sono esposti presso questo museo.

Per quanto riguarda aperture (possono variare in funzione del periodo) e prezzi: trovate tutto sul sito del Muse, ma sappiate che il prezzo del biglietto è decisamente contenuto, anzi, è previsto anche un biglietto famiglia. Sono inoltre previsti laboratori per bambini.

La visita al museo può essere completata con il vicino “Sentiero geologico del Dos Capèl”.

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